Con il termine medico di pubalgia, si indica una tendinopatia causata da infiammazioni dovute a piccolissimi traumi continuati nel tempo e a dei sovraccarichi di lavoro, che colpiscono generalmente gli adduttori della coscia e le inserzioni dei muscoli delle ossa.
La pubalgia può essere suddivisa in tre diverse categoria che, nel dettaglio, sono:
La tendinopatia inserzionale, che è un tipo di pubalgia che prende origine da una serie di microtraumi che si ripetono a carico dei muscoli addominali ed anche a carico dei muscoli adduttori della coscia. Il punto che presenta la maggior criticità tra queste inserzioni dei muscoli è la sinfisi pubica la quale costituisce l’area nella quale le tensioni dovute alla forza ascendente ed a quella discendente di questi muscoli appena citati vengono scaricate.
La sindrome sifisiaria la quale prende origine da una serie di microtraumi che vengono causati dai muscoli adduttori i quali, allungandosi in estensione ma in modo non equilibrato tra le cosce dei due lati, inducono una specie di cedimento proprio a carico della sinfisi pubica. Tale situazione genera degli squilibri sia relativamente all’equilibrio sia relativamente alla stabilità del bacino. Questo genere di situazione è più facile che si crei durante l’età della crescita, l’età dello sviluppo, la quale è caratterizzata da una struttura della sinfisi pubica di per se più debole in quanto non ancora del tutto formata ed in fase di accrescimento.
La sindrome del nervo perforante del retto addominale del calciatore o della guaina del retto addominale, la quale vede il termine “calciatore” nel suo nome in quanto a causarla è l’atto del calciare in modo violento. Questo gesto presuppone una tensione dei muscoli dell’addome, la quale, non sempre ma abbastanza di frequente, può creare una specie di fessurazione delle fasce superficiali che inducono stiramenti e compressioni a carico del nervo denominato “perforante” e che creano poi questa sindrome che può essere, talvolta, anche molto dolorosa.
All’inizio, all’apparire della sintomatologia, le sensazioni di dolore sono situate nell’area pubica, per poi, successivamente, irradiarsi anche nella parte della coscia antero mediale. Non è da escludere che talvolta il dolore si possa irradiare anche nell’area situata dietro al pube e, quando si verifica questa ultima situazione, essa è spessissimo associata al cosiddetto “tenesmo vescicale”, vale a dire alla sensazione che, ogni volta che si vada ad urinare, la vescica non si svuoti mai completamente, dando di conseguenza lo stimolo ad urinare molto frequentemente pur in condizione di vescica totalmente vuota.
La pubalgia può presentarsi con dei sintomi iniziali caratterizzati da una forte sensazione di dolori soprattutto quando ci si risvegli al mattino oppure anche quando si stia iniziando una attività di tipo fisico. Entrambi questi sintomi tendono a scomparire allorquando si inizino i movimenti (la semplice deambulazione al risveglio o gli esercizi in caso di attività di tipo fisico), mettendo in mostra la presenza di un processo infiammatorio anche se di lieve entità. Nei casi di più decisa gravità il dolore è ben più avvertibile, gravativo e continuativo e tende ad essere ancora più intenso se si effettua qualche brusco movimento. Ad un esame clinico i muscoli adduttori si presentano contratti e le pressioni effettuate a livello dell’area pubica sono più o meno dolorose.
Tra le cause che possono scatenare la pubalgia troviamo sicuramente al primo posto la postura. Se fossero presenti, eventualmente, dei pre-contatti, si potrebbero venire a creare delle tensioni muscolari che, per il tramite della articolazione tra l’osso temporale e la mandibola, si trasmettono al collo, e precisamente al sistema muscolo-articolare e da qui, attraverso il tratto cervicale, passando per una serie di ripercussioni successive, a tutto il sistema che gestisce la postura.
Una cosa importante che tutti gli istruttori di fitness dovrebbero conoscere è che le donne in stato interessante potrebbero a volta essere afflitte da una pubalgia che sarebbe eventualmente causata dalla lassità a carico della sinfisi pubica che viene generata dall’ingente rilascio di un ormone particolare preposto proprio a rendere più lasse le articolazioni, e che prende il nome di relaxina.
