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Sindrome sgombroide: da cosa dipende e come si cura questa forma di intossicazione

Pubblicato da
Lorenzo

La sindrome sgombroide è una malattia dovuta all’ingestione di cibo contaminato (principalmente pesce). In tale sindrome da avvelenamento, i batteri cresciuti durante l’immagazzinamento improprio della carne del pesce si alimentano fino a produrre una tossina, sgombroide, velenosa, determinata da una combinazione di istamina e di sostanze chimiche simili all’istamina.

Anche se nessun test è affidabile al 100% per valutare se il pesce è contaminato da tale tossina, è comunque possibile – fin da questa breve sede introduttiva – rammentare come vi siano alcuni comportamenti di base che potrebbero ridurre la contaminazione: in particolare, la cottura del pesce è certamente in grado di uccidere i batteri, anche se le tossine potrebbero essere assorbite dopo che il cibo è stato ingerito a causa della contaminazione nei tessuti.

Ricordiamo ancora come i pesci suscettibili di essere veicolo della sindrome sgombroide sono numerosi: il tonno, la ricciola, l’acciuga, il salmone, il pesce azzurro, l’aringa e, ovviamente, lo sgombro, sono solamente una parte dell’elenco di pesci che potrebbero essere contaminati.

Quali sono i sintomi della sindrome sgombroide?

I sintomi della sindrome sgombroide generalmente iniziano in modo piuttosto rapidi, da circa 30 minuti a 1 ora dopo l’ingestione della tossina. Includono:

Altri sintomi potrebbero includere:

  • prurito,
  • orticaria,
  • sensazione di bruciore in bocca,
  • febbre,
  • sensazione insolita sul battito cardiaco.

Le reazioni gravi includono il calo della pressione sanguigna e un respiro sibilante. I sintomi di solito durano circa tre ore, ma alcune persone provano disagio per diversi giorni.

Come viene diagnosticata?

La diagnosi presuntiva viene di solito effettuata sull’osservazione clinica dei sintomi sopra ricordati, insieme alla ricostruzione della storia del consumo di cibo (di solito pesce) poco prima che si manifestassero i sintomi.

Ulteriori prove di supporto sono indicate dalla risposta della persona al trattamento (ne parleremo tra breve). La diagnosi definitiva viene eseguita – raramente – con un test che rileva livelli anormalmente elevati di istamina in campioni di pesce che la persona ha ingerito.

Come viene curata?

Molti medici suggeriscono che il vomito indotto possa aiutare a rimuovere il veleno se la persona avvelenata è vigile e ha recentemente mangiato il pesce (o altro cibo contaminato) nelle ultime 3 ore. Se questa è la strada suggerita dal vostro medico, ricordate che può essere utile valutare la somministrazione di fluidi per via endovenosa al fine di evitare la disidratazione.

La sindrome sgombroide può essere trattata con difenidramina (Benadryl) da 25 a 50 mg, somministrato per via orale (o inizialmente per via endovenosa) ogni 6 ore e una compressa di ranitidina (Zantac) due volte al giorno secondo la necessità, per ridurre o interrompere i sintomi.

Quando richiedere assistenza medica?

Una reazione grave o prolungata (ipotensione, mancanza di respiro, gonfiore della lingua o della gola) richiede un trattamento medico tempestivo, poiché potrebbero esservi gli estremi di un’emergenza medica. Nelle persone con sintomi lievi, il consulto del medico si renderà meno urgente, e il trattamento sarà generalmente effettuato con farmaci da banco.

Come prevenire la sindrome sgombroide

Le tossine presenti nel pesce contaminato possono raggiungere livelli in grado di determinare sintomi nocivi nelle persone (circa 10 -100 mg di istamina per 100 grammi di pesce), già sei ore dopo il cibo non stato refrigerato. Si raccomanda pertanto che il cibo (principalmente pesce appena pescato) venga immediatamente refrigerato e conservato a temperatura adeguata fino a quando non viene cotto e mangiato. I pesci che non sono refrigerati hanno un odore insolito o “cattivo” – o hanno un aspetto strano e disidratato: per quanto intuibile, non dovrebbero essere acquistati per la cucina e il consumo.

Lorenzo