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Artemisia, cos’è, come e quando utilizzarla

Pubblicato da
Lorenzo

Le radici dell’artemisia pare abbiano buoni effetti sedativi, capaci di un efficace rilassamento nei confronti del tessuto nervoso, motivo per il quale vengono consigliate per trattare la sovraeccitazione e nei casi generici di stanchezza dell’organismo.

Alla sommità della pianta troviamo le infiorescenze che contengono degli olii essenziali (tra i quali citiamo il mircene. I neroli, il borneolo, l’alfa ed il beta pirene, il beta tujone il cineolo ed il linaiolo), dei lattonici sesquiterpenici (ad esempio la vulgarina) e dei flavonoidi, i quali donano alla artemisia effetti antispasmodici (attenuano gli spasmi dei muscoli quando si abbiano i dolori dovuti al ciclo mestruale ee la dismenorrea).

La presenza nella struttura dell’artemisia di questi olii essenziali, oltre a farne un efficacissimo rimedio di natura antisettica ed anche un ottimo espettorante se si abbia la tosse, fa sì che essa venga utilizzata anche per combattere le malattie intestinali da parassiti, ed inoltre, grazie alle sue proprietà eupeptiche, la si utilizza anche per facilitare le digestioni difficili, in particolare nella preparazione dei liquori naturali.

Come va utilizzata?

Per l’uso interno, preparare un infuso. Per la preparazione dell’infuso occorrono un cucchiaio di fiori della sommità dell’artemisia ed una tazza d’acqua: far bollire l’acqua, ad ebollizione raggiunta versare tutto il contenuto del cucchiaio nell’acqua bollente spegnendo, contemporaneamente, il fuoco. A questo punto sarà sufficiente filtrare l’infuso così ottenuto e assumerne due tazze ogni giorno.

Se invece si dispone della tintura madre dell’artemisia, occorre prenderne novanta gocce al giorno, suddivise in tre somministrazioni da trenta gocce per tre volte al giorno per i dieci giorni antecedenti l’arrivo delle mestruazioni. Per altri usi, prenderne dalle trenta alle cinquanta gocce al giorno per due o tre volte al giorno, sempre lontano dai tre pasti principali.

Controindicazioni

L’artemisia potrebbe non essere priva di effetti collaterali non desiderati, e, sicuramente, è controindicata per le donne incinte e per quelle che si trovino in fase di allattamento. In dosaggi particolarmente elevati potrebbe anche essere velenosa e rischiare danneggiamenti al sistema nervoso. In taluni soggetti il contatto con la cute potrebbe provocare l’insorgere di una fastidiosa dermatite.

Descrizione

L’artemisia è un arbusto perenne, non possiede stoloni ed ha un lieve odore come del liquore “vermouth”. Il suo fusto, di colore rossastro, è eretto, possiede delle striature e moltissimi rami. Ha un’altezza che varia dal mezzo metro al metro e mezzo. Le radici sono legnose, brevi ed oblique.

Le foglie hanno disposizione alternata, sono di forma lanceolata e sono inciso – dentate, di colore verde e glabre sulla facciata superiore, mentre la facciata inferiore si presenta biancastra e tormentosa. Le foglie più basse possiedono dalle due alle quattro lacinie di forma dentata su ogni lato, sono semiabbraccianti ed hanno una lamina la cui larghezza può variare dei quattro ai sei centimetri nella loro parte apicale e che si riduce al la larghezza del rachide nella parte basale. Le foglie superiori sono lineari e ridotte.

I fiori hanno struttura tubulosa ed un colore che varia dal rossastro al giallo, si riuniscono in capolini di tipo subsessile di forma ovoidale che formano ampie pannocchie piramidali fogliose, con involucri tormentosi o densamente lanosi e corolle ghiandolose. Il frutto dell’artemisia è un achenio oblungo e glabro, appuntito, liscio e senza il pappo.

Appartenente alla medesima famiglia, un’altra artemisia è molto diffusa ed anche assai utilizzata per le cure di tipo fitoterapico, vale a dire L’Artemisia absinthium, comunemente nota come Assenzio. L’assenzio viene utilizzato per curare problemi all’apparato digerente.

