Resta evidente, comunque, che gli organismi più giovani (ed anche quelli molto anziani), sono più esposti a qualsiasi rischio di contagio.
Naturalmente non tutti i dolori alla gola sono da ascrivere allo streptococco beta emolitico, la maggior parte di questo tipo di disturbi, spesso accompagnati da colpi di tosse, occhi rossi ed infiammati, raucedine e naso che cola è causata da agenti virali che non richiedono alcun tipo di terapia, se non per combattere i sintomi.
Come abbiamo visto il responsabile di questa infezione è lo Streptococco beta emolitico A, il quale, infettando un organismo, vi si concentra soprattutto nella gola e nel naso: ecco perché un colpo di tosse o uno starnuto sono sufficienti per creare rischio di contagio in chi frequenta quell’ambiente in quel momento o subito dopo l’evento.
Non esistono ricerche con un dato certo sui periodi di incubazione o di dispersione/infettività della faringite da streptococco, si pensa, purtuttavia, che la sintomatologia faccia la sua comparsa entro i tre giorni successivi al contagio.
Il bambino/adolescente infettato dallo streptococco beta emolitico avrà modo di sviluppare in questo lasso di tempo tutta o parte della sintomatologia indicativa del tipo di infezione:
Se lo streptococco è particolarmente infiltrante e riesce ad invadere anche altre aree dell’organismo, la sintomatologia può arricchirsi di impetigine, vaginite e sinusite.
La trasmissione di questo batterio avviene grazie al trasporto per via aerea del medesimo, tipicamente per colpi di tosse o starnuti, ma anche una semplice risata può esserne un veicolo di infezione. Il rischio maggiore per gli astanti corrisponde al vertice superiore della sintomatologia dell’organismo infettante, ma il batterio continua ad essere un rischio di contagio fino a ventuno giorni dalla comparsa dei primi sintomi, se non si è effettuata alcuna terapia.
Se l’infezione non viene trattata o anche se la terapia viene interrotta troppo precocemente, ci si espone al rischio di complicanze che possono essere anche gravi:
Se la malattia viene trattata con cure antibiotiche (normalmente per una decina di giorni), già dopo le prima 24 ore la febbre sarà scemata e dopo altri due o tre giorni anche il resto della sintomatologia tenderà a scomparire. Il paziente, invece, che non venga trattato con terapia antibiotica può rimanere contagioso fino a ventuno giorni dalla comparsa dei primi sintomi, anche se questi fossero già scomparsi.
Nella quasi totalità dei casi il pediatra andrà a prescrivere una terapia di tipo antibiotico da seguire per dieci giorni, ed anche in modo scrupoloso sia nel modo che nella frequenza di somministrazione per evitare una pericolosa ricaduta. Alcune ricerche affrontarono l’argomento del periodo di esclusione (associato alla cura): se anche non sono presenti sintomi, nel trentasette percento dei casi di faringite si è rilevata la positività della coltura del tampone faringeo prelevato il mattino successivo all’inizio della cura con antibiotici. Quindi si raccomanda di effettuare una cura antibiotica ALMENO di ventiquattro ore complete.
Gli streptococchi sono un gruppo molto grande di patogeni, di cui i beta emolitici sono solo una parte, anche se sono tra i più aggressivi e patogeni, e quindi particolarmente attenzionati dalla medicina. I batteri streptococchi sono classificati secondo la loro capacità emolitica e lo loro struttura entigenica.
In particolare, lo streptococco beta emolitico può essere di due tipi, il tipo A e il tipo B. Finora, nella trattazione di questo articolo, ci siamo occupati dello streptococco beta emolitico di tipo A, il più vivace e comune, che riveste grande importanza in capo medico, mentre quello di tipo B, seppur più pericoloso, è meno virulento e diffuso.
