Si tratta di malattie che vengono causate dalla carenza oppure da un deficit di tipo funzionale di uno dei diversi enzimi che hanno un ruolo importante nel metabolismo del glicogeno.
Quest’ultimo è un polisaccaride che ha un ruolo da vero e proprio deposito, così come da riserva per il glucosio, che il corpo umano sfrutta nel caso in cui vi sia una necessità di energia. Quando il glicogeno va ad accumularsi all’interno dei tessuti può comportare anche delle importanti modifiche organiche.
Tutti coloro che soffrono di tali malattie, quindi, non hanno la possibilità di sfruttare le proprie riserve di glucosio e, di conseguenza, hanno l’obbligo di consumare sia nella giornata che durante le ore notturne per fare in modo di allontanare il rischio di ipoglicemia, con complicazioni come coma e convulsioni.
Quali sono le cause
Questi difetti a livello enzimatico vengono provocati da degli errori che colpiscono il genoma: di conseguenza, vengono trasmessi tramite canale ereditario in via autosomica recessiva, a parte quanto succede con il tipo IX che viene ereditato con modalità legate alla X.
Le principali caratteristiche del glicogeno di tipo I
La glicogenosi di tipo I si può considerare come un problema del metabolismo che viene causato dall’eccessivo deposito di glicogeno e di grassi all’interno di alcuni tessuti e, nello specifico, sia nei reni che nel fegato.
Nella maggior parte dei casi, tale patologia insorge nei primi tre o quattro mesi di età, portando ad un aumento delle dimensioni della milza, acidosi lattica, ma anche iperuricemia, crisi convulsive e iperlipidemia. Possono insorgere anche degli episodi di sanguinamento e di diarrea.
La forma di glicogenosi di tipo I b, invece, si denota per via dell’insorgere di infezioni ricorrenti. Quando non viene curata in modo adeguato, questa patologia può comportare numerosi problemi nello sviluppo del bambino, come dei ritardi a livello della crescita puberale, ma anche problematiche renali, sviluppo di adenomi epatici e tumori che vanno a colpire il fegato.
Trasmissione e diagnosi della glicogenosi di tipo I
I geni che sono oggetto di tale alterazioni sono essenzialmente due, ovvero G6PC e SLC37A4. In tutti e due i casi, la trasmissione avviene in modo autosomico recessivo.
Infatti, nel caso in cui i genitori del bambino siano tutti e due portatori sani di un’alterazione di uno dei due geni, per ciascuna gravidanza c’è un pericolo di circa il 25% di avere dei figli che soffrono di tale malattia, mentre il rischio di avere portatori sani è pari al 50% e, infine, c’è un pericolo pari al 25% di generare dei figli sani non portatori.
Per quanto riguarda la diagnosi, invece, spesso ci si concentra su esami che permettano di misurare il quantitativo di alcune sostanze presenti nell’organismo del paziente, come ad esempio lattato, acido urico, grassi e glucosio.
Un’altra analisi decisamente importante è quella molecolare, andando ad individuare delle alterazioni che hanno colpito i geni G6PC oppure SLC37A4. La diagnosi prenatale si può eseguire soprattutto quando si conoscono le alterazioni che caratterizzano uno o entrambi i genitori.
Quali sono le cure attualmente disponibili
Per il momento non è stato ancora individuato un trattamento risolutivo. Spesso si opta per una terapia preventiva, soprattutto nei confronti delle complicazioni connesse, propendendo per una dieta adatta, in maniera tale da poter curare in maniera decisamente più efficace ciascun sintomo che può insorgere nel neonato. Nel caso in cui si verifichi anche insufficienza renale grave l’unica soluzione come trattamento non può che essere il trapianto di rene.
Il trapianto di fegato viene piuttosto di frequente suggerito per tutti quei pazienti su cui le cure mediche non stiano producendo alcun effetto oppure quando soffrono di carcinoma epatico.
Glicogenosi di tipo II
La glicogenosi di tipo II, chiamata anche malattia di Pompe, si può considerare una malattia neuromuscolare che insorge davvero molto raramente, di carattere cronico. Questa patologia fa parte del gruppo delle patologie rare da accumulo lisosomiale e deriva dal difetto di un enzima, che continua ad accumularsi e va a provocare diversi danni al cuore, così come ai muscoli delle braccia e all’apparato respiratorio. Il deficit che causa questa patologia è quello relativo all’enzima lisosomiale alfa-glucosidasi acida (GAA).
La patologia di Pompe può insorgere in due modalità tipiche: si tratta della forma classica infantile, che si sviluppa immediatamente in seguito alla nascita, caratterizzata in modo particolare da un’ipotonia molto grave e progressiva, e la forma a esordio tardivo adulto, che può svilupparsi a qualsiasi età in seguito al primo anno di vita, andando a colpire in modo particolare i muscoli, ma non il cuore. Per quanto concerne le terapie, al momento esiste un solo trattamento che ha ricevuto l’autorizzazione al commercio, ovvero quella enzimatica sostitutiva a base di Myozyme.
La produzione dell’enzima di sostituzione avviene grazie alla biotecnologia e l’assunzione si verifica tramite endovena. Questo tipo di trattamento a base di GAA umano ricombinante è in grado di prolungare notevolmente la vita di quei pazienti che soffrono della forma classica di glicogenosi di tipo II, visto che va ad abbassare il rischio di cardiomiopatia.
Fonti e bibliografie
- https://www.orpha.net/
- Panoramica sulle malattie da accumulo lisosomiale. Lee M. Sanders, MD, MPH, Associate Professor of Pediatrics, Stanford University .
- https://www.msdmanuals.com/