Possiamo, in definitiva, concludere dicendo che la pubalgia è uno stato patologico assai noto e che necessita di una diagnosi immediata la quale farà sì che si possa prescrivere una cura che, anche in quanto repentinamente iniziata, potrà essere adeguata ed efficace. Anche volendo andare oltre quelle che sono le cure a carattere medico-farmacologico o a carattere chinesiologico, questa sindrome, proprio perché ha una eziologia estremamente varia ed anche molto vasta, richiede che si riesca a comprendere precisamente quale sia la causa (o le cause) che l’hanno scatenata perché, oltre ad eliminarne la sintomatologia, è assolutamente necessario eliminarne le cause.
Detto questo, ci preme sottolineare come, similmente a qualsiasi altra patologia, sarebbe più utile la ricerca della prevenzione piuttosto che la ricerca della cura a patologia già insorta. Esistono appositi ed accurati programmi a carattere preventivo i quali, se applicati scrupolosamente e costantemente, dovrebbero consentire, nell’arco degli anni, di evitare questa patologia, di non andare proprio incontro a questa sindrome da surmenage.
Un gran numero di ragazzi è solito fare una visita urologica nel momento in cui avvertono un forte dolore a livello inguinale, oppure nella parte interna della coscia, del pube oppure anche livello dello scroto e dei testicoli. Piuttosto di frequente la preoccupazione è quella di avere un disturbo specifico ai testicoli, come ad esempio il varicocele piuttosto che, nelle ansie più gravi, un tumore al testicolo. Piuttosto di frequente, l’anamnesi e la visita clinica servono ad escludere patologia che coinvolgono l’apparato genitale ed urinario, ma spesso si tratta di una malattia di tipo osteo-muscolare, come proprio la pubalgia. Tradizionalmente questa patologia può provocare un dolore al pube che va a coinvolgere anche tutta la parte inguinale e, in alcuni casi, può derivare anche da altri disturbi, come la tendinite, problematiche muscolare e sofferenze dell’osso.
La pubalgia non è l’unica patologia che può affliggere l’area pubica, per questo motivo è importantissimo recarsi quanto prima da un medico allorquando si avvertano uno o più dei seguenti sintomi:
Quindi rechiamoci dal nostro medico per provare ad escludere altre malattie che non siano la pubalgia, poiché esistono altri stati patologici che provocano una sintomatologia simile e pertanto possono essere confusi proprio per pubalgia, e sono: le patologie a carico dei testicoli e/o degli organi circostanti, gli strappi muscolari o le contratture, le ernie, crurali o inguinali.
Se la diagnosi dovesse, invece, confermare che siamo in presenza proprio di una pubalgia, essa potrebbe trovarsi in fase acuta oppure cronica. Di seguito vediamo cosa occorre fare per trattarla a seconda che essa si trovi in fase acuta oppure cronica.
Quando la pubalgia viene diagnosticata, il medico che vi ha in cura, associa generalmente una terapia infiammatoria e una fisioterapica, mentre solo in casi particolari, si ricorre alla chirurgia, con la cruentazione dell’inserzione osso-tendinea. Un altro trattamento che ha riscosso un buon successo negli ultimi anni, è la terapia con onde d’urto, che si è rivelata molto efficace in questa tipologia di tendinopatie. Questa terapia può essere associata con altre complementari, che possono variare a seconda delle necessità, da un trattamento laser ad alta potenza ad un trattamento di ipertermia o di Tecar. Vedremo nel paragrafo seguente questo nuovo tipo di terapia, mentre in questo paragrafo ci concentreremo sulle tradizioni terapie fisioterapiche, da associare al riposo dall’attività sportiva e alla terapia antinfiammatoria.
Quando la pubalgia è in fase acuta, innanzitutto occorre, evidentemente, che il soggetto rimanga assolutamente a riposo e si sottoponga immediatamente alla terapia di tipo medico come prima cura, per poi farla seguire, successivamente, da quella fisioterapica.
