In tutti i pazienti che soffrono di tale malattia quest’ultima zona del cranio non è particolarmente sviluppata. Ecco spiegato il motivo per cui il cervelletto tende a fuoriuscire dalla sua zona normale mediante il foro occipitale che si trova esattamente alla base della struttura cranica.
Quali sono le possibili cause
In relazione al livello di gravità di tale protrusione e al momento esatto in cui insorge, ci sono ben quattro tipologie di malformazione di Chiari. Il tipo I e il tipo II sono quelli meno gravi, mentre il tipo III e il tipo IV portano alla morte. La malformazione di Chiari di tipo I insorge senza alcun sintomo particolare. Per quanto riguarda il momento, può svilupparsi fino alla fine dell’infanzia o anche durante l’adolescenza. Il motivo è senz’altro un diminuito spazio del cranio, con una porzione del cervelletto che finisce nel foro occipitale, spingendo verso il canale spinale. Sono tanti i pazienti che soffrono di tale malformazione che possono svolgere una vita completamente normale e senza problemi, visto che non devono fare i conti con sintomi o disturbi. Nei casi di malformazione di tipo II, invece, si tratta di una patologia presente fin dalla nascita e che viene riconosciuta con dei sintomi caratteristici. In questo caso la protrusione è maggiore ed è correlata con una specifica forma di spina bifida detta mielomeningocele. Per quanto riguarda la malformazione di Chiari di tipo III, i disturbi neurologici sono notevoli e spesso si tratta addirittura di encefalocele occipitale. Piuttosto di frequente, si tratta di una condizione che rende incompatibile la sopravvivenza del neonato. Nella malformazione di tipo IV tutto deriva da un’agenesia cerebellare, ovvero una zona del cervelletto non è cresciuta. Anche in questo caso non c’è la possibilità di sopravvivere e si tratta di un disturbo presente fin dalla nascita.
Questa patologia è ereditaria?
Secondo un gran numero di ricerche pare che questo tipo di malformazione possa derivare da un motivo ereditario. Infatti, in diverse occasioni è stato sottolineato il ruolo importante della ricorrenza della patologia all’interno dei componenti di una famiglia. Ad ogni modo, sono ancora tutte da scoprire le motivazioni dal punto di vista genetico che portano all’insorgenza di tale disturbo, così come quale sia la tipologia di trasmissione.
Quali sono i principali sintomi
Le quattro tipologie di questa malformazione insorgono chiaramente con sintomi del tutto differenti tra loro. Prima di tutto, però, bisogna evidenziare come il tipo IV non abbia dei sintomi particolari, dal momento che comporta inesorabilmente la morte del feto. Con la malformazione di tipo I, i sintomi principali corrispondono ad un notevole mal di testa, che si verifica soprattutto dopo dei colpi di tosse, problematiche facciali e al collo, problematiche di equilibrio, costanti giramenti di testa, raucedine, vomito, un torpore che colpisce mani e piedi, assenza di coordinazione dal punto di vista motorio e sindrome delle gambe senza riposo. Nella malformazione di chiari di tipo II, invece, i sintomi che insorgono sono praticamente uguali rispetto al tipo I, ma quello che varia è l’intensità e la frequenza. Quando vi è anche mielomeningocele, allora il paziente soffre anche di convulsioni, alterazioni dell’intestino e della vescica, debolezza dei muscoli e paralisi, difficoltà a camminare e scoliosi molto grave. Nella malformazione di Chiari di tipo III, i disturbi dal punto di vista neurologico sono particolarmente gravi, con siringomielia (ovvero diverse cisti sono presenti nel midollo spinale) e idrocefalo.
Quali sono le possibili complicazioni
Le complicazioni di questa particolare malformazione sono chiaramente correlate ad una situazione in cui la protrusione cerebellare comincia a farsi più grave, così come al peggioramento delle altre condizioni, come l’idrocefalo, la siringomelia, la mielomeningocele e così via. Sostanzialmente, quando il cranio aumenta la sua pressione nei confronti del cervelletto il rischio è quello di un notevole aggravarsi dei sintomi dolorosi.
Come si arriva ad una diagnosi
Ci sono diversi esami diagnostici che consentono di individuare il livello della protrusione. Si tratta essenzialmente della risonanza magnetica nucleare, che permette di capire la situazione nel cervelletto e nel canale spinale. Un altro esame spesso usato è la TAC, che permette di visualizzare in modo nitido gli organi interni, compreso anche il midollo spinale. Chiaramente entrambi questi esami devono essere preceduti da un test obiettivo molto dettagliato e completo da parte del medico. La malformazione di tipo I si può diagnosticare tramite TAC o RMN anche fino alla tarda adolescenza, mentre il tipo II si individua al massimo nella prima infanzia; il tipo III, invece, si individua in età prenatale, tramite un’ecografia e lo stesso vale per il tipo IV.
Quali sono le principali terapie
Dobbiamo subito mettere in evidenza come si tratti di una malformazione che non si può curare. Ci sono dei trattamenti, in particolar modo farmacologici, che permettono di ridurre l’intensità dei sintomi quantomeno. I trattamenti farmacologici, soprattutto nei casi di tipo I con mal di testa e dolori facciali, coinvolgono farmaci antidolorifici. Ci sono anche trattamenti chirurgici, per fare in modo di diminuire la protrusione: si tratta della decompressione del midollo spinale mediante laminectomia o la decompressione della fossa posteriore, in cui viene asportata una porzione posteriore dell’osso occipitale.