Non tutti ci pensano, ma crescere con un fratello o una sorella cambia tutta la nostra vita e anche il modo in cui la viviamo.
Il legame che si crea con un fratello o una sorella non è mai neutro. Che ci sia complicità o competizione, silenzi o affetto, questo rapporto lascia tracce profonde nella costruzione della nostra identità.

Ed è proprio da qui che partono gli studi psicologici più recenti: se da piccoli ci si è sentiti “quello meno amato”, o “quello meno bravo”, si rischia di portare avanti questo copione anche da adulti, spesso senza nemmeno rendersene conto.
Confronto tra fratelli e sorelle: può diventare un blocco se vissuto in modo errato
Non è solo una questione di gelosia infantile. Crescere con la percezione di valere meno del proprio fratello o sorella può avere delle ripercussioni sulla fiducia in sé stessi.

Secondo la psicologa clinica Charlynn Ruan, questa sensazione può bloccare la crescita personale. Un bambino che sente di non essere mai all’altezza potrebbe smettere di provare cose nuove, di mettersi in gioco. Il confronto costante diventa così una prigione invisibile che limita la libertà interiore, e il bisogno di approvazione rischia di diventare eterno.
Molti adulti che da piccoli si sono sentiti “il secondo”, raccontano di sentirsi in dovere di rendere tutti felici, sempre. Non è un caso. Quella tendenza a mettere il benessere degli altri davanti al proprio nasce proprio da lì: dal desiderio profondo di ricevere quell’affetto che magari non si è mai percepito davvero.
Ma vivere per il consenso altrui significa anche perdere il contatto con i propri bisogni autentici, rinunciare alla spontaneità, e spesso restare incastrati in relazioni sbilanciate.
Umorismo come compensazione del senso di inferiorità
Un altro effetto molto comune è quello della “sovraccompensazione”. Si diventa simpatici, brillanti, creativi… ma tutto questo non parte sempre da una reale sicurezza.
Spesso si tratta di una strategia, di un modo per essere notati e accettati. L’umorismo diventa una maschera che copre insicurezze profonde. E quando questa strategia non funziona, può comparire la sindrome dell’impostore: quel senso di non meritare i successi ottenuti, o di dover dimostrare continuamente il proprio valore, senza mai sentirsi davvero all’altezza.
Quando l’autosabotaggio prende il sopravvento
C’è poi chi, a furia di sentirsi “di meno”, smette completamente di provarci. Evita le sfide, rinuncia ai propri sogni, si accontenta di poco. Non per pigrizia, ma per paura.
L’autosabotaggio non nasce dal disinteresse, ma dalla convinzione di non potercela fare. E così si rimane bloccati, si fallisce in partenza, e ci si conferma addosso quell’etichetta di “perdente” che magari ci è stata cucita addosso da bambini.

Chi non si sente degno di amore, fa fatica anche ad accoglierlo. Molti, quando finalmente trovano qualcuno che li sceglie, si chiudono. Pensano “prima o poi scoprirà chi sono davvero e mi lascerà”. Ed è così che si sabota anche ciò che potrebbe farci stare bene. Ma la buona notizia è che tutto questo si può cambiare: il primo passo è riconoscerlo.
E se sei stato “il fratello di serie B”, non devi restarlo per sempre. Il tuo valore non dipende dal confronto, devi solo rendertene conto.