È in atto una crisi tremenda e che non si vedeva da anni, che investe tanti beni di prima necessità con rincari a volte impossibile da tamponare, i motivi.
I rincari delle materie prime, sia in ambito alimentare che non, avranno un peso considerevole sulle nostre tasche nel corso del 2022. Ma già nelle ultime settimane la cosa si è fatta sentire in negativo. Specialmente al Nord Italia infatti il prezzo del pane ha superato i 2 euro al chilo, per via dell’aumento del costo del grano.
L’Italia importa tale bene di prima necessità dall’estero, in particolar modo dal Canada, che è il primo produttore mondiale e che sa solo occupa più della metà del mercato globale. La pasta italiana è fatta per oltre il 90% con grano canadese o comunque estero. Ed anche la pasta aumenta, per via dei rincari.
I raccolti nel corso degli ultimi mesi sono stati funestati da eventi nefasti come incendi, siccità ed anche alluvioni. Situazioni il più delle volte impreviste perché avvenute fuori stagione, con la cosa che può essere facilmente collegata alle conseguenze del cambiamento climatico.
Rincari, i piccoli soggetti devono chiudere
Fatto sta che la scarsità di materie prime genera un aumento della domanda che arriva a superare l’offerta. E quando ciò avviene, ecco nascere i rincari, che hanno un effetto farfalla estremamente negativo anche qui da noi in Italia, adesso.
Basti pensare a ciò che sta avvenendo in Sardegna, dove l’Associazione Panificatori locale ha esposto tutte le problematiche vissute nel corso del 2021 e parla di come i piccoli panettieri stiano quasi tutti quanti chiudendo.
Oltre ai problemi legati alla continuità – con le nuove generazioni che sempre meno sono propense a raccogliere il retaggio di mestieri nobili ed antichi come questo – ci sono quelli legati al costo del grano.
Problemi a catena
Sia quello tenero per fare il pane che quello duro indicato per la pasta sono praticamente raddoppiati. Il prezzo è salito a 70 centesimi di euro dai 40 di media. Il grano autoctono, che serve ad esempio per il celebre Pane Carasau, per il Coccoi e per il Civraxiu, arriva a malapena al 20% di quello che è il fabbisogno dell’intera Sardegna.
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Si deve procedere per forza con l’importazione, non solo dal Canada ma anche da altri Paesi come Russia, Polonia e Francia. E sempre al doppio rispetto ad un anno fa. A subire i rincari sono però anche le bollette, con i costi di acqua, gas e corrente elettrica schizzati alle stelle come non accadeva dal 2009.
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Anche sostenere queste spese rappresenta una difficoltà ulteriore per i produttori, e chi non ce la fa deve chiudere. Pure le enormi problematiche legate alla pandemia ci hanno messo del loro, ed anche i carburanti hanno raggiunto prezzi che non si vedevano dalla precedente crisi economica del 2008.