Per una corretta conservazione dell’olio servono spesso dei consigli pratici, essendo alcune cose lontane dall’intuizione
Lo chiamano “l’oro giallo”: immaginiamo dunque non sia un caso. Infatti è alla base delle nostre diete, fatto salvo per alcuni tenori di vita particolari. Ad ogni modo, è presente in quasi tutte le case. La conservazione però di questo materiale non è spesso così facile, essendo assai facile alla degradazione.
Il limite massimo di conservazione è indicato nei diciotto mesi ma non sono rari i casi in cui le proprietà organolettiche vengano perse prima e questo acquisti sentori rancidi e decisamente poco piacevoli. Alla sua degradazione contribuiscono fattori quali la luce, l’aria e il caldo e il freddo.
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Per prima cosa, occupiamoci dell’aria e della luce. In lattina, ermeticamente chiuse, queste possono sopravvivere fino a quindici mesi. Non appena le lattine vengono aperte, si formano perossidi e vengono innestate una serie di reazioni chimiche a catena che causano la formazione di sostanze che provocano il sapore rancido, tutto ciò a causa dell’attivazione degli enzimi lipasi e di processi ossidativi.
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Per cui, una volta aperte le lattine, l’ideale è travasare l’odio in bottiglie scure, ben pulite. Riempile fin all’orlo e chiudile bene. Un trucco è quello di avvolgere le bottiglie con dell’alluminio per tenere l’olio ancora più in condizione di buio.
La temperatura ideale di conservazione è una temperatura costante tra i quattordici e i ventidue gradi, ben lontano da fonti di calori. Altra diritta è quella di mantenere lontano l’olio da cattivi odori: questo, essendo un alimento grasso, con buona probabilità finirebbe per assorbirli tutti.
Serena Garofalo