La prevenzione è la miglior cura: ecco il nuovo esame del sangue che potrebbe aiutarci a diagnosticare l’Alzheimer.
L’Alzheimer è una patologia degenerativa che costituisce il 54% di tutte le forme di demenza. Questa malattia compromette notevolmente la qualità della vita dei pazienti che ne sono affetti. Per questo, individuarla precocemente rappresenta una valida strategia per monitorare e mantenere sotto controllo il suo avanzamento. Grazie al progresso scientifico, un esame del sangue potrebbe aiutarci a predire l’Alzheimer: ecco cosa sapere.
Alzheimer: cos’è e quali sono i fattori di rischio
L’Alzheimer è la più comune forma di demenza.
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Si tratta di una condizione di progressivo declino che inficia le abilità cognitive, determinando:
- Perdita di memoria;
- Senso di spaesamento;
- Difficoltà di concentrazione;
- Problemi di linguaggio.
Quali sono i fattori di rischio legati al morbo di Alzheimer? In primo luogo, l’età: questa patologia, infatti, colpisce le persone con un’età compresa tra i 65 e gli 80 anni.
Inoltre, esiste anche un rischio genetico, poiché questa condizione si manifesta più frequentemente nel caso in cui esista un rapporto di familiarità, ovvero altre persone del nucleo familiare ne siano state colpite in precedenza.
Ci sono poi una serie di fattori di rischio modificabili, legati all’insorgenza di questa forma di demenza. Si tratta di aspetti legati a uno stile di vita sedentario e poco sano:
- Obesità;
- Pressione alta;
- Scarsa attività fisica;
- Diabete;
- Abuso di alcol.
L’esame del sangue che può predire il rischio di Alzheimer
Secondo uno studio dell’Università Macquarie di Sidney, c’è un esame del sangue in grado di determinare se siamo a rischio di sviluppare l’Alzheimer.
Si tratta del comune emocromo a cui ci sottoponiamo regolarmente. Nel referto, infatti, si cela un importante dato che può aiutarci a individuare precocemente questa forma di demenza.
I ricercatori hanno spiegato che è un particolare bio-marcatore contenuto nel sangue, che se presente in eccesso può indicare un rischio 35 volte superiore alla media di sviluppare questa patologia.
Non c’è dubbio: è una scoperta di grande valore, che potrà permettere di migliorare la qualità della vita di numerosi pazienti, aiutando i medici a realizzare delle opportune terapie volte a mitigare i disagi causati dal progredire del declino cognitivo causato dal morbo.