Le classi di questa famiglia sono penicilline, cefalosporine, carbapenemi, monobattami, tutte sostanze molto diffuse. Come agiscono questi farmaci.
I beta lattamici sono delle sostanze che appartengono alla famiglia degli antibiotici. Comprendono diverse molecole che hanno in comune il fatto di avere un nucleo centrale come base della loro struttura chimica. Questa è l’anello beta-lattamico o beta-lattame, un’ammide di 4 atomi. Tale struttura la si può trovare come unico costituente o associato ad un anello fatto da 5 atomi o a 6. Questo anello oltre ad essere il nucleo centrale di tale categoria di antibiotici è quello che da proprietà antibatteriche.
Nella famiglia degli antibiotici beta lattamici vi sono quattro classi di antibiotici molto diffusi:
- le penicilline
- le cefalosporine
- i carbapenemi
- i monobattami
Come funzionano
I beta lattamici agiscono andando ad interferire con la sintesi dei batteri, ovvero intervengono nel sito attivo del battere. Con l’azione della trans peptidasi, catalizza la formazione di legami peptidici. Deprimendo quindi la produzione di peptidoglicano (anche detto mureina). Questa sostanza è un polimero che è costituito da catene di carboidrati azotati, connesse fra loro da legami trasversali che intercorrono tra residui amminoacidici. Questi legami sono costituiti da enzimi particolari, che appartengono alla famiglia delle peptidasi. Questa categoria di antibiotici si legano a questi andando a bloccare la formazione dei legami trasversali, in tal modo nel peptidoglicano si formano aree deboli che portano alla morte dei batteri. In particolare i batteri Gram positivi, ma in minima parte anche i Gram negativi.
Resistenza a questi antibiotici
Certe specie batteriche resistono a questi antibiotici perché sintetizzano enzimi particolari capaci di idrolizzare l’anello dei beta lattamici. In questo caso si somministrano in associazione degli antibiotici che inibiscano l’attività di questi enzimi.
Tipologie di beta lattamici
Penicilline: Le penicilline sono antibiotici naturali che derivano da un fungo, precisamente la penicillina G e la V, isolate per la prima volta in una muffa chiamata Penicillium notatum, da A. Fleming nel 1928. La ricerca su questa categoria di antibatterici iniziò però 10 anni dopo da parte di chimici inglesi. Numerose molecole sono utilizzate ancora in medicina. Le penicilline sono farmaci con azione battericida, cioè uccidono i batteri. Alcuni esempi di principi attivi di questo tipo sono l’ampicillina, l’amoxicillina, l’oxacillina, la meticillina.
Cefalosporine: Questi antibiotici sono di origine naturale e furono scoperti dall’italiano Giuseppe Brotzu di Cagliari. Negli anni si sono sviluppate numerose cefalosporine, ottenendo farmaci utilizzatissimi ad ampio spettro d’azione. Anche queste molecole hanno azione battericida. Tipologie di cefalosporine sono principi attivi come la cefalexina, la cefazolina, la cefuroxima, il cefalo, la ceftazidima, il ceftriaxone, la cefixima, la cefpodoxima.
Carbapenemi: la prima sostanza di questa classe è la tienamicina. Questa sostanza ha un’intensa attività anti batterica e un ampio spettro d’azione. Essa è capace di inibire determinati tipi di betalattamasi, in particolare enzimi prodotti da alcune categorie batteriche che rischierebbero di inibire l’antibiotico. Dal momento che però la tienamicina risultò essere instabile e difficilmente isolabile, venne modificata per ottenere un derivato semisintetico maggiormente stabile: l’imipenem, con poi il meropenem e l’ertapenem. Queste sostanze hanno una capacità batteriostatica, ovvero non uccidono le cellule dei batteri ma ne bloccano la crescita.
Monobattami: Questa sostanza è il principio attivo dell’aztreonam. Questo è un tipo di farmaco che non ha origini naturali, ma è totalmente sintetico. Il suo spettro d’azione interessa solo i batteri Gram-negativi ed ha la capacità di inattivare certi tipi di beta-lattamasi.
Complicazioni e soluzioni
L’ambiente acido, con il carbonio carbonilico del lattame, determina una reazione dell’ossigeno della catena provocando lo spezzamento della catena e quindi la perdita della funzione. La soluzione a questo problema sono gruppi elettron-attrattori. Questi infatti possono ridurre la capacità dell’ossigeno di reagire al gruppo ammidico.
I batteri dal canto loro reagiscono cercando di difendersi da questi antibiotici producendo le betalattamasi, ovvero degli enzimi che catalizzano il processo di idrolisi dell’anello lattamico. Le soluzioni in caso possono essere due. Nel primo caso si può inserire un gruppo che impedisca l’azione delle betalattamasi, ma che ovviamente riduce anche l’azione dell’antibiotico. Nel secondo si associa all’antibiotico l’acido clavulanico. Questo non ha capacità terapeutica, ma è più reattivo e più affine alle betalattamasi di quello. Questo acido funziona suicida, nel senso che si lega alle betalattamasi sostituendosi all’antibiotico. In questo caso però il legame che si crea è molto stabile, quindi l’enzima non può degradare altre molecole.
Altri metodi di difesa sono la sovrapproduzione delle transpeptidasi, anche mutate per cercare di resistere agli antibiotici. Questo gene di produzione viene poi trasferito da un battere all’altro con la plasmide, in tal modo la capacità di resistenza si diffonde localmente. Le resistenze genetiche fatte dai batteri non solo effettivamente risolvibili, la cosa migliore è quindi cambiare tipo di antibiotico. Bastano poche differenze chimiche per fare la differenza.