Se in un soggetto è presente tale fattore, si dice che il suo gruppo sanguigno è Rh positivo. Al contrario se i suoi globuli non lo presentano il suo gruppo sanguigno sarà definito Rh negativo.
Quest’ultimo carattere è eccessivo e si esprime come tale in soggetti omozigoti. Questo significa in individui figli di genitori che possiedono un allele Rh, ma che non sono necessariamente Rh negativo.
Nel caso contrario, con genitori eterozigoti il fattore ereditario è di tipo mendeliano. Quindi avranno in ogni concepimento circa il 25% delle probabilità di avere figli omozigoti con Rh negativo.
Essere al corrente del proprio Rh è una cosa molto importante per la compatibilità delle trasfusioni sanguigne. Gli anticorpi anti Rh vengono prodotte dopo una prima trasfusione con sangue Rh positivo. Questo perché l’antigene non è presente nell’ambiente.
Un soggetto omozigote con Rh negativo può ricevere sangue solo da un altro omozigote con lo stesso Rh, ma allo stesso tempo può donare il proprio sangue a soggetti eterozigoti con Rh positivo.
RH e gravidanza
In passato il fattore Rh era la principale causa di patologie molto comuni nei neonati.
Al nono mese di gravidanza vi è un passaggio di anticorpi utili per il nascituro, attraverso il sangue della madre verso il feto, ma gli anticorpi prodotti contro il fattore Rh possono determinare danni al neonato. Il fattore Rh come abbiamo detto è un antigene geneticamente determinato. Se una donna possiede Rh negativo, partorirà alla prima gravidanza un bambino con Rh positivo, ed inoltre è possibile che i globuli rossi del feto con l’antigene Rh entrino nel circolo sanguigno della mamma.
Questo a sua volta reagirà producendo anticorpi contro l’antigene estraneo, che rimarranno presenti nel proprio sangue. Tale reazioni rientra a far parte delle reazioni di ipersensibilità.
In caso di seconda gestazione invece, gli anticorpi prodotti e trasferiti dal sangue al feto, nel caso di Rh positivo, attaccheranno i globuli rossi del feto distruggendoli. Questo evento può essere fatale sia prima che dopo la nascita, oppure potrebbe determinare la comparsa di malattie del sistema nervoso centrale del neonato.
Attualmente i problemi che potrebbero manifestarsi nel secondo figlio sono arginate attraverso l’iniezione nella madre Rh entro 72 ore dal primo parto, di anticorpi specifici in grado di bloccare l’antigene.
Tale procedimento deve essere effettuato per ogni gravidanza successiva alla prima esposizione della madre all’Rh.
Esami diagnostici in gravidanza
Se state aspettando un bambino vi verrà richiesto un test molto facile da eseguire per sapere se siete Rh positivo o negativo.
Nel caso di Rh negativo vi verrà richiesto di effettuare il test degli anticorpi, per comprendere se nel vostro organismo sono presenti o meno gli anticorpi contro il fattore Rh.
Se questi sono presenti significa che in passato siete stati esposti al sangue Rh positivo, e dunque siete a rischio di incompatibilità vostro figlio.
L’esame di riferimento prende il nome di Coombs ed è il test standard per diagnosticare gli anticorpi anti Rh in donne sensi verso il sangue Rh (d) positivo.
Se siete Rh ma non avete gli anticorpi per il fattore Rh, anche il padre del bambino dovrà effettuare i test per comprendere se è Rh negativo o positivo.
Se il padre risulterà Rh positivo, il bambino avrà il 50% delle possibilità di essere Rh positivo, quindi vi è un rischio elevato di incompatibilità.
Nel caso inverso, in presenza di un padre con Rh positivo, il ginecologo effettuerà solo l’esame di amniocentesi.
Fonti e bibliografie
- Biochimica Clinica e Medicina di Laboratorio. M. Ciaccio, G. Lippi; Ed. Edises; 2018
- Rugarli. Medicina interna sistematica. Estratto: Malattie del sistema endocrino e del metabolismo. C. Rugarli; Ed. EDRA; 2018
- Immunologia cellulare e molecolare. Abul K. Abbas, Andrew H. Lichtman , Shiv Pillai; Ed. EDRA; 2018