Recenti studi parlano della diffusione di un nuovo tipo di preoccupazione, definita “ansia climatica”, che coinvolge soprattutto i più giovani.
I ragazzi sono cresciuti in un mondo totalmente diverso rispetto alle persone più anziane, perciò percepiscono i cambiamenti climatici in maniera differente, acutizzata. Gli scienziati parlano di una nuova problematica insorta negli ultimi anni, che definiscono “ansia climatica”, e che colpisce soprattutto gli individui appartenenti alla Generazione Z e i Millennials, ossia coloro che sono il futuro del pianeta.
Tutti quanti sono preoccupati per il prossimo futuro, e per il mondo che verrà. I cambiamenti climatici, la crisi economica, i periodi di siccità, i fenomeni estremi sempre più frequenti, le temperature bollenti, la deforestazione, l’inquinamento atmosferico, sono temi fonte di stress psicologico. Tutto ciò ha un impatto importante sulla psiche, e inoltre impone delle scelte precise.
L’impatto devastante delle attività umane sull’ambiente ha creato degli squilibri assurdi, probabilmente irrecuperabili. Nel corso dei decenni, l’industrializzazione, l’incremento demografico, lo sfruttamento delle risorse, e ovviamente l’avidità dell’uomo, hanno portato il mondo quasi al collasso. Gli stravolgimenti ambientali sono sotto gli occhi di tutti.
Quello dell’inquinamento è un tema delicato, che bisogna affrontare, se si vuole sopravvivere nel prossimo futuro. Gran parte dei giovani interpellati attenti all’ambiente, si sono interrogati sul senso di mettere al mondo nuove vite, di procreare, di fare bambini. Cosa è emerso? Molti rifiutano di mettere al mondo un bambino, perché temono per il suo futuro, perché pensano non abbia senso crescere una persona in un mondo avverso, già sovraffollato e già compromesso.
Altri, invece, pensano che fare un bambino sia un bene, a patto che questo venga educato a rispettare l’ambiente e a combattere per la salvezza della natura. In effetti, sono due punti di vista molto interessanti, perché bambini educati al rispetto del pianeta, attenti agli sprechi, all’inquinamento e alla sostenibilità, potrebbero fare molto per aiutare il pianeta.
Dall’altra parte, però, abbiamo superato gli 8 miliardi di individui, gli spazi si riducono, le risorse scarseggiano, il mondo è in sofferenza. Stiamo uscendo dalle condizioni climatiche stabili che hanno caratterizzato lo sviluppo della civiltà umana. Si tratta di una catastrofe mai affrontata dalla specie umana prima d’ora.
Secondo le stime della rivista americana Climatic Change, oltre i 67% delle persone di età compresa tra 25 e 45 anni, è preoccupata dall’impatto sull’ambiente determinato da nuove nascite. Si diffonde sempre di più, in ogni parte del mondo, questa ansia climatica. Dopotutto, l’agricoltura sta cambiando, adeguandosi alle nuove condizioni climatiche. Tra qualche decennio niente sarà più come quello che conosciamo oggi.
Intere aree di mondo hanno già cambiato clima, scontrandosi con la siccità, con le alluvioni, con un clima più rovente. Secondo dei calcoli, ad esempio, la città di Pohenix, in Arizona, nel sud degli USA, quasi al confine con il Messico, tra 30 anni avrà lo stesso clima desertico di Bagdad, in Iraq. Una delle preoccupazioni maggiori per i giovani è anche legata al cambiamento della propria città.
Chi detesta il caldo infernale e il deserto, dovrà prendere in considerazione di trasferirsi in una città più a settentrione, cercando una zona più fresca. Ma non è una scelta facile. E questo dei “paesi del primo mondo” è una problema da nulla, se confrontato con il fenomeno dei migranti climatici, sempre più preoccupante, che coinvolge i paesi più poveri. Se negli anni ’90, il tema del cambiamento climatico sembrava molto astratto, ora i tempi sono cambiati.