Ogni mese, oltre allo stipendio, riceviamo la busta paga, che bisogna leggere bene: ecco quanto incide la 104 sulla retribuzione
Ogni mese c’è tanta attesa per i lavoratori, sia per lo stipendio, sia per quanto riguarda la busta paga. Questo documento è fondamentale perché indica con precisione il compenso relativo alle ore di lavoro svolte, ma anche i relativi contributi per la futura pensione. Si tratta di un documento complesso, che bisogna imparare a leggere, perché tra le righe ci sono scritte informazioni importanti, e quindi sta a noi riuscirle ad interpretare. Si può infatti rischiare una multa di 5000 euro se non si rispetta questa norma.
Bisogna, inoltre, riuscire a capire bene alcune voci, come l’impatto della Legge 104. Siamo consapevoli che questa legge è di primaria importanza per coloro che hanno disabili in famiglia. Per ottenerla bisogna rispettare questi requisiti. Questa permette di ottenere permessi che saranno comunque pagati. Ma può filare davvero così liscia a coloro che ne fanno parte? Abbiamo detto che i giorni di assenza a lavoro vengono comunque retribuiti, ma come vengono conteggiati in busta paga? Scopriamo tutti i dettagli che spesso non riusciamo capire, leggendo il documento.
Quanto incide la Legge 104 sullo stipendio
Saper leggere la busta paga è di grande importanza per capire anche quanto ci viene detratto dalla nostra futura pensione. Solo così possiamo fare piani per il nostro futuro, ovviamente per quel riguarda il settore economico. Come abbiamo detto poc’anzi, oltre ai giorni di malattia e gli straordinari, ad incidere in busta paga sono anche i permessi relativi alla legge 104. La legge del 5 febbraio del ’92 dichiara che dopo i genitori lavoratori del bambino affetto da handicap grave, successivamente al compimento dei suoi 3 anni, hanno diritto a tre giorni di permesso al mese. Questi sono retribuiti e possono essere frazionati anche in ore.
In busta paga questa misura la troviamo sotto la voce di Maggiorazione ratei PG, che sarebbero i permessi giornalieri. I lavoratori che prendono questi permessi, maturano, allo stesso tempo, anche di ferie, tredicesima, quattordicesima e TFR. Quindi non parliamo di un aumento sullo stipendio ma di un compenso. Ciò che è importante è non confondere la maggiorazione contributiva che è quella riconosciuta agli invalidi con quella dei permessi giornalieri. Nel caso della maggiorazione contributiva, infatti, è l’INPS, al momento del calcolo pensionistico ad aggiungere la maggiorazione. Secondo l’articolo 1 della legge 26 maggio 1970, ovvero quella destinata agli invalidi, vi è infatti un beneficio di due mesi di contribuzione figurativa fino ad un limite di cinque anni.