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Chip commestibile creato con i granchi: a cosa serve e quando potremo usarlo

Pubblicato da
Salvatore Lavino

Una innovazione che lascia a dir poco a bocca aperta ha già compiuto dei grossi passi in avanti in fatto di nanotecnologia: si tratta del chip commestibile.

Chip commestibile, i ritrovati tecnologici hanno messo a punto un’altra novità che potrebbe avere dei risvolti importanti in fatto di sanità e nell’ambito medico in generale. A realizzarlo, sfruttando la corazza dei granchi, sono stati i ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano, che hanno sfruttato un principio naturale che caratterizza tali crostacei. Se ne parla anche sulla rivista specializzata di settore “Nanoscale”. E per quanto possa fare sorridere l’idea di un chip commestibile fatto di carapace di granchi, la cosa potrebbe rivelarsi in realtà assai più utile di quanto si possa pensare.

Un microchip in mano ad una persona (Foto Canva – Inran.it)

Infatti con un chip commestibile potrà essere possibile elaborare dei dispositivi capaci di essere introdotti all’interno del corpo umano senza che tale oggetto possa in qualche modo nuocere od essere visto dall’organismo come un corpo estraneo. Questo ambito scientifico in particolare si sta sviluppando in maniera alquanto veloce, perché poggia sul grande vantaggio di potere impiantare delle nanotecnologie in elementi che possono essere introdotti nel corpo come se fossero del cibo.

Chip commestibili, come funzionano

Dei gamberetti pronti da mangiare (Foto Canva – Inran.it)

Già dal 2019 sono stati compiuti i primi passi, con dei traguardi già tagliati in tal senso. Potere contare su questo tipo di tecnologia potrà permettere di diagnosticare e di trattare malattie dell’apparato digerente e che riguardano l’alimentazione in maniera più approfondita. Il funzionamento dei chip commestibili si basa sulla presenza di piccole quantità di rame e di magnesio che, una volta raggiunti dai succhi gastrici, danno origine ad una scossa elettrica di lieve entità.

Per la realizzazione di questo mini dispositivo viene utilizzata la tecnica cosiddetta del getto di inchiostro, che è molto diffusa nell’ambito delle nanotecnologie. E che viene applicata mediante delle stampanti speciali 3D che utilizzano però non inchiostro ma altri materiali. Come ad esempio l’oro liquido. Questa cosa consente di creare dei semiconduttori di dimensioni ridotte, tra l’altro senza alcun rischio per la salute di chi poi ingoierà il microchip. L’oro infatti non causa alcuna controindicazione se ingerito.

Qual è il vantaggio nello sfruttare i crostacei

Un chip visto da vicino (Foto Canva – Inran.it)

Ed assieme al più prezioso degli elementi viene usato anche il chitosano, che è per l’appunto estrapolato dal carapace di granchi e simili. Questo materiale ha diversi vantaggi, tra i quali quello di essere per l’appunto commestibile, resistente e di potere assorbire acqua e liquidi. Che all’interno del corpo umano abbondano. Con questo principio sarà certamente possibile realizzare anche pillole e capsule avanzate da ingerire ovviamente per fini medici. Per avere a disposizione questo ritrovato potrebbero volerci potenzialmente pochi anni. Perché comunque c’è la necessità di dovere mettere a punto alcuni aspetti prima di consentire la diffusione di massa. E ce ne sono tante altre di innovazioni che fino a qualche tempo fa la maggior parte di noi non avrebbe mai immaginato.

Salvatore Lavino

Classe 1985, giornalista pubblicista con una più che decennale esperienza nel settore e con migliaia di articoli prodotti in merito ai temi più disparati. Attualmente impegnato con diverse collaborazioni che trattano di vari argomenti, tra ecologia, cucina, sport, attualità, benessere e molto altro.