Il saccarosio è un elemento che si trova correntemente in alcuni cibi vegetali come la frutta, ma è naturalmente riconducibile anche al comune zucchero da cucina. Ma quali sono le sue proprietà, le sue controindicazioni e l’uso che possiamo farne?
Cerchiamo di saperne di più, svelando tutte le principali caratteristiche di questo elemento, e scoprendo quali sono le sue conseguenze e le accortezze che sarebbe possibile cercare di tenere a mente.
Introdotto ciò, iniziamo con la parte tecnica per capire meglio cosa davvero è il saccarosio. Il saccarosio è un disaccaride, ovvero una molecola composta.
E’ formata da due molecole di zuccheri semplici legati tra loro grazie al legame glicosidico, il fruttosio e il glucosio. Proprio per questa caratteristica, il saccarosio è l’ingrediente del comune zucchero da cucina che utilizziamo quotidianamente per dolcificare il caffè e per tantissime ricette.
Un connubio talmente forte che spesso questi due termini sono utilizzati come sinonimi ma… erroneamente! In realtà, infatti, con il nome zucchero si indicano tutti gli zuccheri semplici e non solo il saccarosio.
Un errore certamente non grave, ma comunque piuttosto consolidato, fin dal momento in cui le analisi chimiche permisero di poter introdurre il saccarosio all’interno delle analisi su questa sostanze. Sicuramente più antica è la fruizione dello zucchero, sicuramente un “ingrediente” non recente nelle ricette e nelle abitudini alimentari internazionali.
Pare infatti che vi siano delle notizie sulla sua produzione già a partire dal 500 a.C.: tuttavia, per molti secoli lo zucchero è stata una spezia che solo i ricchi potevano permettersi, poco utilizzata dalla generalità delle persone. Solamente con la scoperta dell’America il suo utilizzo divenne un po’ più comune, anche se pur sempre mediamente di alto livello.
Chiudendo questa piccola parentesi, cerchiamo di addentrarci maggiormente nel focus del nostro approfondimento odierno, cercando di saperne qualcosa di più sul saccarosio e sullo zucchero in generale.
Un elemento che è generalmente molto “condannato” e – almeno in parte – non a torto: i suoi effetti collaterali in fin dei conti sono davvero numerosi, anche se è l’esagerazione che nella maggior parte dei casi conduce a pregiudizi sgraditi.
Insomma, considerato che grazie allo zucchero riusciamo a ottenere prodotti culinari davvero ottimi, e che contenendo questo elemento entro dosi ridotte non correremo il rischio di andare incontro a conseguenze negative, val la pena di evitare di mettere sul banco degli imputati il saccarosio e lo zucchero (la colpa, semmai, è nostra e dei nostri eccessi!).
Il saccarosio può essere ottenuto sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola. Il primo (saccarosio da canna da zucchero) è di solito prodotto nei Paesi caldi come l’India, la Cina, la Tailandia e il Brasile. Il secondo (saccarosio dalla barbabietola) viene invece prevalentemente prodotto in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone.
Per quanto concerne le sue tendenze, fino 1800 la barbabietola veniva usata poco, nonostante la scoperta che poteva essere usata per ricavarvi lo zucchero fu fatta nel 1575 da Oliver de Serres.
Quando alcuni attriti tra Inghilterra e Francia provocarono il blocco della canna da zucchero, iniziarono però in maniera più intensa gli studi per capire come ottenere il saccarosio dalla barbabietola.
Fu Franz Karl Achard a trovare il processo industriale che permetteva di estrarlo e, dopo aver affinato tali processi, nel 1802 scelse di fondare lo zuccherificio industriale a Slesia, regione appartenente principalmente alla Polonia ma in parte anche alla Germania e la Repubblica Ceca. Fu Napoleone a incentivare la coltivazione di questo ortaggio, permettendo di dare il via a una produzione su più larga scala.
Archiviata anche questa piccola fase di storia e di geografia sull’evoluzione dello zucchero, segnaliamo come tra tutti i tipi di zucchero, come ad esempio lo sciroppo di glucosio e quello di fruttosio, il saccarosio sia senza dubbio quello più utilizzato, anche in pasticceria.
Per quanto attiene le sue attese caratteristiche, iniziamo con il ricordare che l’indice glicemico del saccarosio non è molto alto (è di circa 80), permettendo pertanto di poter mostrare un biglietto da visita che è sicuramente migliore a quello del glucosio, il cui indice glicemico può arrivare a 100, con un incremento di oltre il 20% rispetto all’indice glicemico del saccarosio.
Di contro, è anche vero che l’apporto calorico del saccarosio è invece notevole, con 387 calorie per ogni 100 grammi. Insomma, val la pena – come sopra abbiamo cercato di consigliarvi pur brevemente – ricordare che è bene non abusare di saccarosio, ma piuttosto limitarlo solo ai cibi dove è necessario per non snaturarli, come i dolci o le confetture. Non andrebbe quindi aggiunto, come la maggior parte di noi è invece abituato a fare, a caffè, tè o qualsiasi altra bevanda.
