Qualità del sonno e degrado cognitivo sono strettamente connessi, scoperta correlazione tra sogni e Alzheimer utile per una diagnosi precoce.
Sappiamo tutti che qualità del sonno e degrado cognitivo sono due fenomeni strettamente connessi. Dormire bene e nelle giuste ore è fondamentale per mantenersi in salute, per rigenerare il corpo, per migliorare le funzioni dell’organismo e per la salute del cervello. Le funzioni cognitive sono profondamente legate al sonno, dunque, dormire bene è essenziale per vivere in modo sano, riducendo stress, infiammazioni e contrastando il degrado cognitivo.
In tutto ciò, all’interno di una buona qualità del sonno, bisogna prestare molta attenzione alla fase più importante, quella del sonno profondo, che conosciamo tutti con il termine Rem, ossia Rapid Eye Movement, nella quale il nostro cervello si abbandona alla fase onirica. I sogni si pongono come una sorta di scudo protettivo contro il degrado del cervello, e quindi possono contrastare l’insorgenza di Alzheimer e demenza senile. I sogni, perciò, possono essere un campanello di allarme per affrontare una diagnosi precoce della malattia.
Un recente studio internazionale, effettuato all’Università di San Francisco, in California, insieme alla School of Clinical Medicine di Pechino e al China – Japan Friendship Hospital, dimostra quanto i sogni siano indicatori di una possibile demenza. Lo studio, pubblicato sulla testata Alzheimer’s Association, dimostra quanto la fase Rem sia un indicatore essenziale per il benessere mentale.
Maggiore è il tempo in cui si entra nella fase Rem, la più profonda del sonno, e maggiori sono i rischi che si corrono, poiché si compromette la capacità di consolidare i ricordi, interferendo con la regolazione delle emozioni. Dunque, una fase Rem squilibrata potrebbe porsi come un indicatore anticipato della presenza di Alzheimer o di demenza senile.
Ancora non è chiarissima l’architettura del sonno e il perché la fase onirica incida sul degrado cognitivo e sui biomarcatori dell’Alzheimer, ma una latenza Rem prolungata può indicare un fattore di rischio. La fase Rem segue le tre fasi del sonno, per un totale di quattro fasi che sono alla base di un sonno di qualità. Un sonno di qualità, quindi, segue una precisa progressione, e fa sprofondare lentamente la persone nell’addormentamento.
Ogni persona, nel corso di una nottata, attraversa da tre a cinque cicli di sonno, attraversando tutte le fasi dell’addormentamento. Significa che ogni persona sprofonda nella fase Rem diverse volte per notte. Tuttavia, chi soffre di disturbi del sonno, salta alcune fasi essenziali, oppure effettua meno cicli completi. Le persone anziane, in generale, raggiungono più difficilmente la fase Rem.
In questa fase profonda, il nostro cervello si abbandona ai ricordi, alle emozioni e ai sogni, e li immagazzina. Un ritardo in questa sequenza può compromettere il processo di memoria del cervello, alimentando il cortisolo, l’ormone dello stress, e compromettendo l’ippocampo.
Il deterioramento cognitivo colpisce circa un terzo della popolazione over 70, e a incidere fortemente sullo stato di salute del cervello è proprio un cattivo sonno. La fase Rem ritardata comporta livelli più elevati di due proteine tossiche, l’amiloide e la tau, mentre diminuisce la proteina sana chiamata fattore neurotrofico derivato dal cervello (Bdnf).
Questa scoperta è importantissima, poiché offre ai ricercatori la possibilità di concentrare l’attenzione su farmaci per dormire meglio, i quali potrebbero modificare la progressione della malattia, migliorando appunto la qualità del sonno. La melatonina, infatti, riduce i livelli di tau e di amiloide, le proteine tossiche. Pazienti che assumono antidepressivi o sedativi, riducono la fase Rem, quindi sono più soggetti al rischio Alzheimer.