La mastite è una condizione di infiammazione al seno che è generalmente determinata dalla presenza di un’infezione batterica: tra i principali “responsabili” di tale condizione patologica, vi è senza dubbio lo Staphylococcus aureus, oltre a vari altri tipi di streptococchi. Classificabile in vari modi (puerperuale se avviene durante la fase di allattamento materno, o non puerperale se invece avviene in altri momenti), è contraddistinta dalla comparsa di dolore locale, arrossamento della zona, gonfiore e impressione di calore.
Nelle fasi successive potrebbero invece comparire altri sintomi come la febbre, o sintomi simili a quelli di una comune influenza. Solamente in pochi casi si verificheranno ascessi, mentre sono ancora più rari (e gravi) i casi in cui si renderà necessario interrompere l’allattamento (che, invece, è generalmente il metodo più consigliabile per la madre, e non controindicato per il neonato, per ritrovare un migliore benessere).
La mastite del seno può essere determinata da tante cause. La prima è certamente legata alla stasi del latte, ovvero dalla mancata completa rimozione del latte dal seno durante l’allattamento materno. A sua volta, la stasi del latte può essere provocata da un non corretto attaccamento al seno del bambino durante l’allattamento, da un bambino che ha problemi di suzione, da un allattamento poco infrequente, da un trauma che può danneggiare i dotti che trasportano il latte, da un eccessiva pressione sul petto (si pensi a vestiti troppo attillati).
Buona parte di tali condizioni sono comunque gestibili con l’aiuto del proprio medico, e spesso con facili accorgimenti. L’obiettivo sarà quello di evitare la stasi del latte, con conseguente blocco del normale flusso mediante i dotti, fino a determinare un eccessivo accumulo, che a sua volta può determinare l’insorgere dell’infiammazione, per troppa pressione all’interno del seno. Inoltre, il sistema immunitario della donna potrebbe confondere le proteine del latte per un’infezione batterica o di natura virale, attivandosi e infiammando ulteriormente il tessuto colpito
Come abbiamo già ricordato un’altra causa di mastite al seno è determinata dall’infezione. Anche se generalmente il latte materno non è sede per batteri, è infatti possibile che si possa comunque generare un’infezione, da un capezzolo danneggiato o in virtù di una presenza batterica normalmente presente sul seno, che potrebbe penetrare mediante una piccola ferita.
Infine, ricordiamo anche come la mastite al seno possa verificarsi altresì nelle donne che non allattano. In questo caso si parla generalmente di mastite da infezione batterica, in grado di colpire le donne tra i 20 e 30 anni. Più rare sono invece le forme di mastite nelle donne che sono prossime alla menopausa, o oltre.
Generalmente la mastite colpisce un solo seno, con sintomi che compaiono rapidamente, contraddistinguendosi per un dolore e gonfiore al seno, presenza di massa dura all’interno della mammella, sensazione di malessere, gonfiore al seno, dolore o bruciore (continuo oppure solo quando si allatta), arrossamento, perdite di sangue dal capezzolo, febbre non troppo elevata.
Di norma si può arrivare a una diagnosi della mastite (o, per lo meno, al concreto sospetto di una simile condizione) dopo una sola visita dal medico e/o dal ginecologo, che analizzeranno i sintomi e le condizioni del seno per poter formulare un proprio parere.
In altri casi, sarà possibile procedere all’analisi del latte, soprattutto se i sintomi sono molto significativi, se si sono verificati altri episodi di mastite e se non si osservano concreti miglioramenti in seguito a una terapia antibiotica. Attraverso tali esami il medico potrà comprendere quale tipo di infezione sta colpendo l’organismo, e scegliere così l’antibiotico più adatto. Gli esami saranno ancora più consigliabili se la mastite si presenta in assenza di allattamento.
Generalmente il disturbo può essere curato con un trattamento piuttosto rapido, tornando dunque in una condizione di normalità in tempi estremamente contenuti. Quando ad esempio la mastite non è determinata da un’infezione, potrebbe essere inutile ricorrere a una terapia farmacologica, preferendo invece il riposo. Oltre, come vi suggerirà il vostro medico, una abbondante idratazione, evitare abiti molto aderenti. E, ancora, continuare ad allattare regolarmente (a meno che il medico non consigli di fare altrimenti), effettuare impacchi tiepidi. Se invece il medico ritiene che si tratti di una mastite da infezione, prescriverà un antibiotico.
In proposito dell’allattamento, in simili casi è molto probabile che la mastite sia determinata da un accumulo di latte nel seno. Ne deriva che allattare regolarmente è fortemente consigliabile per poter risolvere rapidamente il problema.
Ovviamente, anche in questo caso bisognerà condividere il proprio stato di salute con il medico. In questo modo, sarà più facile comprendere che cosa sia opportuno fare. Ad esempio, in alcuni casi potrebbe essere utile procedere con l’utilizzo di un tiralatte. Può inoltre essere utile verificare con l’aiuto di una brava ostetrica se il neonato si allatta correttamente al seno, massaggiare il seno per poter aiutare a smaltire eventuali blocchi, iniziare sempre ad allattare dal seno colpito dalla mastite.
Naturalmente, in caso di mastite infettiva sarà necessario associare a quanto sopra anche un ciclo antibiotico che possa permettere di debellare l’infezione batterica. La scelta dell’antibiotico verrà effettuata sulla base di eventuali esami suggeriti dal medico. Il quale, terrà conto della delicatezza della terapia e del trattamento in relazione all’allattamento al neonato.
È possibile cercare di prevenire la mastite al seno, o ridurre la minimo i fattori di rischio, allattando fino all’inizio dello svezzamento in maniera esclusiva. Quando si allatta, è inoltre preferibile svuotare completamente il seno. Altri suggerimenti possono essere ricondotti alla necessità di evitare indumenti che possano esercitare una pressione eccessiva sul petto. E, ancora, controllare che il bimbo si attacchi bene al seno. In caso di dubbi, consultare sempre il proprio medico e/o ginecologo di fiducia.