La depressione e i disturbi dell’umore sono molto diffusi ma non sempre sono facili da diagnosticare, ecco perché può essere utile questo esame del sangue.
Si può soffrire di depressione o di disturbi dell’umore senza esserne consapevoli. D’altronde a tutti può capitare di essere depressi o di cattivo umore. Ma quando si può dire che siamo di fronte a un vero e proprio disturbo?
Di solito chi è in grado di diagnosticare queste problematiche sono gli specialisti e quindi gli psichiatri. Ma ancora oggi ci sono numerosi preconcetti su queste figure professionali, che spingono molte persone a rimandare o evitare la visita, pur sapendo di avere un problema reale.
Ma un buon compromesso che permetterebbe alla persona di stare più tranquilla ma allo stesso tempo di sapere se le sue ipotesi di un disturbo sono fondate o meno potrebbe essere questo esame del sangue.
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Come abbiamo detto, per diagnosticare un disturbo dell’umore o depressivo è necessario fare un colloquio clinico con uno specialista, il quale può utilizzare diversi strumenti, come ad esempio test diagnostici validati. Tra quelli più usati e diffusi vi è un questionario auto-riferito (BDI-II) molto semplice. Per i casi più difficili, invece, può essere utilizzato il MMPI-2.
Non tutti i pazienti, però, accettano di sottoporsi a questi test. Ma fortunatamente, con il progresso delle neuroscienze e della psicobiologia, oggi abbiamo più strumenti a disposizione per diagnosticare questo tipo di problematiche. A tal proposito, uno studio realizzato dai ricercatori dell’Università dell’Indiana, negli Stati Uniti, ha dato un forte contributo. Gli studiosi hanno messo in luce la presenza di biomarcatori in grado di prevedere gli episodi di depressione severa e il rischio di suicidio.
Per diagnosticare il problema basta isolare da un campione di sangue dei biomarcatori RNA. Dall’esito dell’esame sarà dunque possibile individuare la presenza o meno di un disturbo depressivo, ma anche la sua intensità, oltre a prevedere un possibile rischio di un futuro disturbo bipolare. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Psychiatry, è durato 4 anni e ha coinvolto oltre 300 partecipanti. Nell’arco dei quattro anni, il team di ricercatori è stato in grado di individuare i biomarcatori d’interesse e convalidare questo test diagnostico che si basa sul classico prelievo di sangue.
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Si tratta di un grande passo avanti all’interno del panorama clinico, in grado di offrire anche ai pazienti più “difficili” una possibilità meno invasiva e più oggettiva per poter diagnosticare problemi così delicati come la depressione e disturbi dell’umore, che molto spesso non vengono accettati da chi ne è affetto.