Se ci si trova in stato di patologia cronica, allora oltre alle cure di tipo medico occorre pensare anche al recupero di tipo funzionale con delle specifiche attività fisiche, mirate a:
La terapia con onda d’urto è un nuovo trattamento che viene utilizzato per molte patologie a carico della muscolatura e dei tendini, soprattutto nel campo della medicina sportiva, della terapia fisica e dell’ortopedia, per risolvere le problematiche che affliggono l’apparato muscolo-scheletrico.
La medicina dello sport professionistico fa largo uso di questo nuovo tipo di terapia, perché risolve molte delle patologie che affliggono gli atleti, dovute ai piccoli traumi dell’attività sportiva, come il gomito del tennista e molte tendiniti. Tra le tendiniti più curate vi sono quella della cuffia dei rotatori della spalla, quelle del ginocchio e del tendine d’Achille, ma anche le fasciti.
In realtà, la terapia con onda d’urto ha ricevuto anche numerose critiche, in quanto i sistemi che i campi di applicazione, che alcune lacune nella metodologia, ne hanno fatto una terapia ancora incerta. In effetti, i tempi e le metodologie di applicazione, tra cui le potenze energetiche da utilizzare, non sono state ancora classificate. A questo bisogna aggiungere una conoscenza ancora lacunosa per quel che riguarda molti processi biologici e fisici, su cui la scienza sta ancora indagando.
La terapia con onda d’urto, conosciuta con l’acronimo ESWT dall’inglese Extracorporeal shockwave therapy, è quindi stata giudicata contraddittoria e con risultati modesti, secondo Cochrane Collaboration, ma nonostante questo, la Food and Drugs Administration statunitense, nei primi anni del 2000, ha autorizzato l’utilizzo di sei macchinari elettromedicali per la cura di alcune patologie muscolari.
Le onde d’urto vengono utilizzate in medicina per la prima volta nel 1980, e con successo, per la cura dei calcoli ai reni, che vengono in questo modo disgregati ed espulsi tramite le urine, senza interventi invasivi e senza rovinare i tessuti dove sono presenti e senza nessuna anestesia. Il principio che agisce in questo caso, è quello di utilizzare un’onda d’urto più potente della forza tensile del calcolo, generando così una forte pressione sulla struttura, per disgregarla.
Nel caso dei calcoli renali, l’onda d’urto ha avuto un enorme successo, per quel che riguarda i benefici comparati alla classica operazione chirurgica.
Con l’avanzare della ricerca sulle onde d’urto, si è arrivati ad utilizzare diverse potenze per curare alcune patologie, soprattutto nel settore ortopedico, con applicazioni terapiche sui tessuti ossei e quelli molli dei muscoli.
Tra le ultime ricerche effettuate da varie università, vi è anche l’applicazione a bassissime potenze, che produrrebbe effetti biologici sui tessuti, e guarigioni per alcune patologie della pelle, in particolare ulcere e ferite, ma anche ulcere diabetiche. Con le onde d’urto, sono state provate con successo anche la saldatura delle fratture ossee e il trattamento del dolore, in particolare nel campo cardiovascolare con la cura dell’angina. In campo urologico, il trattamento si è rivolto al dolore pelvico e alla disfunzione erettile. I motivi per i quali le onde d’urto siano efficaci in questi trattamenti, non sono ancora stati compresi, anche se alcune ricerche in collaborazione tra varie università nel mondo, tra cui quelle italiane, anche a cura del defunto professore di fisica Emilio Del Giudice, hanno individuato nuove strutture connettive tra cellule alla base di questi successi. A quanto sembra da questa ricerca, la comunicazione tra cellule non sarebbe solo chimica, elettrica e biologica, ma anche attraverso radiofrequenze, anche se ancora non si è capito con quali meccanismi specifici.
In questo campo dunque, la comprensione è ancora molto lontana, per portare a delle certezze scientifiche, ma queste applicazioni vengono sempre più usate in ortopedia, e nella cura della pubalgia.
