Si tratta di una filosofia orientale, deriva dal taoismo, ed è basata su un equilibrio interiore: il wu-wei è energia nello sport ma senza sforzo.
Si tratta di una filosofia orientale, deriva dal taoismo, ed è basata su un equilibrio interiore: il wu-wei è energia nello sport ma senza sforzo. Tale filosofia prende in esame la fluidità dei movimenti e un certo automatismo, in modo tale da non impegnare il cervello mentre si agisce. Sembra un paradosso, poiché è proprio il cervello a dare impulso ai muscoli per agire e muoversi. Grazie al wu-wei si riesce, invece, a muoversi senza sfruttare la mente.
Una filosofia studiata da secoli per fare in modo di sprecare poche energie mentali ma di rendere il massimo in termini di prestazione. Non bisogna pensare troppo, ma agire automaticamente, per raggiungere le massime prestazioni nelle attività, in questo caso applicate allo sport. Ma come è possibile? Sembra un po’ confusionaria, non trovate? Approfondiamo il discorso, prendendo in esame un articolo pubblicato sulla rivista Asian Journal of Sport and Exercise Psychology.
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Questo paradosso significa “azione senza sforzo” per avere le massime prestazioni in ambito sportivo. Non viene molto considerato in Occidente, eppure, questa disciplina, più che altro una filosofia, è particolarmente seguita e insegnata in Oriente, in tutte le scuole cinesi. In pratica, il wu-wei suggerisce una certa psicologia dello sport, fornendo consigli su come allenarsi mentalmente alle attività agonistiche.
Una mentalità non impegnata che aiuta gli atleti a perseguire gli obiettivi che si sono prefissati, riuscendo a ottenerli senza troppo sforzo. Ma l’assenza di uno stato cosciente come può influenzare l’azione dei muscoli? Un atleta deve agire psicologicamente su se stesso, facendo un lavoro di autoanalisi. Questo deve mantenere un atteggiamento quasi passivo verso gli ostacoli che deve affrontare.
Non concentrandosi sugli ostacoli, si affronta la gara in modo più sereno, senza paura dell’esecuzione. La paura di fallimento deve essere assente, così come sensazioni di gloria. E non ci deve essere la pressione agonistica, e questa modo di pensare viene insegnato dai genitori e dagli istruttori ai ragazzi. La riduzione delle preoccupazioni ovviamente stressa meno la mente e si riduce l’enfasi dello sforzo. Un altro punto da tenere presente è proprio l’enfasi dello sforzo.
L’enfasi dello sforzo deve essere spontanea, istintiva, in modo da allinearsi con le forze della natura e degli ambienti in cui si gareggia. Se si gareggia in piscina, si deve percepire l’acqua e non il corpo che sforza per nuotare. Facendo un lavoro di meditazione mirata, si sono notate prestazioni più efficaci e veloci da parte degli atleti.
Un pallavolista, invece, deve fare proprie le nozioni di elasticità o di riflessi che questo sport richiede. Tuttavia, è quasi impossibile non essere consapevoli di ciò che si sta facendo. Gli atleti entrano in pista per vincere, ed è questa l’obiezione di molti psicologi sportivi. La psico-educazione, lo yoga, il mantra sono visioni filosofiche che, molto probabilmente, noi occidentali facciamo fatica a capire.
Non le abbiamo radicate nella nostra cultura, come invece succede in Oriente, e per questo, tutto ciò potrebbe sembrarci assurdo. Ma seguendo le indicazioni di questa filosofia, la consapevolezza del “semplicemente esserci, senza giudizio”, potrebbe aumentare l’energia per svolgere una determinata prestazione.
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Il wu-wei è benefico mentalmente, perché riduce lo stress, seguendo semplicemente il flusso agendo implicitamente. L’automaticità svolge un ruolo importante nella filosofia wu-wei, improntando l’esercizio su una memoria muscolare implicita. Insomma, non si deve coinvolgere il sistema cognitivo per avere maggiore fluidità di movimento, aumentando così le possibilità di vincita in gara. Il corpo si trasforma in presenza dell’universo ed entra a contatto con l’ambiente circostante.