Il gene della longevità esiste davvero? La risposta è sì. Tutti i progressi in campo medico e scientifico. Dettagli da non sottovalutare.
Il concetto di longevità è particolarmente studiato dai ricercatori. Questo perché è insito negli esseri umani il desiderio di vivere quanto più a lungo è possibile. In questo senso sono stati innumerevoli i passi avanti fatti dalla scienza e dalla medicina per comprendere al meglio il corpo umano e gestire quelle che sono le malattie.
Nel corso dei secoli non solo è migliorata la qualità della vita, ma il progresso scientifico ha portato innumerevoli risultati in campo medico. Tutti questi progressi, infatti, non hanno fatto altro che contribuire alle aspettative di vita – specialmente in molte parti del mondo. il concetto di longevità apre le porte a diverse interpretazioni e solleva, al tempo stesso, anche questioni di tipo etico.
È stato provato che il gene della longevità esiste e sono davvero molteplici i centenari in tutto il mondo. In Italia ne sono stati registrati più di 20.000 e proprio di recente si è spenta la donna più anziana del mondo: mi riferisco a Lucile Randon che ha spento ben 118 candeline.
Ritornando al gene della longevità, gli studiosi hanno evidenziato che la proteina LAV-BPIFB4, diffusa nei soggetti con una vita lunga e sana, sia capace di influenzare quello che il comportamento delle cellule umane. Inoltre è in grado di attivare dei meccanismi inerenti alla protezione e al ringiovanimento che interessano anche il cuore. Grazie agli studi è stato possibile verificare che, grazie a questa proteina, coloro i quali sono stati reduci da un infarto o da problemi cardiaci, sono stati in grado di riprendere le proprie attività in modo efficiente.
Lo studio è stato recentemente pubblicato su una famosa rivista scientifica e i ricercatori hanno affermato che la proteina può agire sulle cellule che sono atte a far pulsare il cuore. Inoltre è stato registrato un’attività decisamente più performante il cuore è stato in grado di reagire oltre modo durante un infarto. Come si accennava precedentemente, le sue funzioni si sono ripristinate in maniera più veloce. Questa proteina aiuta non solo a livello cardiaco, ma anche per le complicazioni dovute dalle diabete e contribuisce a ringiovanire il sistema immunologico.
I risultati di tale studio sono stati possibili grazie all’analisi di campioni di plasma di circa 500 pazienti in un’età compresa tra i 59 e i 76 anni e che avevano subito un infarto.