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Anziani

I migliori trattamenti per combattere il morbo di Parkinson

Pubblicato da
Andrea Cerasi

La malattia di Parkinson rappresenta la seconda più comune patologia neurodegenerativa, si affronta con continui e lunghi trattamenti.

Si stima che nel mondo ci siano oltre un milione di persone affette dal morbo di Parkinson, in Europa sono circa 200 mila. Si tratta della seconda patologia neurodegenerativa più comune al mondo, subito dopo l’Alzheimer. Si tratta di una malattia invalidante, impossibile da guarire, ma i medici possono affrontarla attraverso una terapia sostitutiva della carenza di dopamina cerebrale.

Mani che tremano (Canva) – Inran.it

La levodopa, assunta oralmente, passa nello stomaco e arriva poi all’intestino tenue, dove viene assorbita. Attraverso il sangue raggiunge il cervello, trasformandosi in dopamina, cioè l’elemento carente causato dalla malattia. La somministrazione di levodopa aiuta il malato a riprendere il controllo dei movimenti. La Fondazione LIMPE affronta la questione dei trattamenti per il Parkinson.

Trattamenti per combattere la malattia di Parkison: le attuali terapie mediche

Uomo con principio di Parkinson (Canva) – Inran.it

Almeno nelle fasi iniziali della malattia, il paziente può fare affidamento a questi farmaci orali. Per quanto riguarda la fase avanzata, esistono altre terapie, molto più complesse, come ad esempio la stimolazione cerebrale profonda, che però funziona solo sul 15% dei pazienti. Oggi esiste una formulazione farmacologica contenente levodopa cardidopa ed entacapone, che prevede un piccola somministrazione giornaliera.

L’impiego dei dopaminoagonisti, uniti alla levodopa, comporta diversi vantaggi, in particolare comportano una minore incidenza di complicanze motorie all’interno di lunghe terapie. I farmaci dopaminoagonisti, inizialmente, erano imopiegati in aggiunta alla levodopa, solo nelle fasi avanzate della malattia. Da una decina di anni, invece, si sfruttano anche nelle fasi iniziali.

I principali farmaci dopaminoagonisti in commercio nelle farmacie sono il Ropinirolo (Requip), il Pramipexolo (Mirapexin), la Rigotina (Neuro cerotto) e l’Apomorfina (Apofin). L’Apomorfina è un potente agonista non selettivo del recettore della dopamina, il cui principio attivo fu scoperto negli anni ’60. Questa, si assume con somministrazione sottocutanea e inizia ad agire nel giro di una decina di minuti.

I migliori farmaci per trattare il Parkinson

Paziente aiutato da infermiera (Canva) – Inran.it

Il farmaco più efficace, comunque, resta la levodopa, (Madopar o Sinemet), anche se, dopo svariati anni, i sintomi motori anormali iniziano comunque a insorgere nella persona malata. Insorgono, precisamente, delle fluttazioni motorie, ossia capacità motorie che, in alcuni momenti, subiscono delle variazioni, e il paziente non riesce a svolgere le più comuni attività.

Queste fluttuazioni hanno durata temporanea, vanno e vengono, quindi c’è un’alternanza di “fase on” e di “fase off”. Inoltre, possono insorgere discinesie, ossia movimenti involontari che si sovrappongono ai movimenti volontari. Sono scatti involontari di modesta entità, che non causano disabilità, ma possono raggiungere alcuni picchi intensi, che disturbano il malato.

Le discinesie appaiono durante la “fase on” del paziente, ossia quando è in condizioni normali, in grado di svolgere tutte le più normali attività. Queste sono l’espressione di un’attività elevata della levodopa. Esistono altri trattamenti per combattere il Parkinson, che non fanno utilizzo della levodopa, ma sono meno efficaci. Ad esempio, ci sono gli anticolinergici, dei farmaci per alleviare il tremore, ma hanno un’incidenza del 20%, quindi molto modesta, inoltre comportano degli effetti collaterali, come glaucoma, ipertrofia prostatica e disturbi della memoria.

Altro farmaco è l’Amantadina (Mantadan), che agisce sui neurotrasmettitori, ma potrebbe avere effetti collaterali, come gonfiore alle gambe e comparse di reticoli venosi. E poi ci sono i dopaminoagonisti, da usare da soli, senza levodopa, efficaci nell’80% dei casi per i primi anni di malattia, per poi ridursi progressivamente dopo solo 5 anni. La levodopa, invece, non perde il suo effetto nel tempo.

Ulteriori articoli che abbiamo trattato riguardo al Parkison, sono le differenze di sintomi tra uomini e donne, oppure alcune ottime notizie dalla Gran Bretannia, e ancora i sintomi notturni che possono indicare un principio di malattia.

Andrea Cerasi

Romano, laureato in Lettere all'Università La Sapienza di Roma, è autore di romanzi e saggi. Appassionato di ambiente e di sostenibilità, amante della natura e degli animali.

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Andrea Cerasi