L’emofilia è una patologia con carattere ereditario recessiva, che comporta nella persona affetta, difficoltà della circolazione sanguigna, causata dalla mancanza parziale o totale del fattore VIII, ovvero emofilia A, oppure del fattore IX, emofilia B. In determinati casi, l’emofilia si può manifestare anche in assenza di una storia clinica familiare, dovuta con molta probabilità, ad un cambiamento spontaneo di un cromosoma materno X.
Epidemiologia
Il termine Emofilia deriva dalla lingua greca “Ema”, ovvero sangue, e “Filia”, ovvero amicizia, ed indica un difetto di origine congenito caratterizzato dalla mancanza di alcuni fattori di coagulazione, necessari per il processo di emostasi del sangue. La patologia è legata al cromosoma X, e l’uomo XY ha circa il 50% delle probabilità di essere affetto di Emofilia, mentre la donna tendenzialmente è portatrice sana, perché il cromosoma X sano, impedisce lo sviluppo della patologia.
Una donna può essere malata di Emofilia, solo se ha un padre emofilico e madre portatrice sana, e con entrambi i cromosomi X mutati, ma si tratti di un caso molto raro. In base a tali teorie, non si può prevedere la malattia, perché l’Emofilia può saltare anche diverse generazioni ed i motivi sono ancora da chiarire. È possibile inoltre, che l’Emofilia si manifesti in assenza di una storia familiare, probabilmente causato da una mutazione dei geni acquisita o spontanea, di un cromosoma X materno. Esistono moltissime forme differenti di Emofilia, quella classica e più frequente, è l’Emofilia A, che si manifesta nell’80% dei casi, ed è dovuta ad una scarsa produzione del fattore VIII della coagulazione, poi a seguire abbiamo l’Emofilia B dove il deficit è presente nel fattore IX, mentre l’Emofilia C, si manifesta a causa della carenza del XI. L’Emofilia A. colpisce un soggetto maschile su 5-10.000 ed uno su 25-30.000 da Emofilia di tipo B. Al mondo attualmente i casi di Emofilia stimati da parte della Federazione Mondiale dell’Emofilia, sono circa 40.000, di cui solo 1/3 di questi realmente diagnosticati. Nel 30% circa dei nuovi casi di Emofilia, non è presente la famigliarità, ed è ipotizzabile che a causarla è una mutazione genetica.
L’Emofilia viene definita in base ai fattori plasmatici di coagulazione in tre forme: la prima è quella grave, dove è presente meno dell’1% della normale disponibilità, la seconda è quella moderata, dove è presente da 1 a 5 della normale disponibilità di fattore, e l’ultima è la forma lieve, ovvero dove è presente da 6 a 30% della normale disponibilità di fattore.
Tale patologia è conosciuta anche come Royal Disease, ovvero malattia regale, perché anticamente ha colpito membri importanti di classi reali d’Europa. La prima tra queste ad essere affetta è stata la Regina Vittoria, che regnò dal 1873 al 1901 e risultò essere portatrice sana di Emofilia di tipo B. Il figlio ottavo infatti, era anch’esso affetto da Emofilia B, e morì a causa di una emorragia cerebrale a soli 31 anni di età. Le due figlie femmine Beatrice ed Alice, erano invece portatrici sane, e trasmisero l’Emofilia alle figlie reali di Spagna, Prussia e Russia. La figlie di Alice, ovvero Alexandra, si sposò con Nicola II Zar di Russia appartenente alla dinastia dei Romanov, e dalla loro unione nacque Alexei, affetto anch’esso da Emofilia B.
Tipi di malattia
I tipo di Emofilia sono tre, e questi variano in base al fattore di coagulazione del sangue che è carente e sono: Emofilia A, B e C. Il primo caso, ovvero l’Emofilia A, è quella più frequente e dipende essenzialmente dalla carenza di fattore VIII della coagulazione. Tale patologia può colpire qualsiasi etnia, con una variabile prevalenza da nazione a nazione, ed in termine generali, è stato possibile tramite la ricerca fare una stima approssimativa, che evidenziato che circa 3 o 20 su 100.000 abitanti, sono affette da Emofilia. Questa malattia si trasmette con un carattere recessivo ed è la causa di una mutazione nella sequenza del gene che è implicato nella codifica del fattore VIII della coagulazione. Il gene si trova all’estremità del braccio lungo del cromosoma X, ed ha lunghezza di 186 Chilobasi ed costituito da 26 esoni che sono trascritti in un RNA di circa 9Kb.