L’artemisia è originaria delle aree più temperate del Vecchio Continente, ma anche asiatiche e del nord Africa. Oggi è diffusa anche nell’America del Nord. Si trova nelle pianure e nelle zone pedemontane, ai bordi dei campi e lungo i fiumi.

Qualche cenno storico

Il nome di questa pianta, deriva dalla dea Artemide, dea della caccia dell’antica Grecia, quindi associata alla selvaggina, ai boschi ed alla caccia con l’arco. E’ anche la dea della verginità.

L’artemisia viene usata nella medicina cinese tradizionale ed anche in quella giapponese, per preparare la moxa (parola che deriva dalla parola giapponese “moe kusa”, vale a dire “erba che sta bruciando”), un medicinale ottenuto con la triturazione (con un mortaio) della pianta finché non se ne ricava un impasto dalla consistenza lanosa, con il quale si ottengono dei coni o delle palline che vengono dapprima appoggiati sulla cute in dei punti specifici (che corrispondono ai medesimi punti individuati per l’agopuntura) e li li si fa bruciare.

Nota anche con il soprannome di “scaccia diavoli”, veniva colta durante il solstizio d’estate (il giorno 21 giugno) e svariate tradizioni ed usi popolari attribuiscono all’artemisia anche buone proprietà contro l’epilessia.

L’artemisia (“annua”) e i tumori

Un discorso a parte merita l’argomento che associa l’artemisia alla lotta ai tumori, oggetto di discussioni animate e pensieri molto contrastanti tra di loro.

Si dice che potrebbe essere capace di eliminare il novantotto percento delle cellule di un tumore ed anche in pochissime ore, addirittura solo sedici. Nota con il nome di artemisia “annua” è stata presto ribattezzata “erba magica”, proprio in virtù di queste sue presunte proprietà anticancro. Queste teorie relative alle portentose proprietà antitumorali di questa artemisia di origine cinese trovano origine e sviluppo principalmente nell’Università della California, laddove taluni medici (come pubblicato sulla rivista scientifica “Spirit Science and Metaphysic) hanno sviluppato ricerche che “mostrerebbero che questa artemisia fermerebbe il fattore di trascrizione denominato “E2F1” ed interverrebbe nel distruggere le cellule cancerose dei polmoni, cosa che starebbe ad indicare che essa presiede al controllo della riproduzione e della crescita delle cellule cancerose”.

Impiego antico dell’Artemisia

L’impiego antico più noto dell’artemisia, è in particolare l’assenzio, che serviva come vermifugo da utilizzare contro gli ossuri, ed è proprio per questo che è molto conosciuta con il termine “erba da vermi”. I questo caso specifico, l’impiego è per uso esterno, tritato e poi bollito nel latte con spicchi di aglio sminuzzato, sotto forma di cataplasmi da applicare sulla pancia dei bambini.

Tra le varie specie di tale pianta da tener presenti, ricordiamo anche quella Abrotanum, ovvero una pianta arbustiva molto aromatica. Essa cresce nell’Europa meridionale, centrale ed orientale, ed anche in alcune zone dell’America settentrionale. Un tempo veniva utilizzata per la cura di diversi malanni, dalla sciatica alla calvizie. Anticamente era impiegata anche per la cura di infezioni ed era la pianta tipica dei mazzolini beneauguranti. La specie più fragrante è la l’Abrotano, e viene impiegata come siepe di bordatura, grazie alla facile manutenzione. Anche le foglie citriche vengono utilizzate in piccole quantità per la preparazione di dolci. Nel nostro paese era molto utilizzata come ingrediente da aggiungere alle erbe per la preparazione dell’arrosto, specialmente quello di carne di agnello o per i ripieni di cacciagione. Simbolo di affetto e fedeltà, l’Abrotano era presente nei composizioni di bouquet di campagna, specialmente nell’epoca vittoriana. Un’altra tipologia di Artemisia è quella conosciuta con il nome di Drangocello. Il suo impiego risale  al 500 a.C. come ci hanno dimostrato degli antiche lasciti greci, perché era considerata uno dei rimedi semplici, dove era previsto solo l’utilizzo di una pianta.

