Dal momento che oggi disponiamo di un controllo pressoché totale sulle temperature, è possibile ottenere un burro chiarificato molto più velocemente rispetto a quanto accadeva con il metodo tradizionale, e, oltretutto, con il risultato di alterarne assai di meno il gusto.
Ricordiamo brevemente tutte le temperature che “riguardano” il burro: la fusione completa avviene a quaranta gradi, l’acqua va in ebollizione a cento gradi, la caseina viene dorata rapidamente a centoventi gradi e brucia a centoquaranta / centocinquanta gradi, ed il grasso va in ebollizione più o meno a centoottanta gradi.
Il burro in condizioni normali a temperatura ambiente è solido e la sua temperatura di fusione è intorno ai trentasette gradi. Però questo punto di fusione non è sempre uguale: spalmabile e morbido ci diventa solo intorno ai quaranta gradi. In ogni caso il fatto che sia spalmabile o meno dipende dalla temperatura. Infatti è praticamente impossibile riuscire a spalmare del burro appena estratto dal freezer. In genere la temperatura minima per spalmarlo è intorno ai quindici gradi. Ed è questo il motivo per il quale il posto riservato al burro nei frigoriferi è, in genere, uno scomparto in alto sullo sportello, il posto meno freddo. Ma sempre troppo per riuscire a spalmarlo.
D’altro canto non è facile da usare, soprattutto se parliamo di preparazioni pasticciere, se la temperatura è troppo elevata, perché diventa troppo morbido. Ecco perché, ormai da molto tempo, i paesi che consumano di più il burro crudo, ne hanno diminuito di molto l’utilizzo, sostituendolo con quello della margarina che, infatti, in alcuni paesi ha superato il burro quanto a vendite.
Perché il burro si comporta in modo così differente da quello di tante altre sostanze, anche commestibili? Si è mai visto, ad esempio, del ghiaccio “molle”? Ovviamente no, il ghiaccio passa dallo stato liquido a quello solido e viceversa, senza stati intermedi. Il burro, invece, ha una composizione dalla natura molto complessa, e a qualsiasi temperatura, tra i -40° ed i +40° si comporta come una miscela tra un solido ed un liquido. Infatti si compone di una frazione di olio liquido che si trova immersa in un reticolo composto da ghiaccio in forma cristallina e globuli grassi interi, e, naturalmente, da goccioline acquose.
A causa di questa struttura così particolare il burro presenta questo insolito modo di passare da uno stato all’altro: la fusione avviene intorno ai trentasette gradi, ma perché si solidifichi di nuovo occorre scendere al di sotto dei venticinque gradi.
Anche volendo evitare i contatti con ossigeno, il quale reagisce con i grassi insaturi per formare i perossidi con aromi non apprezzati, non si potrà fare un granché contro la lipasi, un enzima che agisce con la rottura dei trigliceridi in acidi grassi e glicerina. L’enzima è presente per natura e non si fa disattivare totalmente dal processo di pastorizzazione. L’olezzo tipico dei cibi rancidi deriva più che altro dalla formazione in un acido che viene chiamato butirrico.
E allora veniamo al fulcro della nostra discussione:
Il burro, in parecchie cucine non italiane è un ingrediente al quale non si rinuncia; ma anche da noi, soprattutto al Settentrione, prima che si diffondesse l’olio di oliva, aveva un ruolo molto importante. Per tradizione un classico risotto andava fatto con il burro, così come anche la nota “cotoletta alla milanese” veniva fritta con il burro. Ma la frittura con il burro è sempre ad alto rischio di bruciare tutto.
Il burro si compone di acqua, per il quindici percento, emulsionata nel grasso, per l’ottantadue percento. Quando il burro viene portato a 100 gradi, l’acqua che lo compone è arrivata al punto di ebollizione, per cui si osserva la schiuma, caratteristica del burro portato a quella temperatura. Finita l’acqua per evaporazione, la temperatura riprende la sua salita, ma tra i centoventi ed i centoquaranta gradi la caseina che vi è ancora contenuta inizia a scurirsi e non si può salire ulteriormente con la temperatura senza che si rischi di bruciare tutto. Ecco che si presenta questa soluzione, prima utilizzata di più, ma ancora non abbandonata: il burro chiarificato. Il burro chiarificato altro non è che il burro normale, “mondato” dell’acqua e della caseina per lasciarvi solo i grassi. Così facendo i grassi hanno la possibilità di raggiungere la temperatura ottimale per le fritture senza correre il rischio del falò. Il processo per ottenere il burro chiarificato è assai semplice: occorre solo “rompere” le emulsioni separando così la caseina e l’acqua dai grassi. Questo può esser fatto anche con un opportuno controllo della temperatura, ma, prima di procedere, vediamo come si procedeva tanto tempo fa, quando le nostre ave non avevano a disposizione i mezzi tecnologici di cui disponiamo oggi.
