Gli ultimi dati raccolti parlano chiaro: le domande per ottenere il congedo di paternità stanno aumentando – e menomale!
Introdotta in Italia 12 anni fa, la legge sul congedo di paternità ha segnato un cambiamento importante nel ridimensionamento dei ruoli genitoriali. Originariamente, nel 2012, il congedo di paternità prevedeva un solo giorno obbligatorio e due facoltativi. Oggi, la normativa garantisce ai padri 10 giorni obbligatori di congedo e uno facoltativo, che possono essere usufruiti nei due mesi precedenti o nei cinque successivi al parto.
A questi giorni si aggiungono i mesi di congedo parentale facoltativo, durante i quali i padri lavoratori ricevono un’indennità pari al 30% della retribuzione. Ogni padre ha diritto fino a tre mesi di congedo parentale non trasferibile, ai quali possono aggiungersi altri tre mesi, se la madre non li ha utilizzati.
Il cambiamento legislativo avuto in questi anni riflette una crescente consapevolezza dell’importanza del coinvolgimento dei padri nella cura dei figli. Secondo una ricerca di Save The Children, il tasso di utilizzo del congedo di paternità in Italia è più che triplicato tra il 2013 e il 2022, passando dal 19,25% al 64,02%. Ciò dimostra un’importante evoluzione nella mentalità dei padri italiani, sempre più desiderosi di essere presenti e attivi nella vita dei loro figli fin dai primi giorni.
Nonostante l’aumento dell’uso del congedo di paternità, la distribuzione dei compiti di cura dei figli rimane prevalentemente a carico delle donne, che assolvono circa il 70% di questi compiti. Ma il cambiamento è in atto e sono sempre di più gli uomini che scelgono di diventare padri attenti e partecipi. La fruizione del congedo di paternità è particolarmente alta tra gli uomini di età compresa tra i 30 e i 49 anni e tra quelli che lavorano in aziende medio-grandi, con più di 100 dipendenti, dove la percentuale di utilizzo è del 77%.
Nonostante l’incremento generale, esistono delle forti disparità regionali. Ad esempio, mentre in province come Bergamo, Lecco, Treviso, Vicenza e Pordenone, l’utilizzo del congedo supera l’80%, in altre come Crotone, Trapani, Agrigento e Vibo Valentia, non raggiunge il 30%. Inoltre, i padri con contratti a tempo indeterminato e redditi superiori ai 15.000 euro annui sono quelli che maggiormente beneficiano di questa opportunità, dato che ci suggerisce che chi si trova in condizioni lavorative più precarie tende a rinunciare al congedo.
È essenziale sostenere e promuovere ulteriormente il congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo per coloro che sono dipendenti. Garantire che i datori di lavoro rispettino questo diritto è fondamentale per ridurre le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro e per supportare le madri nei periodi post-partum, spesso difficili. Estendere e equiparare il congedo di paternità a quello di maternità non solo sosterrà le neo-mamme, ma contribuirà anche a mitigare il senso di inadeguatezza e isolamento che molte di esse possono sperimentare.
Aurora De Santis