La Società italiana di nutrizione artificiale ha condiviso alcune statistiche particolarmente preoccupanti sul rischio malnutrizione nei pazienti italiani, affermando – ad esempio – che tra i pazienti oncologici uno su cinque muore proprio per questo motivo. Tra le soluzioni prospettate, il Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale dell’Università Bocconi ha proposto pertanto la somministrazione di supplementi nutrizionali orali.
Insomma, secondo i preoccupanti dati della ricerca, il 15% dei pazienti italiani sarebbe a rischio malnutrizione e tra quelli oncologici (in tutto, una platea di 3 milioni di persone nel nostro Paese), uno su cinque muore proprio per questa determinante.
Di qui, dalle prime stime della Società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo, è quindi partita una ricerca del Cergas (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) dell’Università Bocconi, che ha avuto il merito di concentrarsi soprattutto sui c.d. Supplementi nutrizionali orali (Ons), che sono prodotti destinati a prevenire o a trattare la malnutrizione, a seconda delle condizioni del paziente.
In ospedale e nelle Rsa un paziente su 3 è malnutrito o a rischio di malnutrizione e, ancora più grave, un paziente oncologico su 5 muore di malnutrizione
ha spiegato Mariangela Rondanelli, professore associato in Scienze e tecniche dietetiche applicate all’università degli studi di Pavia.
Trattare la malnutrizione
Prendendo spunto da questo contesto, il report condotto dal Cergas ha avuto anche il merito di proporre diverse possibili raccomandazioni per un impiego appropriato degli Ons.
Tra le principali spicca la possibilità di
rafforzare le evidenze di impatto della nutrizione artificiale orale. Qualora non fosse possibile una copertura totale da parte del Servizio sanitario nazionale, definire a livello nazionale criteri di accesso prioritario per categorie di pazienti, e affidare un ruolo centrale a medici specialisti in scienza dell’alimentazione e nutrizione clinica operanti preferibilmente in centri di riferimento ed in team multiprofessionali.
Non solo. Secondo il rapporto sopra citato, infatti, l’impatto economico degli Ons sarebbe
tendenzialmente positivo poiché consentono di ridurre il rischio di ospedalizzazioni per i pazienti i cui problemi di nutrizione sono appropriatamente affrontati.
Nel corso del 2015, ultimo anno al quale è possibile ricondurre delle statistiche ufficiali, il mercato in questione è stato pari a 49,5 milioni di euro, e quasi il 70% di questo controvalore è stato rappresentato dalle vendite in farmacia, in larga parte una spesa sostenuta dal paziente, mentre il 30% è rappresentato dagli acquisti effettuati da parte delle aziende sanitarie, per uso ospedaliero o per uso domiciliare, e dunque coperto interamente dal Servizio sanitario nazionale.
Il rapporto si conclude rammentando come non sia affatto noto quanto tale mercato possa rispecchiare effettivamente il fabbisogno potenziale, “ma se così fosse l’inclusione di tali prodotti nelle liste di rimborsabilità sarebbe un investimento sostenibile per il Servizio Sanitario”.