La diffamazione su WhatsApp è reato, lo dice la Corte di Cassazione che ha stabilito nel caso di specie una pena gravissima.
Uno dei reati che occupa pesantemente i tribunali di tutta Italia è sicuramente la diffamazione. Un comportamento ritenuto irrilevante, quando invece non solo la Legge lo punisce ma anche con pene molto severe. Un tipo di diffamazione che si sta diffondendo a macchia d’olio ultimamente è quello consumato su WhatsApp; utilizzare lo strumento social per inviare dei messaggi offensivi ed in assenza della persona interessata è una triste prassi molto diffusa.
Affinché si possa parlare di reato devono sussistere le caratteristiche già normativamente previste per la diffamazione tradizionale; in primo luogo il messaggio in questione per essere penalmente rilevante è necessario che sia tale da ledere la reputazione della vittima, persona peraltro assente dalla chat interessata. Questo è quanto stabilisce la normativa italiana per qualificare la diffamazione.
La diffamazione su WhatsApp VS Facebook, cosa cambia
Inoltre, il contenuto offensivo dev’essere letto almeno da altre due persone, se la comunicazione avviene tra due soli utenti non si parla di diffamazione e non si consuma nessuna fattispecie delittuosa. Si potrebbe parlare di ingiuria, sebbene dal 2016 non è più un reato penale in Italia ma un illecito civile, quindi la Persona Offesa potrebbe in questi caso intentare una causa per danni e chiedere un risarcimento.
La Corte di Cassazione ha chiarito un punto molto importante, colmando delle lacune normative presenti. Innanzitutto, il soggetto responsabile di diffamazione su WhatsApp può essere condannato a pagare una multa fino a 1032 ed una pena prevista fino ad un anno di reclusione. C’è differenza tra i canali social; su WhatsApp i messaggi saranno diffamatori se inviati sui gruppi composti da oltre tre persone ed il contenuto è tale da ledere la reputazione di una persona assente.
Situazione peggiore se questo messaggio venga inviato su Facebook o X per la semplice ragione che, a differenza di WhatsApp, Facebook è esposto ad un maggior pubblico. Basta un commento sbagliato per diventare virale ed essere visto veramente da tantissime persone, oltre anche i confini territoriali. I casi di diffamazione su Facebook sono veramente tanti.
Il parere della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione è intervenuta con la sentenza 42783/2024 in cui ha affermato come il messaggio diffamatorio inviato su WhatsApp anche se su gruppi numerosi non è assimilabile ad un’offerta pubblicata sui social perché è una piattaforma privata. Ne consegue quindi che su WhatsApp nei casi sopra esposti, si parlerà di diffamazione semplice, su altre piattaforme vi sarà l’aggravante della pubblicità che lo rende maggiormente punito. Insomma, la diffamazione su WhatsApp è punibile con pene gravi ma resta distinta dalla diffamazione aggravata tipica dei social network dove la visibilità e la diffusione dei contenuti offensivi portano a ledere in maniera plateale la reputazione della vittima.