Le dimensioni dei calcoli al fegato possono essere variabili, ovvero da pochi millimetri fino a raggiungere qualche centimetro. Se restano sufficientemente piccoli, il malato può non manifestare una sintomatologia correlata al problema, ma in determinati casi, si possono manifestare forti dolori addominali.
Questi dolori poi si irradiano verso il fianco e nella parte alta in prossimità delle spalle. Queste manifestazioni prendono il nome di coliche, e possono avere una durata di qualche decina di muniti, oppure possono manifestarsi anche per delle ore.
In presenza di calcoli al fegato, si possono manifestare dolori alla bocca dello stomaco, difficoltà nella digestione, gonfiore all’addome, aerofagia ed eruttazione. Se oltre ai calcoli è presente anche una infezione, ovvero la colangite, questa può conferire al malato un colore giallastro alla propria pelle ed alla mucosa. Si possono dunque associare nausea, dolore biliare e febbre più o meno elevata.
I calcoli al fegato, possono dare origini a complicazioni, i quali colecisti, ovvero infiammazione della cistifellea. Oppure si può avere l’ostruzione delle vie biliari a causa della migrazione di calcoli nelle vie biliari, la perforazione della colecisti e la peritonite.
La calcolosi potrebbe anche comportare pancreatite acuta biliare, a causa delle concrezioni che vanno ad ostruire il dotto pancreatico. La presenza di tale malattia si diagnostica tendenzialmente tramite ecografia addominale, e nei casi di calcoli difficile da diagnosticare, il malato verrà sottoposto a risonanza magnetica.
In presenza di calcoli al fegato sintomatici, o complicati da trattare farmacologicamente, può essere risolutivo l’intervento chirurgico tramite tecniche mini-invasive. Un esempio è la laparoscopia, oppure si può procedere con la calangio-pancreatografia retrograda endoscopica. In casi semplici da trattare, si somministrano al malato gli acidi biliari, come ad esempio l’acido ursodesossicolico, una sostanza in grado di sciogliere determinati calcoli.
Un altro approccio molto utile è la litotrissia extracorporea, una procedura che utilizza le onde d’urto acustiche per cercare di frammentare i calcoli presenti nel fegato, in parti molto piccole, capaci di passare mediante i dotti biliari.
Una volta effettuati gli esami di routine, ovvero quelli ecografici, se questi risultano positivi, non vengono richiesti al paziente ulteriori esami di conferma per i calcoli al fegato. Contrariamente, se l’esame ecografico da esito negativo, possono essere richiesti ulteriori esami, come la calangiografia ad esempio.
Con altri cateteri, è possibile effettuare manovre terapeutiche come ad esempio l’estrazione del calcolo se questo è di dimensioni ridotte, oppure il drenaggio della bile di itteri ostruttivi, sia di origine benigna che maligna.
Attraverso una semplice radiografia addominale, è possibile visualizzare solo la presenza di calcoli al fegato ed anche quelli pigmentari, ma non quelli che sono ricchi di colesterolo.