Sembra innocente ma non tutto ciò che luccica è oro: c’è un retroscena del prosciutto cotto che quasi nessuno conosce. Alcuni sintomi possono essere ricondotti al suo consumo…
Indubbiamente, il prosciutto cotto è tra gli alimenti più consumati della cucina italiana. Estremamente versatile, si presta ad essere protagonista o accompagnatore di moltissime ricette diverse, dai primi piatti, agli antipasti e ai secondi. Addirittura, può diventare il centro di un pasto o di una merenda che i bambini portano a scuola. Considerando il suo ampio utilizzo, è bene diffondere un retroscena che lo coinvolge e che lo renderà meno “sano” agli occhi di tutti.
Viene percepito come alimento salutare. In virtù di questo, è tra i prodotti della norcineria più diffusi e venduti. Persino i malati ricoverati in ospedale lo ricevono spesso negli orari dei pasti. Varia nella forma: a cubetti può condire pasta ed insalate, a fette può riempire il toast insieme al formaggio. Sono i dati a testimoniare la sua fama: solo nel 2023 la produzione di prosciutto cotto ha raggiunto le 292.800 tonnellate, una crescita dell’1% che lo ha portato a toccare i 2.280 milioni di euro di fatturato.
Prosciutto cotto: una realtà che dovresti conoscere se lo mangi
Con il decreto del 21 settembre 2005 del Ministero delle Attività Produttive, si distinguono tre tipi diversi dello stesso prodotto: il prosciutto cotto, il prosciutto cotto scelto e il prosciutto cotto alta qualità. In quanto al prosciutto cotto scelto, si registra un tasso di umidità sotto il 78,5% ed è prodotto tramite tre dei quattro muscoli principali della coscia del suino (il semitendinoso, il semimembranoso, il quadricipite e il bicipite femorale), pertanto non si tratta di un prodotto “ricostruito”. Il prosciutto cotto alta qualità, invece, proviene sempre da cosce intere ed ha un tasso di umidità che non va oltre il 75,5%. E’ privo di polifosfati aggiunti (E452), sciroppo di glucosio, proteine del latte e della soia, amidi, fecole e gelatine alimentari. Tuttavia, cosa rende la qualità più alta del prosciutto cotto un vero e proprio inganno?
Nelle etichette delle varie produzioni di prosciutto cotto “alta qualità”, sono riportate molte voci che raccontano di cosa il prodotto sia privo. Si tratta di nient’altro che esche per attirare il consumatore a scegliere quella varietà specifica, ingannandolo del fatto che siano assenti delle componenti nocive al suo interno. Purtroppo, non è altro che una strategia di marketing volta a nascondere ciò che realmente contiene: secondo il decreto del 2025, il prosciutto cotto può contenere vino, spezie e piante aromatiche o, ancora, zuccheri, aromi non identificati, conservanti necessari a diminuire il rischio di botulino (vedi quali sono gli effetti sulla salute associati al botulino), antiossidanti che aiutano a mantenere il colore rosa, lattato di sodio e glutammato monosodico.
Il prosciutto cotto ideale da consumare dovrebbe essere costituito unicamente da coscia di maiale, sale, erbe aromatiche, spezie e vino. Ma quanto realmente durerebbe? I tempi di conservazione sarebbero estremamente ridotti. Motivo per il quale le industrie provvedono ad aggiungere componenti in realtà da evitare. In particolar modo, è meglio stare alla larga dai polifosfati (perché interferiscono sull’assorbimento dei minerali da parte del corpo, con conseguenti problemi di rachitismo nei bambini e di osteoporosi negli adulti), dal glutammato monosodico (per il quale si sospetta un collegamento con danni alle cellule cerebrali), dagli zuccheri e aromi non naturali ottenuti tramite processi chimici in laboratorio.