A quell’epoca si poteva solamente far evaporare l’acqua con il riscaldamento del burro. Non potendo controllare efficacemente le temperature raggiunte e non potendolo mettere sula fiamma direttamente, precauzionalmente il burro veniva riscaldato immergendolo in acqua, a bagnomaria. A poco a poco l’acqua evaporava e nello stesso tempo la caseina si separava per precipitazione, raggiungendo il fondo della pentola.
Non era possibile sapere con esattezza quando l’acqua fosse svanita tutta per evaporazione, quindi si lasciava bollire il tutto per oltre un’ora. Poi si filtrava per ottenere la separazione della caseina che era precipitata sul fondo. Il processo era lento, per cui accadeva che le reazioni che degradavano i grassi cominciavano ad agire e la caseina si dorava modificando l’aroma del burro chiarificato.
Il burro chiarificato può essere utilizzato per friggere ad una temperatura più alta rispetto al burro tradizionale: ebbene, i vostri fritti saranno più gustosi e croccanti. Se lo si vuole utilizzare in sostituzione del burro tradizionale, occorre ricordare che quest’ultimo è composto di grasso solo per l’ottanta percento, essendo composto di acqua per circa il quindici percento: occorrerà quindi modificare le dosi, esattamente diminuendo del venti percento la dose di burro, utilizzando il burro chiarificato. Per quanto concerne l’acqua, in talune ricette occorrerà aggiungerla, mentre laddove non serve, anzi, è sconsigliata, non se ne aggiungerà.
Il burro chiarificato è privo di lattosio (se il processo è stato ben eseguito), per cui chi soffre di intolleranza al lattosio, può utilizzare il burro chiarificato al posto di quello tradizionale.
L’olio e l’acqua non si miscelano a causa della polarità dell’acqua (l’olio non ha polarità). Teoricamente, con un artificiale aumento della polarità dell’acqua si dovrebbe ottenere una migliore e più netta separazione delle due fasi. Sempre teoricamente, si potrebbe ottenere ciò sciogliendo del cloruro di sodio (normale sale da cucina) nella frazione acquosa. Il sale non dovrebbe restare nella frazione grassa perché non è soggetto a scioglimento. Per provare, tentate di sciogliere un po’ di sale da cucina in quanta meno acqua è possibile e poi aggiungete questa piccola dose di acqua salata al burro che avete sciolto e che si sta raffreddando. La separazione è più facile? Il sale resta nella frazione grassa?
In quei paesi dal clima sempre molto caldo, come, ad esempio, l’India, conservare il burro non è semplice. Quindi per tradizione il burro in India viene sottoposto a chiarificazione, in modo che si conservi più a lungo. Purtuttavia, differentemente dal burro chiarificato delle nostre terre (come prima descritto), per la preparazione del Ghi (Ghee per l’anglofono), gli Indiani passano alla separazione della caseina solo dopo la reazione con gli zuccheri (reazione di Maillard). Questo attribuisce al burro chiarificato indiano un aroma più deciso ed intenso rispetto al burro tradizionale.
Il metodo tradizionale per preparare il Ghi non è dissimile da quello del “nostro” burro chiarificato, vale a dire si utilizza il bagnomaria. Dopo che si è fatta evaporare tutta l’acqua, la caseina precipita sul fondo e cambia di colore, intorno ai centoventi gradi. Adesso il Ghi possiede di già un aroma più intenso rispetto a quello del burro da cui è partito il processo di chiarificazione. In alcune regioni dell’India si procede con una brunitura della caseina molto più lunga, anche arrivando ai centoquaranta gradi. Mentre si riscalda il tutto, si generano anche alcune sostanza dal potere antiossidante che permettono al Ghi, questo burro
Per le popolazioni Indù il burro rappresenta la sostanza più purificata per il fatto di essere generata dagli animali più sacri: le vacche. Lo si usa non solamente come cibo, ma anche per lubrificare le lampade nei templi oltre che a guisa di unguento in qualche cerimonia sacra. In quel paese si utilizza anche il latte di bufala per la produzione del burro chiarificato (in India: Ghi), però questo non trova utilizzo cerimoniale.
Lo Smen è un burro chiarificato non molto dissimile dal Ghi, trova la sua maggior diffusione nel Marocco e più genericamente nel Nord Africa. Lo si utilizza molto per aggiungere sapore al cous cous. La sua produzione parte dai grassi del latte di pecora e di capra. Il burro si mescola e si lavora con spezie ed erbe (semi di coriandolo, cannella, origano, ecc.). A questo punto lo si fonde e viene sobbollito fino a che la caseina raggiunge il punto di separazione ed il grasso resta limpido. Lo si filtra e lo si separa dai residui, poi si passa alla salatura, lo si fa raffreddare e poi anche maturare, sovente in dei recipienti che vengono interrati.