Nella cucina francese è molto apprezzata come erba aromatica, ma viene utilizzata anche dalla cucina dell’Europa meridionale, Asia e Siberia. La sua provenienza è infatti della Russia  sudorientale, e venne introdotta in America dai coloni. In Inghilterra era presente nei guardini reali, poi successivamente il suo impiego si diffuse ampiamente. La varietà di origine russa ha un  odore molto pungente, mentre una volta cotta sembra perdere il suo sapore. Il nome della specie significa “piccolo drago”, a causa del suo odore forte, oppure per via delle radici serpeggianti. Anticamente le venne dato il nome “erba del drago”, per questo ebbe molta notorietà per la cura dei morsi di animali. In base alla dottrina erboristica delle Segnature, la forma delle radici a serpente, curano i morsi del serpente, di cani con la rabbia e di insetti. Veniva utilizzata dai nativi americani per la cura di moltissime patologie. Gli Hopi la bollivano in acqua oppure la arrostivano tra le pietre, i Pawnee, con essa realizzavano stuoie e tappeti per dormire. Il Dragoncello inoltre, rientra a far parte di molte ricette famose, tra le quali le Fines Harbes, tipiche della Provenza e per la senape di Digione. In francia si realizza la salsa rémoulade e bèarnaise, uno degli ingredienti principali del burro alle erbe. Vie ne aggiunto anche alla macedonia, ed è ottima insieme al melone, alle pesche e alle albicocche. Infine ha la capacità di rinvigorire le piante vicine, per questo consigliamo di piantarla nel vostro orto, vicino ai peperoni ed alle melanzane.

Artemisia e cancro, vediamoci chiaro

Per il Dr. Len Sputo l’artemisia sarebbe addirittura una bomba contro il cancro intelligente (cancer smart bomb): infatti questo vegetale avrebbe distrutto addirittura il settantacinque percento delle cellule cancerose che avevano già resistito alle radiazioni in un tumore al seno, cioè proprio dove esiste una sensibile propensione ad accumulare il ferro, diventato il cento percento dopo solo ventiquattro ore.

Ma l’artemisia “magica” è veramente così efficace?

Non sono studi infondati, e sono assolutamente interessanti”, spiega sulla rivista “Panorama” online il Dott. Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori del capoluogo lombardo: “anche se di primo acchito potremmo essere portati a pensare che si tratti di una notizia di quelle cui non dare alcun peso, finchè le ricerche si sono tradotte in esperimenti in vitro”.

Quali sono i meccanismi dell’artemisia annua

Questa erba cinese veniva utilizzata proprio nella medicina tradizionale cinese, per poi essere dimenticata dalla scienza per tempi lunghissimi, fino al momento in cui, negli anni settanta, vennero ritrovati alcuni manoscritti che parlavano di utilizzi dell’artemisia contro la malaria. Si può affermare che potrebbe indurre degli effetti efficaci e positivi in quelle aree dove esistono alte concentrazioni di ferro, cioè in alcune situazioni che si potrebbero verificare laddove insistono alcuni tipi di carcinoma (non tutti i carcinomi, però) proprio a facilitare una riproduzione veloce delle cellule cancerose, sulle quali l’artemisia annua esercita le sue azioni tossiche (per le cellule maligne del cancro). Insomma, non stiamo parlando di una forma di veleno da scorpione…

Quindi, ricapitolando, non stiamo a trattare di una evidente bufala, ma gli studi attuali cosa ci dicono a tal proposito?

Come accennavamo poco più sopra, gli ultimi studi e le ultime ricerche a tal proposito risalgono all’anno 2011, allorquando una società (la quale deterrebbe un “brevetto a metà”), creò in laboratorio una molecola di sintesi la quale pare riproduca gli esatti effetti dell’ “erba magica” artemisia. Quindi a tutto oggi sappiamo che esistono dei dati ottenuti dalla sperimentazione in vitro, ma affinché si possa veramente utilizzare il principio sul quale si fonda il meccanismo di azione della artemisia annua, occorrerà attendere ancora molti, ma molti passaggi, dai test sugli animali fino alla sperimentazione clinica, che parlerà più chiarimenti di quello che potrebbero essere gli effetti antitumorali che questa pianta potrebbe avere per davvero sugli uomini.

