Combattere l’Alzheimer con un farmaco dimagrante: cosa dice un recentissimo test condotto sui topi e cosa c’è ancora da fare
Negli ultimi anni farmaci specifici per alcune malattie vengono usati, in modo improprio, per perdere peso, mettendo a rischio anche la vita delle persone che seguono questa strada. Recentissimi studi hanno dimostrato, invece, che un farmaco specifico per la perdita del peso è valido anche contro l’Alzheimer.

Come sappiamo per combattere la malattia, che si manifesta con segnali che spesso restano inascoltati, non c’è ancora una cura, ma la somministrazione del farmaco, da quanto emerge, darebbe significativi benefici. Vediamo di quale si tratta e cosa dicono i test.
Farmaco dimagrante e Alzheimer: lo studio
Il farmaco che fa perdere peso in modo efficace, eliminando diversi chili senza farli riprendere, secondo un recentissimo studio potrebbe essere efficace anche per curare l’Alzheimer.
Si tratta del semaglutide che secondo un team di ricerca cinese afferente al Laboratorio chiave di Fisiologia cellulare dell’Università Medica dello Shanxi coordinato dai professori Zhao-Jun Wang e Mei-Na Wu, potrebbe contrastare gli effetti dell’Alzheimer.

Nei test di laboratorio che sono stati condotti su alcuni topi transgenici, portatori della forma murina dell’Alzheimer, geneticamente modificati per studiare la malattia umana, sono stati coinvolti anche altri istituti. Tra questi il Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Shaoyang, il Dipartimento di Neurologia del Terzo Ospedale dell’Università Medica dello Shanxi e l’Accademia di innovazione nella scienza medica dell’Henan – Istituto del cervello di Zhengzhou.
Cosa dicono i test sui topi
I test condotti sui topi hanno mostrato che la somministrazione del farmaco dimagrante permette di avere significativi benefici sulla malattia degenerativa. Tra questi si evidenziano miglioramenti nelle funzioni cognitive ed in particolare sulla memoria come anche la riduzione dell’infiammazione nel tessuto cerebrale.
In particolare, la memoria di lavoro e la memoria spaziale dei topi trattati con il farmaco nel corso dei test è migliorata rispetto a quella dei roditori a cui non è stato somministrato il farmaco.

Inoltre, è stata riscontrata anche la riduzione di beta-amiloide e dei grovigli di tau, proteine che si infiltrano nel tessuto cerebrale, si accumulano nel cervello e portano all’insorgenza della demenza. Si tratta di proteine che si sono strettamente collegate alla neurodegenerazione che lentamente porta alla morte dei neuroni e al successivo declino cognitivo.
Semaglutide e demenza: cosa c’è ancora da fare
La semaglutide potrebbe essere, dunque, una preziosa alleata per dare benefici significati contro l’Alzheimer e la demenza in generale, patologia che è destinata a triplicare entro 25 anni secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Questi primi test effettuati sui topi sono dunque molto incoraggianti ma non è detto che gli stessi risultati si ottengano sull’uomo. È necessario, dunque, per il mondo scientifico condurre un ulteriore approfondimento e altri tipi di studi per comprendere cosa accade nell’uomo affetto da Alzheimer con l’uso della semaglutide.