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Scoperta “l’Atlantide del deserto”: una città antichissima e piena di misteri

Pubblicato da
Salvatore Lavino

L’Iram dei Pilastri ed altri sono i nomi con i quali è conosciuta la cosiddetta Atlantide del deserto. Storia e mito sono ricchi di fascino.

Un tratto riportato alla luce della antica Ubar (Canva – inran.it)

L’Atlantide del deserto, come la hanno soprannominata non senza un certo carico di suggestione gli archeologi, esiste e sorge in mezzo alla sabbia ed alle rocce che si estendono a perdita d’occhio nella penisola arabica. I nomi che le vengono dati sono tanti, e ce ne parla Vanilla Magazine.

Questa Atlantide del deserto (con riferimento alla mitologica isola che si dice sia stata inghiottita dal mare) è nota come “la Città d’Ottone“, o anche come “Iram dei Pilastri“. Se ne parla pure nel Corano, ovvero il libro sacro dell’Islam. Per alcuni questo luogo mitico sarebbe da individuare con Ubar, altra città dell’antichità emersa dalle dune poco più di trent’anni fa.

Tra l’altro le menzioni della Atlantide del deserto non si limitano al Corano ma sfociano pure nella Bibbia. Ma in quel caso si parla della Città d’Ottone non nella comune accezione di città, per l’appunto, quanto piuttosto di una vasta area chiamata Aram, nelle Sacre Scritture.

Dove si trova questa Atlantide del deserto

Cosa c’è ad Ubar oggi (Canva – inran.it)

Questa città non avrebbe fatto una bella fine, con un adiratissimo Allah che ne avrebbe decretato la sparizione facendola sprofondare nella sabbia. Colpa della cattiva condotta dei suoi abitanti, rei di adorare divinità pagane. Per quanto riguarda Ubar, la sua fondazione risalirebbe al terzo millennio prima di Cristo.

Rappresentava un crocevia importante per le tante carovane di passaggio, in quell’area poco ospitale se si usciva dai percorsi tracciati da chi era venuto prima. I miti che riguardano Iram sono davvero tanti ed uno dei più famosi è estrapolato dalla celebre raccolta di novelle delle Mille e una notte. Se ne parla nel Racconto della fanciulla con le due cagne.

Ebbene, Ubar ritornò alla luce dopo circa 1500 anni nel 1992. Gli archeologi sono riusciti a fare riemergere otto torri e delle mura che la cingevano. Nel mezzo c’erano poi molti locali che probabilmente dovevano fare da esercizi commerciali ai tempi.

Come e perché Ubar sprofondò nella sabbia

Stando agli indizi trovati sul posto, si ritiene che Ubar sia sprofondata nella sabbia desertica ma non per via della furia divina. Semplicemente quella città fu costruita su di un suolo instabile, che aveva il vuoto sotto a sé. Infatti nel sottosuolo di Ubar c’erano delle caverne. Ad un certo punto è risultato impossibile sorreggere il peso in superficie.

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Tra l’altro in quelle caverne di natura calcarea c’era anche tanta acqua, che permetteva il sorgere di oasi. Il disastro che decretò la cancellazione di Ubar e la nascita del mito della città dovrebbe essere avvenuto al massimo entro il 500 d.C. Di Ubar se ne parla anche in diversi libri e documentari.

Salvatore Lavino

Classe 1985, giornalista pubblicista con una più che decennale esperienza nel settore e con migliaia di articoli prodotti in merito ai temi più disparati. Attualmente impegnato con diverse collaborazioni che trattano di vari argomenti, tra ecologia, cucina, sport, attualità, benessere e molto altro.