La pubalgia è un disturbo che può insorgere piuttosto di frequente in gravidanza e viene provocata da una tutta una serie di cambiamenti che sono causati dalla gestazione stessa. Nella maggior parte dei casi, però, è legato alle sollecitazioni che provengono dalla struttura osseo-muscolare e che incidono sulla zona del basso ventre. Nel momento in cui si manifesta tale disturbo, avvengono alcune modifiche a livello dell’organismo, che interessano articolazioni, legamenti e muscoli. Anche l’incremento del volume dell’utero può andare a causare una sollecitazione dei muscoli e dei tendini che si trovano nell’addome. Di conseguenza, il progressivo incremento del peso della pancia può portare ad una più alta inibizione e distensione dei legamenti della parete addominale, così come del perineo. In gran parte dei casi, però, è bene sottolineare come la pubalgia non si manifesti prima del sesto mese di gravidanza. Alcune future mamme possono soffrirne, altre no, non esiste una vera e propria regola in tal senso nel corso della gestazione.
La futura mamma può certamente sfruttare alcuni consigli per quantomeno cercare di prevenire questo fastidioso disturbo. Ad esempio deve sempre curare molto il peso, cercando di mantenerlo sotto controllo. Certamente la pubalgia si sviluppa più spesso nelle donne che hanno una naturale predisposizione, ma piuttosto di frequente è legata ad un eccessivo incremento di peso, che invece dovrebbe essere sempre limitato tra 8 e 11 chilogrammi. Di conseguenza, è importante cercare di fare sempre molto attività fisica già prima di restare incinta. In questo modo i muscoli vengono conservati tonici e durante la gravidanza la muscolatura sarà più distesa, in particolar modo a livello del perineo e ciò tornerà estremamente utile nel corso del momento del parto vero e proprio. Nel corso della gravidanza si può usare una guaina, oppure si possono indossare corsetti e busti, ma è importante evitare quelli eccessivamente rigidi e restrittivi, visto che potrebbero andare a danneggiare la circolazione del sangue. Attenzione anche al modo in cui ci si siede, visto che è fondamentale appoggiare tutta la schiena allo schienale della sedia, cercando di non mantenere il peso in avanti ed evitando inutili compressioni sulla pancia. Durante la gravidanza si consiglia sempre di evitare anche troppi pesi, in maniera tale da non affaticare in maniera eccessiva la schiena. Al tempo stesso, però, è bene anche evitare di rimanere nella medesima posizione per troppo tempo. Quando si sta in piedi per svariati minuti, è bene appoggiare a terra entrambi i piedi. In questo modo si può distribuire in maniera equa il peso del corpo. Inoltre, sarebbe meglio evitare di indossare delle scarpe con un tacco eccessivo.
Nella maggior parte dei casi la pubalgia svanisce in maniera spontanea in seguito al parto, senza la necessità di intraprendere alcun tipo di trattamento. In certe occasioni, però, la soluzione a tale disturbo può aver bisogno di molto tempo, qualche volta anche due o tre mesi. La pubalgia, in ogni caso, ha la tendenza a guarire in maniera spontanea dal momento che le ossa riprendono la loro posizione originaria, dal momento che in seguito alla nascita del bimbo il peso legato all’aumento di dimensioni dell’utero e all’intera parete addominale non hanno più motivo di esistere. L’impiego di farmaci per la cura della pubalgia in gravidanza è tendenzialmente sconsigliato. Infatti, non porta a dei benefici per risolvere questo problema.
Non dobbiamo dimenticare come i farmaci che si impiegano di solito per affrontare i dolori a livello articolare, come antinfiammatori e antidolorifici, hanno un’utilità relativa, dal momento che non vanno a svolgere la loro azione benefica in quel punto ben determinato. L’unico farmaco che si può impiegare nella fase della gravidanza, chiaramente sempre dopo aver consultato il proprio medico curante, è il paracetamolo. Anche le pomate non hanno una grande efficacia nei confronti del trattamento della pubalgia. Anche se si possono applicare senza particolari restrizioni, a parte quella a base di cortisone, che si deve evitare in ogni caso, non portano a grandi risultati o effetti benefici. Ad ogni modo, tali pomate devono essere applicate esattamente nella zona del pube, ovvero nel punto in cui il paziente riscontra il maggiore dolore.