Il deficit della percezione caratteristico di questa patologia coinvolge la ricognizione e il riconoscimento dei volti. I pazienti che hanno questo problema non riescono a riconoscere i volti nel loro insieme.
Teorie e certezze
A causare la prosopagnosia è una lesione fisica, generalmente bilaterale, anche se in alcuni casi può presentarsi come una lesione della sola parte destra, che coinvolge la giunzione temporo-occipitale.
Tra i grandi ricercatori che si occuparono di studi approfonditi sulla malattia, troviamo Jean-Martin Charcot e John Hughlings Jackson. A stabilire molti tratti della malattia, e anche a dargli il nome, fu il neurologo tedesco Joachim Bodamer, nel 1947. Inizialmente si pensava solo a qualche caso, poi si è scoperto che la malattia è più diffusa.
La percezione del viso, nel suo riconoscimento, è stata ampiamente studiata e oggi sappiamo molto sulla malattia. Questa patologia può manifestare diverse fasi, ma anche diversi livelli. Gli studiosi hanno compreso che questi livelli possono essere separati. Per questo si può parlare di diversi deficit ma anche diverse qualità di vita per il paziente.
Lo studio della malattia ha coinvolto chiaramente lo studio delle aree del cervello. I risultati hanno aiutato gli studiosi a comprendere, in modo generale, come il cervello sia diviso per attribuirsi delle funzioni.
Inoltre, ogni singolo individuo ha una percezione del volto, che non è univoca. Qui i ricercatori sono ancora in fase di discussione. Taluni riconoscono questa patologia solo come una tipologia diversa della agnosia.
Assieme alla difficoltà nel riconoscere i volti, i pazienti spesso riferiscono anche di difficoltà nel riconoscere gli oggetti.
I vari casi
Dopo aver scoperto che la malattia coinvolge più persone di quanto si pensasse, gli scienziati hanno iniziato una nuova ricerca. Oggi si è propensi a credere che la malattia, oltre ad essere acquisita per un danno al cervello, abbia anche una versione congenita.
L’ereditarietà potrebbe coinvolgere fino al due per cento della popolazione. Comunque gli scienziati hanno finora individuato diverse tipologie di prosopagnosia. La prima è la prosopagnosia appercettiva. Questa dovrebbe coinvolgere i processi primari di riconoscimento facciale. Le persone tendono a riconoscere un solo volto, seppur gli vengano mostrate immagini di volti diversi. La distinzione delle diverse persone viene fatta in base ad altri fattori. Si riconosce la voce, i capelli o l’abbigliamento.
Vi è poi la prosopagnosia associativa. Qui il disturbo è dovuto al giudizio di insieme tra processo primario e informazioni semantiche già assimilate con i processi mnemonici. Sembra che qui le persone possano riuscire a riconoscere qualche viso proprio grazie alle informazioni immagazzinate in memoria. Il problema sono le informazioni anagrafiche dei volti che si riconoscono, nonché il ricordo temporale degli incontri.
Una delle caratteristiche di questo tipo della malattia è la ricorrenza, da parte dei pazienti della percezione che “i volti non abbiano senso”.
Poi , ancora, troviamo la prosopagnosia dello sviluppo. Qui gli scienziati riconoscono il tipo congenito della malattia. Si ritiene dunque che vi siano soggetti con la malattia fin dalla nascita. L’ereditarietà è una supposizione abbastanza logica.
In ultimo i ricercatori ritengono che a concorrere a questo sottotipo possano contribuire la Sindrome di Williams, l’autismo e la Sindrome di Asperger.
Quando l’inconscio riconosce i volti
Gli scienziati hanno scoperto anche una dissociazione che chiamano Covert recognition. Si tratta di una dissociazione che avviene tra conscio e inconscio. I pazienti non riescono a distinguere i famigliari dagli sconosciuti, ma si segnalano emozioni in caso di visione di immagini dei familiari. Questo anche se il familiare non è stato riconosciuto consciamente. Si presuppone che vi sia dunque un riconoscimento inconscio.
Le emozioni vengono dunque classificate come fondamentali per riconoscere i visi. Questo viene considerato anche logico, visto che i pazienti affetti dal disturbo, devono e riescono a sopravvivere. Per sopravvivere si intende la chiara necessità di riconoscere le persone, per motivi di sicurezza e di praticità vitale.
La conclusione degli scienziati è che il riconoscimento dei volti non è dipendente esclusivamente dalla parte conscia. Questo sposta anche la regione del cervello su cui studiare. Oltre a quella finora considerata, gli scienziati si stanno rivolgendo al sistema limbico. Risiedono qui, infatti, le emozioni. Si aprono le porte a nuove considerazioni.
Tra le curiosità che riguardano il riconoscimento facciale, possiamo menzionare la sindrome di Capgras. I famigliari sono riconosciuti, se mostrata l’immagine. Il problema è che vengono presi per sosia. Qui si ha una sorta di delirio.
Fonti e bibliografie
- Il Bergamini di Neurologia. Roberto Miutani, Leonardo Lopiano, Luca Durelli, A. Mauro, A. Chiò; Ed. Cortina Torino; 2012
- Sistema Nervoso – Neurologia – Neurochirurgia – Neuroradiologia. P. Barone, A. Brunetti, P. Cappabianca, A. Filla, M. Gangemi, E. Maiuri, L. Santoro; Ed. Idelson-Gnocchi; 2012
- Developmental prosopagnosia, CELL