Stando a una nuova ricerca condotta dall’Università dell’East Anglia (UEA), il sostegno da parte di capi e colleghi, nonché un atteggiamento positivo, consentiranno con ogni probabilità un ritorno al lavoro più a lungo termine da parte del dipendente che è stato assente per malattia.
Lo studio ha avuto il merito di valutare l’impatto di fattori personali e sociali applicati al ritorno “sostenibile” al lavoro dopo una cattiva salute dovuta a disturbi muscoloscheletrici, come dolori articolari e alla schiena, e comuni condizioni di salute mentale, come lo stress, la depressione o l’ansia. Ha inoltre confrontato gli effetti di questi fattori tra i due tipi di condizioni, che sono riconosciute come le cause più comuni di assenza per malattia nei Paesi sviluppati.
Ebbene, è emerso che i fattori personali e sociali hanno svolto un ruolo nel consentire un ritorno sostenibile al lavoro dopo una malattia. Tuttavia, un ritorno sostenibile al lavoro non sembra essere il risultato di un unico fattore: sembra invece essere influenzato da una combinazione di molteplici fattori.
I ricercatori della Norwich Business School dell’UEA e dell’Università di Uppsala in Svezia hanno infatti scoperto che la prova più consistente per ottenere un ritorno sostenibile al lavoro è il sostegno dei manager o supervisori e collaboratori, unitamente a un atteggiamento positivo da parte degli stessi dipendenti e l’acquisizione di una fiducia nelle proprie capacità di raggiungere un obiettivo o un risultato.
L’autore principale dello studio, Abasiama Etuknwa, ricercatore post-laurea presso l’UEA, ha dichiarato che questi risultati aiuteranno a capire quali fattori possono favorire o ostacolare un ritorno sostenibile al lavoro. La relazione tra l’ambiente sociale e fattori personali sembrano infatti avere un impatto positivo sul ritorno alla normalità: per questo motivo è essenziale “promuovere una cultura del sostegno sul posto di lavoro, una cultura che faccia sentire i lavoratori che rientrano come apprezzati, degni e non necessariamente accusati della loro assenza”.
Un approccio che potrebbe avere effetti economici molto positivi, considerato che il costo economico delle assenze per malattia aumenta di anno in anno. L’assenza prolungata per malattia è associata a una ridotta probabilità di ritorno al lavoro, una situazione che evidentemente diventa onerosa per i datori di lavoro, aumentando l’urgenza di sostenere i lavoratori a rientrare presto sul proprio posto di occupazione.
Il coautore Kevin Daniels, professore di comportamento organizzativo all’UEA, ha aggiunto che per poter ridurre i costi legati all’assenza per malattia e ridurre il rischio di disabilità a lungo termine associata all’assenza prolungata dal lavoro, c’è una grande necessità di una migliore comprensione dei fattori che impediscono o facilitano un ritorno sostenibile al lavoro per il personale malato, con disturbi muscoloscheletrici e disturbi mentali comuni.
Rammentiamo come studi precedenti abbiano già dimostrato come lavori di scarsa qualità possono causare problemi di salute. Tuttavia, ci sono anche forti evidenze che lavori di buona qualità, ad esempio quelli che consentono un ragionevole equilibrio tra lavoro e vita privata, rappresentano una componente importante per una rapida guarigione dopo episodi di cattiva salute e sono generalmente benefici per la salute fisica e mentale.
Altri fattori personali identificati come fattori che incidono sul ritorno al lavoro sono lo status economico/reddituale, la durata dell’assenza per malattia e il contratto di lavoro/sicurezza del posto di lavoro. Non vi sono invece prove consistenti del fatto che il ritorno al lavoro incida a seconda che il lavoratore sia uomo o donna.
Fonte
Personal, social factors play role in enabling sustainable return to work after ill health – uea.ac.uk