Vestiti e accessori organici sono sempre esistiti ma solo da qualche anno alla moda green si sono interessati aziende del fast-fashion e brand del lusso.
Sarà merito della “nuova ondata ambientalista”, ma da qualche anno anche le grandi aziende della moda economica hanno iniziato ad interessarsi all’abbigliamento eco, seguite a ruota dai grandi marchi del luxury. Negli ultimi anni: sono state create nuove fibre, è stato promosso il riciclo ed è stato detto no a pelle e pellicce. Ma moda green non significa sempre tessuti organici, che a volte non sono affatto ecologici; vuol dire soprattutto sostenibilità e comportamenti etici. Ecco perché può essere praticata da tutt*, anche nel nostro piccolo.
Che cos’è la moda green
Più che essere composta da capi ed accessori in materiali organici, la moda sostenibile dev’essere il risultato di best practices, ad esempio ecologiche o cruelty-free.
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Alcune aziende sono interessate ad abbattere i consumi d’acqua dei loro processi produttivi o l’impronta di carbonio generata dai trasporti, altre, invece, si concentrano sull’attivazione di progetti etici, per rinverdire o ripulire il pianeta o dare lavoro a comunità di artigiani nei Paesi in via di industrializzazione.
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Le fibre più ecologiche
In Italia sono green le fibre come il lyocell, il repurposed denim e il poliestere da bottiglie di plastica. Il cotone organico, infatti, arriva da piantagioni presenti in Cina, India, USA o Pakistan, ecco perché acquistare locale è più sostenibile.
Per altri, le fibre più ecologiche sono proprio quelle organiche, come lana, canapa, lino e pelle, per via della loro capacità di resistere più a lungo nel tempo alle sollecitazioni.
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La moda green è anche quella che cerca di riutilizzare e riciclare. Alcuni marchi si sono impegnati nel riciclo dei rifiuti per la generazione di nuove fibre, altri, invece, incentivano la raccolta dei capi dismessi.
Sostenibili sono anche i prodotti fatti a mano, l’uso delle tinture naturali per donare nuova vita a un vecchio acquisto e gli accessori acquistati dalle piccole imprese. Per chi non è brav* con ago e filo, esistono i mercatini dell’usato e le piattaforme di baratto e swapping.
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La Ica