Congedo di paternità 2024: brutte notizie per i papà, ecco cosa sta accadendo

Brutte notizie per i neo papà: il congedo di paternità non avrà cambiamenti, slitta tutto forse all’anno prossimo.

Nella nuova Legge di Bilancio 2025 non è stato previsto alcun aumento dei giorni di congedo obbligatorio di paternità, una decisione che perpetua un importante squilibrio tra maternità e paternità in Italia.

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Congedo di paternità 2024: brutte notizie per i papà, ecco cosa sta accadendo – Inran.it

Mentre il congedo di maternità rimane fissato a 16 settimane retribuite all’80% dello stipendio, il congedo di paternità obbligatorio si limita a soli 10 giorni retribuiti al 100%, una quantità di tempo che risulta insufficiente per consentire ai padri di supportare adeguatamente le famiglie nella delicata fase post-nascita.

Congedo di paternità: in Italia siamo lontani dalla situazione in Europa

L’Italia si colloca tra i paesi dell’Unione Europea con il divario più marcato tra i due tipi di congedo.

Questo crea una situazione in cui il carico di cura del neonato grava quasi interamente sulle madri, lasciando ai padri poco spazio per partecipare attivamente.

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Congedo di paternità: in Italia siamo lontani dalla situazione in Europa – Inran.it

Questa disparità non solo penalizza le donne, costrette spesso a rinunciare alla carriera o a ridimensionare le proprie ambizioni lavorative, ma ostacola anche un’equa distribuzione delle responsabilità genitoriali.

Per molte coppie, la decisione di avere un figlio si trasforma in un peso che grava quasi esclusivamente sulle donne, accentuando le difficoltà di conciliare vita familiare e professionale.

L’evoluzione del congedo di paternità

Secondo un rapporto di Save the Children, il tasso di utilizzo del congedo di paternità è triplicato tra il 2013 e il 2022, segnale di una crescente volontà da parte degli uomini di essere presenti nella vita dei propri figli fin dai primi giorni.

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L’evoluzione del congedo di paternità – Inran.it

Però i 10 giorni attualmente previsti restano insufficienti per permettere ai padri di assumere un ruolo importante nella gestione del neonato e del nucleo familiare. Una durata più estesa, come i 5 mesi proposti, potrebbe contribuire a costruire un modello più equilibrato e solidale di genitorialità.

Finché il congedo di paternità rimarrà limitato, le donne continueranno a sostenere gran parte del carico familiare, con conseguenze dirette sulle loro opportunità lavorative.

Secondo i dati, il 63,3% delle dimissioni volontarie femminili è motivato proprio dalla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Un congedo più equo per i padri potrebbe ridurre questo fenomeno, consentendo alle donne di mantenere una maggiore stabilità lavorativa e favorendo una società più equa e inclusiva.

Come richiedere il congedo obbligatorio di paternità

Vedremo nei prossimi mesi se ci saranno novità. Intanto vediamo come richiedere il congedo. La normativa italiana prevede per ogni padre lavoratore un congedo obbligatorio di 10 giorni lavorativi, utilizzabili alla nascita del figlio o nei cinque mesi successivi.

Oltre ai giorni obbligatori, i genitori possono accedere al congedo parentale, che consente fino a 10 mesi complessivi di permesso condiviso tra madre e padre, usufruibili fino al compimento del 12° anno del figlio.

Il diritto al congedo di paternità è concesso ai dipendenti pubblici e privati al momento della nascita del bambino, o nei periodi immediatamente precedenti o successivi. È necessario che il lavoratore presenti la richiesta entro i termini stabiliti e soddisfi i requisiti previsti dalla legge.

Per richiedere il congedo di paternità, il lavoratore deve comunicare la propria intenzione all’azienda, generalmente attraverso il reparto risorse umane, e all’INPS. La domanda deve essere presentata almeno 15 giorni prima della data presunta del parto, allegando la documentazione medica necessaria.

L’indennità del congedo di paternità viene gestita dall’INPS, che garantisce una retribuzione pari al 100% dello stipendio per la durata del congedo. In molti casi, è l’azienda a dover anticipare l’importo, con successivo rimborso da parte dell’INPS.

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