La felicità è uno stato d’animo soggettivo, così come tutti i sentimenti che proviamo nel corso della nostra vita, eppure secondo alcuni studi il fatto di essere o meno felici è una questione che coinvolge anche i geni, come se avessimo una propensione a tale sentimento fin dalla nascita.
Chiedimi se sono felice è il titolo di un film del 200o del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, durante il quale i protagonisti si interrogano e indagano sul significato della felicità.
Eh sì, perché la felicità è qualcosa di astratto e intangibile: non lo si può toccare o vedere, però può essere rappresentato nei quadri oppure essere indagato nei libri o nei film; altre volte, invece, si concretizza a seguito di una serie di circostanze e situazioni.
La felicità è quindi qualcosa di complesso e di difficile comprensione, ed è per questo che numerosi studiosi hanno affrontato la questione cercando di capire perché alcune persone sono più felici rispetto ad altre.
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Secondo un articolo pubblicato su Review of General Psychology nel 2005, il 50% della felicità delle persone è determinata dai loro geni. Il restante 10% dipende dalle circostanze e il 40% dall’”attività intenzionale”, vale a dire se si è persone positive o meno e, di conseguenza, da come si reagisce a determinate situazioni.
Dunque natura e cultura entrano sempre in relazione tra loro e si influenzano a vicenda: il nostro comportamento è dettato dai geni e quindi anche grazie al mio DNA io compierò determinate scelte che mi porteranno a relazionarmi in un certo modo con le persone e con l’ambiente circostante. Al tempo stesso, però, anche l’ambiente influisce sul DNA: basti pensare alla situazione pandemica che stiamo vivendo e al fatto che attualmente le donne in gravidanza sono esposte al COVID-19 e quindi i geni dei loro bambini cambieranno di conseguenza.
Un altro studio proviene dagli Stati Uniti, più precisamente dal College of Arts and Sciences della University of North Carolina. Secondo i ricercatori guidati da Barbara L. Fredrickson, docente di psicologia presso l’università americana, la felicità non sempre nasce allo stesso modo e ha degli effetti diversi sulla nostra salute psicofisica.
L’analisi è partita dalla considerazione che si conoscono due diversi tipi di benessere: eudemonico ed edonico.
Entrambi sono associati a una salute fisica mentale migliorata per effetto della riduzione dei livelli di stress e depressione. Nonostante ciò, esistono poche informazioni sulla base biologica di questi stati d’animo.
Lo studio, quindi, ha proseguito indagando sull’influenza biologica di entrambi i tipi di felicità attraverso il genoma umano.
Ne è emerso che il senso di felicità collegato a uno scopo nobile o ad un’azione corretta è associato alla riduzione dell’espressione del gene Ctra correlato allo stress. Al contrario, il benessere edonistico è associato all’aumento dello stesso gene: in questo caso alla base della felicità sta l’autogratificazione.
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Barbara L. Fredrickson, al termine dello studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, conclude così: “Le attività quotidiane forniscono una felicità a breve termine che a lungo termine provoca conseguenze fisiche negative. Siamo in grado di rendere felici noi stessi attraverso i piaceri semplici, ma queste “calorie vuote” non costruiscono un beneficio fisico. A livello cellulare, il nostro corpo sembra rispondere meglio a un diverso tipo di benessere, basato su un nobile scopo”.
Serena Ponso