Ad oggi, allora, cosa possiamo prendere in considerazione sugli effetti reali dell’artemisia?

Un comportamento corretto è prendere in considerazione il concetto che un carcinoma è una patologia assai complicata, originata e facilitata dalla complessità delle strutture e del funzionamento del nostro corpo ed al fattore importante dell’allungamento della vita ai tempi d’oggi.

Di conseguenza si può affermare che non è corretto assumere degli atteggiamenti di chiusura nei confronti di terapie cosiddette “non convenzionali”, ma, beninteso, queste occorre che rispettino le metodologie ed i processi di sviluppo delle ricerche comuni a quelli della comunità scientifica.

Quindi, relativamente all’artemisia, non possiamo fare altro che attendere?

Si, la risposta è semplice e secca. Non possiamo fare altro che attendere che le ricerche e gli studi, e poi la sperimentazione in vitro, e poi, ancora, la sperimentazione clinica, quella che dà i risultati più attendibili, non dimostrino che i suoi meccanismi d’azione hanno per davvero dei risultati positivi, sicuri ed affidabili contro il cancro. Per ora, ufficialmente, l’artemisia NON è una cura contro il cancro che possiamo definire “disponibile”. La si può considerare senz’altro come un medicinale che si sta sviluppando, delle gocce di speranze in questo mare immenso che è la patologia tumorale, dato che in questi nostri tempi moderni, solo nel nostro Paese ogni giorno vengono diagnosticati la bellezza di mille nuovi casi del male più temibile che oggi possa risuonare nelle orecchie degli uomini: il cancro.

Come si prepara una tisana di artemisia

Per la preparazione di una tisana di artemisia, la prima cosa da fare è quella di comprare l’artemisia in bustine oppure anche sfusa in un’erboristeria. La prima cosa da fare è quella di preparare un infuso con le sommità fiorite di questa splendida pianta. Quindi, per un’ottima tisana di artemisia è necessario avere 250 ml di acqua, circa una tazza, con 10 grammi di artemisia oppure una bustina di tisana. A questo punto non dovete far altro che portare ad ebollizione l’acqua all’interno di un pentolino. Raggiunta la temperatura di ebollizione dovete versarla in una tazza inserendo anche la bustina di artemisia o quest’ultima sfusa. Usate un piattino per la copertura della tazza e fate riposare il composto per una decina di minuti. Una volta passato questo tempo dovrete filtrare il liquido oppure rimuovere la bustina e poi potrete gustarvi la vostra tisana di artemisia. Ricordiamo come il dosaggio massimo giornaliero è pari a 2-3 tisane di artemisia.

Per cosa viene usata la tisana di artemisia

Questa specifica tisana può tornare decisamente utile nel momento in cui è necessario trattare dei disturbi di tipo digestivo. Al tempo stesso, può essere efficace anche per contrastare i dolori delle mestruazioni e tutti quei disturbi che hanno un legame con la sindrome premestruale. Quindi, bere una tisana di artemisia come infuso può essere utile per svariati disturbi e non bisogna sottovalutare le potenzialità di questo rimedio del tutto naturale.

La tintura madre di artemisia

L’artemisia, sempre in erboristeria, si può comprare anche nella forma di estratto idroalcolico, chiamato molto più comunemente tintura madre di artemisia. Questo preparato serve per la cura di un gran numero di disturbi. Tra gli altri troviamo inappetenza, parassiti a livello dell’intestino, irregolarità delle mestruazioni, verminosi intestinale ed amenorrea. L’impiego della tintura madre viene suggerito soprattutto in tutti i casi di disturbi piuttosto acuti, in cui c’è la necessità di ottenere dei discreti risultati a breve termine. La tintura madre di artemisia si ricava mediante l’acqua vitalizzata, alcol etilico puro e 25% di artemisia vulgaris parte aerea.

Lorenzo