Si prenda del burro e lo si riscaldi. Arrivati ai trentasette gradi inizierà la fusione. A quaranta si liquefa. A settanta compaiono le tipiche bollicine (l’acqua che evapora). A cento il burro genera una intensa schiuma per l’ebollizione dell’acqua. Quando l’acqua è esaurita per evaporazione la temperatura riprende a risalire ed a centoventi gradi le proteine denaturate, e soprattutto la caseina, si mescolano agli zuccheri presenti nel latte (lattosio soprattutto) formando, grazie alla già conosciuta reazione di Maillard, delle molecole che donano il colorito marroncino ed un aroma alla nocciola a quello che i Francesi chiamano “beurre noisette”, un particolarissimo burro chiarificato.
Proprio come il burro tradizionale, il Ghi negli ultimi trent’anni ha perso un po’ di reputazione a causa del suo contenuto di grassi saturi. In una società dove, per fortuna, sempre più persone tendono a riscoprire il benessere fisico e mentale, gli alimenti come il burro ne pagano le conseguenze. Ma importanti studi scientifici hanno rivelato che il burro chiarificato non aumenta il rischio di malattie cardiache, come invece si credeva, ma in realtà le diminuisce. E non c’è solo questo! Questo interessante panetto è ricco di vitamine A, D, E e K, garantendo così altri interessanti benefici per la nostra salute. Quali?
La disinformazione che a volte spopola su alcuni argomenti ha portato a una vera e propria guerra contro i grassi saturi e, di conseguenza, a un cambio di tendenze sul mercato. Sono nati prodotti in sostituzione degli alimenti tradizionali, con alternative altamente elaborate. Tra questi, il Ghi vegetale che contiene fino al 40 per cento degli acidi grassi trans. Cosa vuol dire? Invece di diminuire il rischio di malattie cardiache, le aumenta. Tali affermazioni sono supportate dalla scienza che, tramite uno studio condotto su una popolazione rurale in India, ha mostrato che chi ha mangiato il burro chiarificato tradizionale ha avuto minori incidenze sulle malattie cardiovascolari rispetto a chi ha mangiato l’alternativa proposta.
Il Ghi, infatti, è ricco di CLA (acido linoleico coniugato), un acido grasso che protegge contro gli agenti cancerogeni, le placche arteriose e il diabete. Grazie a questi vantaggi, i ricercatori riferiscono che il burro chiarificato può essere utilizzato per contribuire alla prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Se state pensando di avere un bambino nel breve periodo, dovete sapere che la vitamina K2 non può assolutamente mancare nella vostra alimentazione. Questa vitamina svolge un ruolo cruciale nello sviluppo del viso e dei denti. I bambini nati da madri con alti livelli di vitamina K2 hanno maggiori probabilità di sviluppare un volto largo e simmetrico con abbondante spazio per denti dritti e sani in futuro.
Il burro chiarificato è una grande fonte di vitamina K2 e ciò lo rende un supporto perfetto per la dieta prima del concepimento e in gravidanza.
Un apparato digerente sano è la chiave per la buona salute. E se si ha a che fare con qualsiasi tipo di problema digestivo, occuparsi dell’intestino è un ottimo inizio. Il burro chiarificato è ricco di acido butirrico, un acido grasso a catena corta che nutre le cellule degli intestini. È noto per lenire le condizioni infiammatorie, per ridurre l’infiltrazione di particelle alimentare non digeribili e per riparare la parete della mucosa.
No, non è una presa in giro. In questo caso torniamo al CLA e ai suoi effetti benefici sull’apparato cardiocircolatorio. Ma i suoi compiti non si fermano a questo che di per sé è già un grosso lavoro. Infatti, contribuisce a prevenire l’aumento di peso e aiuta a dimagrire se i chili di troppo hanno già fatto capolino.
Talvolta viene aggiunta a molti piatti la tradizionale “noce di burro”. Si, perché generalmente i grassi insaporiscono i gusti dei piatti perché sciolgono le molecole aromatiche liposolubili ma non idrosolubili. Le goccioline dei grassi, che contengono svariate di quelle molecole che donano il gusto, trasporteranno sulle papille gustative quelle molecole che altrimenti si ingoierebbero senza lasciare assaporare il loro gusto. Si pensi anche solo semplicemente alla cipolla che si scioglie nel burro, fino a diventare translucida per la preparazione di un bel risotto. Le molecole aromatiche della cipolla vengono sciolte nei grassi i quali poi vengono diffusi nel risotto e di lì passano sulle nostre papille gustative.
Il burro chiarificato, poi, svolge un ruolo di primaria importanza in alcune preparazioni base, come i burri montati, la pasta sfoglia, la pasta brisée e la pasta frolla, ed anche in talune salse, tra le quali ricordiamo la besciamella, ma queste preparazioni le vedremo in un prossimo articolo.