Chi ha pochi amici di solito è più intelligente: in un mondo dove l’essere in rete è fondamentale, occorre riscoprire il ruolo della solitudine.
Come canta Francesco Gabbani nella recente canzone siamo “in rete tutti i giorni“: una frase breve e lapidaria che bene riassume la società attuale. Senza voler fare grandi tirate e proclamarmi in sommi giudizi, mi limiterò ad osservare il vero. Essere nella rete, ossia circondati da presenze, virtuali o meno, è indispensabile. Dobbiamo stare con gli altri, apparire per gli altri, essere qualcosa per gli altri: che è pure vero, come diceva qualcuno, che l’uomo è un animale sociale ma ho i miei dubbi che intendesse fino a questo punto.
L’impressione è che, nella spasmodica ricerca dell’esterno, qualcosa in noi si sia perso. Stare da soli ora ci mette in imbarazzo con noi stessi perché ci sentiamo belli esposti e vulnerabili, come se ancora fossimo ad uno stato brado dove, chi è solo, è fisicamente più debole. Non contiamo poi se siamo solo in un contesto pubblico: ecco, ora faccio la figura dello sfigato.
Dovremo liberarci da questi pregiudizi, accettare la solitudine come una condizione normale. Condizione, anzi che addirittura alcuni preferiscono. Queste persone, si dice, sarebbero addirittura più intelligenti del resto.
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L’ipotesi che spiegherebbe perché chi ha pochi amici è più intelligente
Ovvio non ci si deve aspettare che tutti gli intelligenti siano geni solitari un po’ maledetti alla Lord Byron, semplicemente preferiscono la compagnia di sé, rispetto a quella altrui.
Questa predisposizione si potrebbe spiegare con la cosiddetta “teoria della savana“: chi, nel tempo preistorico, era in grado di svolgere un compito da solo aveva più possibilità di sopravvivenza. L’assioma è semplice: sono così intelligente da poter sbrigare le mie faccende da solo, quindi degli altri non ho bisogno.
Guardiamo anche un altro lato: se a questo punto una persona solitaria si apre a noi e si dimostra felice in nostra compagnia, possiamo dire che questa sia davvero felice con noi, e lo sia genuinamente, non certo perché ha bisogno di noi in qualche modo.
Serena Garofalo