Peraltro – aprendo un’altra parentesi nel nostro approfondimento quotidiano – vi consigliamo di fare un piccolo esperimento al fine di ritrovare il giusto gusto di alcune bevande. Provate a ridurre gradualmente il quantitativo di saccarosio (o generalmente di zucchero) presenti su caffè e tè.
All’inizio la bevanda potrebbe sembrarvi terribilmente amara, ma con il passare dei giorni non solamente riuscirete ad abituare il vostro palato, ma avrete altresì l’effetto positivo di scoprire un piacevole gusto e aroma che non avrete mai sospettato che il caffè e il tè potessero avere. Non solo: una volta provato ad assumere il caffè o il tè privo di zucchero, difficilmente tornerete indietro sui vostri passi!
Riprendendo il nostro filo del discorso, precisiamo inoltre come lo zucchero bianco regolarmente in commercio, e che possiamo utilizzare per le nostre ricette, non è solo di barbabietola, ma può essere anche di canna.
Dunque, anche se generalmente lo zucchero di canna ci appare marroncino o beige, in realtà attraverso un processo particolare di raffinazione ulteriore può essere reso bianco, e del tutto simile a quello più noto. Quello che invece conosciamo come integrale, è anch’esso raffinato e anzi, non è raro che siano utilizzati dei coloranti per renderlo ancor più ambrato e rafforzare così l’impressione che si tratti di un prodotto naturale.
Dunque, state attenti a quel che avete davanti a voi: lo zucchero bianco non è sempre da barbabietola, mentre lo zucchero che vedete di colore marroncino o beige potrebbe addirittura essere stato trattato per potervi dare l’impressione di trovarsi davanti a un prodotto naturale e meno trattato (poterbbe essere invece il contrario!).
Per quanto poi riguarda un confronto tra lo zucchero da barbabietola e lo zucchero di canna, contribuiamo anche in questo caso a smentire un falso mito: è vero che lo zucchero di canna possiede alcuni nutrienti come le vitamine e i sali minerali ma, in fondo, i benefici sono praticamente nulli visto che le quantità di zucchero che dovremo assumere sarebbero talmente alte da portare ugualmente in secondo piano i benefici per far prevalere le controindicazioni.
Come abbiamo già avuto modo di invitare qualche riga fa, il saccarosio deve essere assunto nelle minor quantità possibili. Insomma, pur senza dover necessariamente incriminare il saccarosio come elemento alla base di qualsiasi problema di salute, è bene lasciare il suo consumo quando si mangia un dolce o una marmellata, e poco più.
Va invece assolutamente evitato da chi soffre di diabete, visto che il fruttosio al suo interno può essere assorbito in grandi quantità dall’organismo, generando scompensi anche gravi.
Ugualmente devono evitarlo chi soffre di candidosi perché aumenta la proliferazione del fungo. Non dimentichiamoci poi che grandi quantità di zuccheri provocano l’aumento del peso corporeo e di conseguenza, favoriscono l’obesità. Insomma, non proprio un insieme di conseguenze con le quali siamo sicuri vorreste avere a che fare!
Peraltro, come se quanto sopra non bastasse per poter dare al saccarosio una serie di capi di imputazione che probabilmente hanno contribuito a stendere un velo piuttosto oscuro su di esso, negli ultimi anni il suo consumo è stato demonizzato. Sotto accusa è ad esempio finito il metodo di raffinazione del saccarosio, che lascerebbe dei residui tossici.
Tuttavia, anche in questo caso è bene cercare di smentire qualche eccessivo timore, visto e considerato che qualsiasi residuo non rimane nel prodotto finito, o non lo fa in maniera differente rispetto a migliaia di altri alimenti che consumiamo in modo più o meno regolare.
Con queste tenui difese non vogliamo certamente promuovere il consumo di zucchero, o ancora peggio farvi sottovalutare i rischi che potrebbero derivare dall’assunzione del saccarosio, ma semplicemente e solamente suggerire di farne un uso moderato ma non certo avvicinarsi drammaticamente a ogni grammo di zucchero (a meno che, si intende, non abbiate specifiche patologie).
Quello che dovete assolutamente evitare non è dunque un utilizzo contenuto dello zucchero, quanto il suo abuso! Un consumo eccessivo di saccarosio e di zucchero favorisce infatti la comparsa delle carie, del diabete, dell’obesità… e il nostro corpo finirà con il diventarne dipendente, richiedendone sempre di più.
Considerato che il processo che sopra abbiamo brevemente descritto viene ripetuto con molti altri cibi, ne deriva che il trucco come sempre sta nel consumare tutto in modo consapevole, solo quando è necessario e in piccole quantità.
In questo modo non ci priviamo del consumo di dolci e marmellate ad esempio, ma andiamo ad eliminare lo zucchero dalle altre parti, preferendo biscotti grezzi e senza zucchero fatti in casa per la maggior parte dell’anno.
Se poi volete saperne ancora di più sulle caratteristiche del saccarosio e dello zucchero, non vi rimane che parlare con il vostro medico e con un buon dietologo, che vi saprà guidare verso un miglior regime alimentare, maggiormente rispettoso della vostra salute, delle vostre condizioni specifiche e dei risultati (dimagrimento, ecc.) che volete ottenere.