Risale al congresso ESC/ESH (European Society of Cardiology/European Society of Hypertension), pubblicate sullo European Heart Journal) tenutosi a Monaco dal 25 al 29 agosto 2018 l’ultima revisione delle linee guida sull’ipertensione.
Quali sono i principali cambiamenti apportati a riguardo?
Cominciamo pure col dire che l’ipertensione, da sempre fattore di rischio riconosciuto per le patologie cardiovascolari, riveste tutt’oggi un ruolo importantissimo nell’eziopatogenesi delle stesse che restano ancora, infatti, la principale causa di morte nei paesi sviluppati; un ruolo non meno importante però detiene nelle lesioni dei cosiddetti organi bersaglio.
Gli effetti secondari, a lungo termine, dell’ipertensione restano infatti preoccupanti e compartecipano tutti a rendere la stessa una malattia cronica dalle conseguenze fortemente debilitanti. Tra gli apparati maggiormente colpiti e degni di nota:
https://www.inran.it/ipertensione-prima-dei-40-anni/52621/
Si definisce Ipertensione negli adulti la presenza di una pressione arteriosa sistolica (PAS), anche conosciuta come “la massima”, maggiore di 140 mmHg e di una pressione arteriosa diastolica (PAD), altresì conosciuta come “la minima”, maggiore di 90 mmHg. Prima di questi valori e al di sopra degli ottimali 80/120 mmHg, si definisce la pressione come Normale-Alta.
Ed è proprio in questo range di valori che le nuove linee guida ESC/ESH apportano i primi cambiamenti sottolineando l’importanza di cominciare fin da subito il trattamento farmacologico, a discapito di quelle che invece erano le norme igienico-dietetiche che erano prima previste, per i pazienti con pressione Normale-Alta (130-139/85-89 mmHg) e per quelli con rischio basso-moderato e ipertensione di grado 1 (140-159/90-99 mmHg) comprendendo gli individui tra i 65 e gli 80 anni per i quali, in precedenza, era accettabile solo un cambiamento nello stile di vita.
Rispetto alle precedenti linee guida si abbassano i nuovi da target ritenuti ottimali da raggiungere per il paziente iperteso; nello specifico si raccomanda l’abbassamento della PAD al di sotto degli 80 mmHg in tutti i pazienti indipendentemente dall’età purché questo sia, ovviamente, ben tollerato dal paziente stesso e tenendo quindi conto di personalizzare comunque la terapia anche a seconda delle caratteristiche di fragilità, di autonomia e di comorbilità del singolo caso. Ci si propone, inoltre, di abbassare la PAS al di sotto di 130 mmHg negli adulti fino ai 65 anni e al di sotto di 140 mmHg al di sopra dei 65 anni (ad eccezione dell’anziano fragile con basso rischio cardiovascolare e gradi 1 di ipertensione per il quale viene ritenuta accettabile anche una PAS dai 150 mmHg in giù).
Viene d’altra parte consigliato di non abbassare la PAS al di sotto di 120mmHg in nessun caso in quanto i rischi supererebbero i potenziali benefici.
“Two is mejo che one” citava una vecchia pubblicità di gelati e lo stesso slogan potrebbe oggi addirsi alle nuove linee guida ESH/ESC in materia di modalità di trattamento. A dispetto infatti delle vecchie abitudini di prediligere l’inizio del trattamento con un solo farmaco e poi, eventualmente, associarne un secondo o /e un terzo, oggi la Società Europea di Cardiologia preme affinchè si cominci da subito con una associazione di due farmaci antipertensivi contenuti in un’unica compressa al fine di normalizzare il prima possibile la pressione, di facilitare l’aderenza del paziente al trattamento e di distaccarsi da quell’inerzia terapeutica per cui i medici della vecchia generazione sembravano rimanere ancorati ad una terapia a gradini che nell’80% non copriva adeguatamente le necessità del paziente iperteso né veniva attuata correttamente considerando che, all’aumentare dei farmaci prescritti, ovviamente calava la compliance terapeutica del paziente. Resta ovviamente una possibilità l’aggiunta di un terzo farmaco qual ora la pressione risultasse ancora non ben controllata e, infine, di un diuretico (per esempio lo spironolattone, l’eplerenone, l’amiloride etc.) da aggiungere ai tre precedentemente prescritti, nel caso di ipertensione resistente.
In ultimo, ma non per importanza, abbiamo il dovere di sottolineare quanto sia importante condurre uno stile di vita sano per prevenire le conseguenze dell’ipertensione e in prima linea gli accidenti cerebrovascolari che, anche ma non solo da questa, provengono e per ritardare il più possibile, ove previsto, il ricorso ai trattamenti farmacologici. I più importanti accorgimenti da mettere in pratica sono dunque: