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Cambiamento climatico: il piano B sta in una banca dei semi

Pubblicato da
Redazione Inran

Il cambiamento climatico si combatte con le piccole cose di tutti i giorni. Intanto, in Nord Europa si conservano i semi. Per tutto il mondo.

(Foto: Pexels)

Gli eventi che nelle ultime settimane hanno devastato il Pianeta e preoccupato noi tutt* sono l’effetto del cambiamento climatico. Gli ombrelli sono superflui e i danni ormai non si contano più. La siccità imperante, con conseguenti uragani, frane, tempeste di grandine da far impallidire un po’ tutto il mondo è, cioè, il risultato della nostra politica di sviluppo. Però ogni tanto una buona notizia su come combattere il cambiamento climatico c’è e stavolta arriva dalla Norvegia. Con un rifugio per colture, o meglio, semi. Al di là dalle tragedie, la risposta globale è proteggere la biodiversità.

La biodiversità come conseguenza del cambiamento climatico

(Foto: Pexels)

Più di 10mila. È il numero che nel 2008 “la cassaforte delle piante” è riuscita ad archiviare. A poco meno di 10 anni di distanza le specie protette erano salite a oltre 860mila, per ben 500 esemplari.

Tra queste ci sono i semi di alcuni degli alimenti più importanti e diffusi: come riso, mais, cocco, patate e mele e alcune delle loro varianti. Per difenderne e migliorarne il patrimonio genetico.

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Obiettivo? Offrire un rifugio sicuro alle colture che risiedono sulla Terra. Non solo in caso di calamità naturale ma anche di tragedie umane come le guerre.

La banca più importante al mondo si trova incastonata nella roccia di una delle isole Svalbard, a ben 130 metri sopra il livello del mare. I semi vengono conservati in piccole buste di alluminio e poi “casse-freezer” per proteggerli da umidità e sbalzi di temperatura.

Cambiamento climatico in Italia: uno sforzo globale

(Foto: Pexels)
Quella del Svalbard Global Seed Vault è una storia d’amore. Perché, come ha detto l’ex Presidente della Commissione UE, José Manuel Barroso «È un giardino dell’Eden ibernato. Un luogo dove la vita può essere mantenuta in eterno, qualsiasi cosa succeda nel mondo.»
E infatti tempo fa la stampa prese questa notizia come la conferma che ci stavamo preparando ad una catastrofe globale.Il sito, la cui costruzione è iniziata nel 2006 sotto l’egida degli Stati Scandinavi, riceve infatti fondi da ogni parte del mondo, anche dall’Italia. Nel comitato consultivo si trovano i rappresentanti di alcuni dei più importanti organi di competenza in materia, come, ad esempio, la FAO.

Superdeposito di semi: come funziona

(Foto: Pexels)

Inoltre il “caveau vegetale” è in grado di proteggersi naturalmente, utilizzando il carbone estratto localmente per il mantenimento della refrigerazione.

E in caso di catastrofe? Niente paura, lì, a 1000 metri dal Polo Nord, potrebbero volerci settimane prima che la temperatura interna raggiunga quella esterna, che è, comunque, inferiore allo 0 (e non oltre i -3,5 °C).

A queste condizioni, i ricercatori sanno che i semi di girasole saranno in grado di resistere per ben 55 anni, anche senza un sistema di raffreddamento. Che salgono a 10mila per i semi di pisello e a qualche migliaia per le granaglie.

Un servizio inestimabile e facilmente alla portata di tutti, se pensiamo che, tra le conseguenze più importanti del cambiamento climatico, ci sono anche la siccità, con conseguente desertificazione e invasione di insetti infestanti ,e l’erosione delle coste, fenomeno che interessa anche tutti i Paesi del Mediterraneo, tra cui l’Italia.

Se a questo aggiungiamo anche la necessità di ridurre gli allevamenti intensivi, per dedicarci alla produzione di hamburger vegani, l’esistenza di un deposito dei semi si fa ancora più cruciale.

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Perché abbiamo bisogno di stoccare i semi

(Foto: Pexels)

Se vi intendete di giardinaggio, allora sapete che in inverno, i bulbi vanno protette dalle gelate. Ma se allarghiamo la prospettiva al generale, ci renderemo conto che, per una pianta la vita è più fragile e breve di quanto pensiamo.

Nel 2008, l’archivio vegetale delle Filippine è stato danneggiato dalle inondazioni e 6 anni dopo distrutto da un incendio, mentre in Afghanistan e Iraq sono state cancellate nel corso di anni di conflitti.

E poi carestie, uragani, terremoti, inondazioni ed esplosioni nucleari.

Nel 2015, il fondo di sicurezza è stato interpellato dai ricercatori vicino Aleppo, in Siria. Una delle zone più aride al mondo e già piagata dalla guerra, ha così ottenuto una copia dei propri semi per reimpiantarli.

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La Ica

Redazione Inran