Un ultimo studio che ha affrontato la depressione ha messo in luce l’importanza della psilocibina nel trattamento del disturbo.
La depressione è una condizione di malessere che si manifesta con sintomi quali umore triste e irritabile, ma anche mutazioni fisiologiche, cognitive e fisiche che incidono e influiscono sulla vita del paziente.
Trattandosi di un disturbo molto comune (si pensa che ne soffra dal 10 al 15% della popolazione), la depressione è stata più volte oggetto di studio. Anche perché negli ultimi anni, a causa dell’epidemia da Covid-19, i casi di depressione sono aumentati notevolmente.
Di recente una ricerca ha però rivelato l’importanza della psilocibina nei meccanismi del cervello. Scopriamo insieme i risultati a cui si è giunti.
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L’importanza della psilocibina per trattare la depressione
Abbiamo già parlato di depressione e di quali possono essere gli effetti sul corpo per chi soffre di questo disturbo. Oggi però vi voglio informare su ciò che gli scienziati dell’UC San Francisco e dell’Imperial College di Londra hanno scoperto riguardo all’importanza della psilocibina sulle connessioni che intercorrono tra le diverse regioni cerebrali nelle persone affette da depressione.
Prima di tutto diamo una definizione di psilocibina. Si tratta di una triptammina psichedelica (che di solito si trova in alcuni funghi allucinogeni) che, una volta ingerita, viene addizionata alla psilocina. Questa è in grado di agire sul sistema nervoso centrale, provocando esperienze enteogene, psichedeliche ed effetti lievemente euforizzanti.
Conclusioni dello studio
Lo studio ha messo in evidenza come ci sia un meccanismo attraverso il quale gli psichedelici possono agire sul cervello in modo benefico, alleviando stati depressivi e altre condizioni di staticità del pensiero. Lo studio è stato fatto con scansioni cerebrali fMRI su quasi 60 soggetti. Nella prima scansione i pazienti, che sapevano di assumere la molecola, hanno resistito alle cure. Nella seconda, invece, gli individui risultavano depressi, ma non in forma grave. In questo caso non gli è stato rivelato se stavano assumendo psilocibina o un placebo.
Dalle scansioni eseguite prima e dopo il trattamento, è dunque emerso che la cura con psilocibina ha ridotto le connessioni all’interno delle aree cerebrali strettamente collegate alla depressione. Inoltre, lo psichedelico ha alimentato le connessioni con altre zone del cervello che in precedenza non erano ben integrate. C’è stato anche un miglioramento della funzionalità cognitiva, così come una riduzione della sintomatologia correlata ai cambiamenti verificatisi nel cervello.
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In conclusione, la psilocibina, così come altri psichedelici serotoninergici, influenza i recettori 5-HT2A, molto presenti nelle reti cerebrali e iperattivi in caso di depressione. Dunque, secondo gli scienziati, questi farmaci interrompono temporaneamente queste connessioni, offrendo loro la possibilità di riformarsi in modi nuovi successivamente. Anche se ancora non si conosce la durata di questi cambiamenti, si tratta comunque di una scoperta di grande rilevanza per il trattamento dei pazienti affetti da tale disturbo.