Il tipo A dello streptococco beta emolitico è il più importante del gruppo, e il batterio viene scientificamente denominato Streptococcus pyogenes. Si tratta di un batterio commensale, che può trasformarsi in un patogeno. Normalmente infatti, si nutre nelle vie respiratorie superiori del nostro corpo, specificatamente nel naso, sulle tonsille e sulla faringe, aderendo al tessuto adenoideo, dove sono appunto le adenoidi. Normalmente la sua coabitazione non è pericolosa, in quanto un sistema immunitario in salute non viene attaccato. Nella sua qualità di commensale infatti, lo streptococco beta emolitico si nutre, giovando di questa situazione, senza però comportare rischi. Si tratta di una particolare forma di simbiosi, che da una parte alimenta il batterio, dall’altra non crea danni, a patto che il sistema immunitario non si indebolisce e quindi venga attaccato dallo stesso batterio che trae nutrimento dall’ospite. Il batterio si comporta dunque da mediatore per particolari infiammazioni, ma in caso di debolezza immunitaria, è anche responsabile di alcune reazioni infiammatorie, non croniche, a carico delle vie respiratorie superiori. In questa locazione, può causare febbre, fascite ed altre infezioni, fino alla scarlattina, me se riesce a diffondersi in altre parti del corpo, la conseguenza potrebbe essere la setticemia. Le lesioni potrebbero presentasi anche dopo tre settimane dall’attacco con episodi “non-suppurativi”, ovvero senza le caratteristiche che riconducano al tipo di infiammazione. Si possono avere infatti delle emorragie, delle piccole necrosi dei tessuti, iperemia e essudazione, tutte a livello locale.
Lo streptococco è quindi responsabile di infezioni generalmente trasmesse attraverso la saliva. Quando questa è espulsa con lo starnuto o la tosse, da un individuo infetto ad uno sano, si potrebbe avere l’infezione, nel caso il soggetto sano sia in un periodo di debolezza.
La diagnosi per l’infezione da streptococco beta emolitico di gruppo A si fanno con la tecnica del Rapid Strep test (Streptex), oppure tramite coltura. Nel primo metodo, la tecnica di analisi è l’individuazione degli antigeni attraverso gi anticorpi monoclonali. Con il metodo della coltura invece, si deve prelevare con un tampone, una piccola porzione di cute o essudato della faringe, e portarla sul vetro per la coltura agar. Questo tipo di analisi diagnostica ha il vantaggio di stabilire l’intervento della bacitracina sul batterio. Lo streptococco produce anche una tossina, detta antistreptolisina, rintracciabile per poter eseguire la diagnosi.
Lo streptococco beta emolitico di gruppo B è un tipo diverso di questo gruppo di batteri, che non è responsabile dei sintomi e delle infezioni finora descritte, ma che può causare infezioni polmonari, con polmonite, e meningite, soprattutto nei bambini appena nati. Anche questo è un batterio commensale, che diventa patogeno quando il sistema immunitario è in difficoltà per altre patologie o per altre carenze. Il batterio che causa questo tipo di infezione è lo Streptococcus agalactiae, e la conseguenza più comune risulta essere la polmonite. Raramente questa infezione causa sepsi anche negli adulti, mentre la batteriemia e la meningite sono più frequenti. Questo tipo di streptococco è attentamente studiato dalla pediatria, perché coinvolge in particolar modo proprio i neonati, soprattutto attraverso la trasmissione tra la gestante e il figlio durante la nascita.
Come commensale, lo streptococco beta emolitico di tipo B non vive nelle vie respiratorie, ma nella flora batterica dell’apparato digerente inferiore, quindi gli intestini, ma può spostarsi anche in altri organi, come i genitali di entrambi i sessi, con un’incidenza che va dal 10 al 30 per cento. L’infezione tramite rapporti sessuali è dunque molto probabile.
Ma è attraverso il parto che questo batterio può diventare molto pericoloso per il neonato, con rischi enormi per la vita. Infatti la setticemia è solo uno dei problemi che può creare, ma il batterio può essere anche fatale, in quanto il sistema immunitario del piccolo non è ancora sviluppato e non riesce a contrastare l’eventuale aggressione del batterio.
Neonati sottopeso e prematuri sono particolarmente a rischio di contagio, nel caso la madre dovesse essere infettata, e dopo una settimana si potrebbero manifestare i primi sintomi, con polmonite e setticemia. Nell’esordio tardivo invece, fino a tre mesi, è più probabile che il batterio causi meningite. I sintomi spesso non sono d’aiuto, in quanto febbre, e vomito sono molto comuni a tante malattie, ma senza un intervento tempestivo, il batterio può diffondersi velocemente al resto del corpo. La diagnosi si effettua tramite coltura.