Perdita di memoria dopo i sessanta: è la strada per la demenza senile? Degli studi svolti di recente dimostrano che non necessariamente è così
La memoria è costitutiva della nostra identità. I nostri ricordi definiscono la persona che siamo, questo perché la strada percorsa ci ha portato dove siamo fin ora. La memoria può essere di due tipi, a breve e a lungo termine. La memoria a lungo termine è una sorta di scatola nera in cui custodiamo più o meno gelosamente tutto quello che fummo, i ricordi a lungo termine, quelli di bambino, o quelli di quella lontanissima estata al mare di quindici anni fa. La memoria a breve termine è quella stimolata ogni giorno nelle faccende quotidiane, quando facciamo questo o quell’altro, quando dobbiamo ricordarci le varie ed eventuali: il codice pin per accedere chissà dove, la via dove mi aspettano gli amici, l’ora della riunione di condominio. Questa seconda memoria può essere allenata ma è anche più sottoposta a danni.
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Perdita di memoria dopo i sessanta, c’è paura sia demenza
Un declino delle facoltà mnemoniche può intervenire a partire dai sessant’anni, data canonica che si usa per considerare i primi sintomi della demenza. Infatti, una delle prime cose a cui si pensa quando ci si rende conto di un peggioramento delle qualità cognitive è proprio questo, l’inizio della demenza. In realtà il collegamento tra le due cose non è assolutamente così immediato, ed anzi.
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Per perdita di memoria si intende un peggioramento delle qualità mnemoniche, difficoltà a ricordarsi dettagli anche banali della vita quotidiana. Tali peggioramenti solitamente sono riscontrati dall’intero nucleo familiare e vengono confermati da una diagnosi clinica. Non è automatico però che da questi sintomi si arrivi alla demenza. La demenza è un deterioramento delle facoltà cognitive, fino alla compromissione della normale vita quotidiana.
L’importante rimane quindi non farsi prendere dal panico e cercare modi di tenere attiva la mente, per poter allenare la memoria.