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Scadenza dell’acqua, qual è la data da rispettare? Colpa della bottiglia

Pubblicato da
Salvatore Lavino

Come interpretare l’indicazione sulla data di scadenza dell’acqua imbottigliata e perché la sua presenza è molto importante per la salute.

Diverse bottiglie di acqua in plastica (Pixabay)

Scadenza dell’acqua, qual è la data alla quale fare riferimento? C’è un periodo temporale da dovere prendere come riferimento ed oltre il quale è fortemente consigliato non andare. Questo vale sia per le acque imbottigliate nella plastica che nel vetro.

E sia per quelle naturali che per quelle minerali, a prescindere dalla percentuale di effervescenza. In realtà è più con la plastica che bisognerebbe rispettare la scadenza dell’acqua, che ricopre in tutti i casi un periodo ben preciso, universalmente riconosciuto dagli esperti del settore.

La scadenza dell’acqua si aggira di solito tra un anno e tre anni dalla data di imbottigliamento. E l’involucro utilizzato fa la differenza. Molto spesso sul tappo è riportata la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”, una indicazione classica, se vogliamo, letta anche in tante altre situazioni.

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Scadenza dell’acqua, per quanto tempo si può conservare?

Delle bottiglie di acqua (Pixabay)

Nel caso della scadenza dell’acqua è possibile leggere il mese e l’anno oltre i quali si consiglia di non prolungare il consumo del prodotto. In questo caso però il termine corretto sarebbe più “termine minimo di conservazione” piuttosto che data di scadenza (introdotta invece dalla locuzione “da consumarsi entro”, n.d.r.).

Come detto, tra plastica e vetro vige una grande differenza. Il deperimento di bottiglie composte dalla plastica è più veloce e fa si che possa avere luogo una migrazione nell’acqua che berremo di fibre ed altre sostanze costituenti tale materiale ben prima rispetto al vetro.

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Che è decisamente più consigliato in quanto tale procedimento di migrazione risulta rallentato e poi questo materiale inquina molto meno e si può smaltire con maggiore facilità rispetto alla plastica. Il processo di migrazione di sostanze chimiche nell’acqua risulta accelerato nei casi di conservazione cattiva o non consona del prodotto.

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Ad esempio quando l’acqua risulta esposta a fonti di calore dirette e ravvicinate, ad ambienti non freschi ed al riparo dalla luce del sole e ad altre situazioni simili. Bere acqua così contaminata nel lungo periodo contribuisce ad esporre l’organismo a specifiche patologie dell’apparato digerente ed anche delle vie respiratorie.

Salvatore Lavino

Classe 1985, giornalista pubblicista con una più che decennale esperienza nel settore e con migliaia di articoli prodotti in merito ai temi più disparati. Attualmente impegnato con diverse collaborazioni che trattano di vari argomenti, tra ecologia, cucina, sport, attualità, benessere e molto altro.