La sindrome di Peter Pan è una condizione che colpisce maggiormente gli uomini, vediamo cos’è, come riconoscerla e come contrastarla.
La sindrome di Peter Pan (neotenia psichica), si chiama proprio così perché richiama il personaggio creato dallo scrittore britannico James Matthew Barrie nel 1902 e successivamente divenuto famoso grazie alla trasposizione animata di Disney. Come il protagonista di questa storia, le persone che sono affette dalla sindrome, non vogliono crescere o hanno paura di crescere. Questi soggetti infatti non sono in grado di prendersi responsabilità e restano di fatto immaturi. Il termine è stato coniato negli anni ’80 dallo psicologo Dan Kiley.
La sindrome di Peter Pan può derivare da diversi fattori:
- Atteggiamenti estremi dei genitori: se infatti sono iperprotettivi, può comportare l’ostacolo dello sviluppo di attitudini necessarie per affrontare la realtà; al contrario, un atteggiamento troppo distaccato e permissivo, non aiuta il ragazzo a capire la gravità delle proprie azioni.
- Opportunità lavorative scarse e poco stimolanti.
- Dipendenza economica dei genitori
- Eventi traumatici
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Come superare la sindrome di Peter Pan
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non riconosce ancora ufficialmente questo disturbo psicologico, tuttavia è molto frequente e comune oggigiorno, soprattutto negli uomini. Un soggetto avente questa sindrome non vuole diventare adulto poiché considera gli adulti ostili in primis. Infatti i comportamenti che di solito tiene sono: egocentrismo, procrastina gli impegni, cura l’aspetto fisico, ha autostima bassa e non ama la solitudine.
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Non è una vera e propria malattia e quindi non esiste una terapia o un trattamento. La maggior parte delle volte succede anche che chi ne soffre, non ne sia consapevole. La prima cosa da fare sarebbe abbandonare i tratti tipici dell’infanzia e poi iniziare a piccoli passi a prendersi delle responsabilità, come impegni quotidiani da portare a termine. In questi casi l’aiuto di una specialista è sempre la cosa più adatta da fare. Un professionista può infatti aiutare la persona nell’autoanalisi e indentificare gli atteggiamenti su cui lavorare e guidare il soggetto verso una maggiore consapevolezza.