L’Herpes Zoster, o Fuoco di Sant’Antonio, è malattia in grado di colpire ogni anno circa 1,7 milioni di anziani in Europa, e ogni anno si registrano circa 157 mila nuovi casi nella sola Italia, soprattutto tra le persone che hanno oltre 50 anni di età. Con, si intende, sintomi evidentemente fastidiosi: affaticamento, mal di testa, bruciori, eritema simile a quello della varicella, e così via. Insomma, non proprio una buona situazione da fronteggiare, con ciò che ne consegue per il proprio benessere, considerato che anche la fase acuta può durare fino a un massimo di quattro settimane, e può purtroppo accompagnarsi a un dolore particolarmente violento e persistente.
Purtroppo, i mali del Fuoco di Sant’Antonio spesso non terminano con la fase acuta. Se infatti è vero che molti pazienti, terminata la fase iniziale, notano che il disturbo può cessare del tutto, è anche vero che in altri casi la malattia può evolversi fino a interessare complicanze anche debilitanti, come ad esempio la temuta nevralgia post-erpetica, contraddistinta da un dolore nevralgico persistente che si manifesta nella stessa area colpita dalle lesioni cutanee.
Ma quanti sono i soggetti interessati da tale negativa evoluzione? Stando a quanto sanciscono le più recenti stime, la nevralgia post-erpetica può manifestarsi in circa il 20-30% dei soggetti che sono colpiti da Herpes Zoster. In questo caso, come accennato e ben intuibile, il dolore è estremamente persistente e può arrivare a durare anche mesi o anni, assumendo caratteristiche diverse di intensità. In ogni caso, un bel guaio per chi, terminata la fase acuta, vorrebbe tornare a una vita “normale”.
Come se quanto sopra non fosse sufficiente, si tenga conto che a seconda di dove colpisce, l’infezione da Herpes Zoster può condurre a conseguenze anche a livello del nervo ottico, dell’udito o del sistema cardiovascolare.
Una volta comparsa l’infezione, l’unico strumento adottabile è quello dell’assunzione dei farmaci antivirali, considerato che invece i farmaci antidolorifici si rivelano efficienti per attenuare il dolore solamente nel 50% dei casi. La strategia migliore è dunque – come spesso accade – quella della prevenzione, sebbene purtroppo nel nostro Paese sia ancora bassa la percezione di dover intervenire prima che il virus si risvegli.
La scarsa sensibilità è d’altronde evidente in tutti noi: la percezione del rischio di ammalarsi di Zoster è infatti elevata solamente in quelle persone che hanno conosciuto la malattia per averla contratta personalmente o per averla sperimentata attraverso un familiare o un amico, mentre chi non ha la percezione e la sensibilità del rischio, non sa nemmeno che esiste un vaccino che può prevenire la malattia.
Anche se pochi lo sanno, da diversi anni la vaccinazione contro l’Herpes Zoster è disponibile ed è prevista nel nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Si tratta pertanto di un vaccino gratuito per i soggetti che hanno compiuto i 65 anni di età o per i soggetti di età inferiore considerati a rischio, da realizzarsi per iniezione sottocutanea o intramuscolare in una sola dose.
Stando ai riscontri già ottenuti, l’efficacia del vaccino nel prevenire la comparsa di Herpes Zoster si attesta intorno al 70%, con una quota che tende a diminuire con l’avanzare dell’età, ma rimane comunque piuttosto elevata nel poter prevenire quella che è la più grave e principale complicanza dell’Herpes Zoster, la già ricordata nevralgia post-erpetica.
Insomma, vaccinarsi contro il Fuoco di Sant’Antonio si può, anche se in fondo pochi lo sanno. Per questo motivo vi consigliamo di parlarne con il vostro medico di fiducia.