A costituire la proteina matura, ci sono invece 2.332 aminoacidi che sono divisi in 6 domini, ovvero A1, A2, B, A3, C1 e C2. Il fattore VIII circola nel sangue associato al fattore Von Willebrand, che funge da carrier di protezione della degradazione proteolitica. Per quanto riguarda l’Emofilia di tipo B, questa si manifesta a causa di mancanza, o scarsità da parte dell’attività del fattore XI della coagulazione, ma stando al punto di vista degli esperti, sembrerebbe indistinguibile dall’Emofilia A di cui sopra. A determinare l’Emofilia B, vi sono alla base una serie di alterazioni nella sequenza del gene che è implicato alla codifica del fattore IX della coagulazione, e che situato nel cromosoma X in una posizione molto vicina al centimetro rispetto al gene che è implicato alla codifica del fattore VIII. La sua dimensione è di 33,4 Kb e la trascrizione dei suoi 8 esoni, è in grado di produrre un mRNA di 1,4 Kb.
A costituire la proteina matura, in questo caso ci sono 415 aminoacidi che sono divisi in 6 domini, ed inoltre sono note moltissime mutazioni a carico del fattore IX, anche se non esiste una tra queste che sia prevalente e che abbia caratteristiche e frequenza simili a quelle del fattore VIII per l’emofilia. Le delezioni del fattore IX importanti, interessano inoltre solo 1-3% di tutti i casi di Emofilia. Il 95% delle mutazioni riguardano tutti i singoli nucleotidi, oppure piccole delezioni o sostituzioni, che sono distribuite lungo tutto i gene e presenti nel database internazionale dei difetti genetici dell’Emofilia di tipo B. L’emofilia C, si manifesta a causa dell’assenza o della scarsa attività da parte del fattore XI della coagulazione.
Sintomatologia
Sia l’Emofilia di tipo A che quella di tipo B, sono caratterizzate dalla presenza di emorragie dei tessuti muscolari, ovvero ematomi ed anche delle articolazioni, che possono insorgere, sia spontaneamente, che a seguito di traumi. L’importanza di tali sanguinamenti, è tendenzialmente correlata con il livello di fattore che mostra la coagulazione disponibile, a costituisce anche la base utile a classificare la severità della patologia. Quando la l’Emofilia si manifesta in forma lieve, i soggetti affetti, mostrano sanguinamento importante solo a seguito di interventi chirurgici, oppure infortuni o estrazioni dentarie, mentre in pazienti con patologia in forma moderata, possono manifestarsi episodi di sanguinamento anche a seguito di traumi di minore entità.
Nella malattia in forma grave, i malati di Emofilia, manifestano sanguinamenti spontanei oppure provocati da traumi lievi. Nell’Emofilia grave, la sintomatologia è molto importante, e non deve essere sottovalutata, perché potrebbe mettere a rischio sia l’arto del paziente colpito, che la sua stessa vita, come ematomi dei tessuti molli, emorragie retro peritoneali ed intracerebrali, sanguinamenti post-chirurgici. Con il passare del tempo, tutte queste manifestazioni possono degenerare, e determinare la comparsa di complicazioni importanti, come gravi artropatie, pseudo tumori e contratture muscolari frequenti, che si accompagnano a dolore cronico ed in alcuni casi anche a disabilità motoria, che spesso comporta il ricorso alla chirurgia.
Trattamenti
Per quanto riguarda il trattamento dell’Emofilia, negli ultimi anni c’è stato un particolare interesse verso quella che chiamano la “terapia genica”, che teoricamente, oggi, è il solo ed unico modo per il trattamento definitivo di tale patologia. Oggi l’emofilia di tipo A e B, è trattata tramite derivati del plasma con formulazione di fattore VIII oppure IX della coagulazione ricombinante. Tali trattamenti si sono dimostrati molto efficaci, sia per l’aspettativa della vita del paziente malato di Emofilia, sia per la qualità della sua vita. Questa terapia prevede, tramite endovenosa, l’infusione generalmente di 2 o 3 volte la settimana in base all’emivita dei FVII ed FIX disponibili.
Per queste ragioni, gli esperti hanno sperimentato e successivamente applicato delle soluzioni innovative, che potessero prolungare l’emivita di tutte le molecole disponibili attualmente. I vantaggi che si possono trarre da tali soluzioni, potrebbero includere una prolungata e migliore protezione dal sanguinamento, oltre alla riduzione della frequenza di tali somministrazioni settimanali. Uno tra i vari approcci innovativi per l’Emofilia, è quello del fattore VIII PEGilato, che mostra una emivita molto più lunga, nonostante mantiene l’attività biologica standard. Per ottenere la PEGilazione, si inserisce sulla superficie del fattore VIII un solo singolo residuo di amminoacidico, ovvero una cisteina che svolge la funzione di sito di attacco per polimero di glicole polietilenico, ovvero PEG.
Una seconda strategia particolarmente innovativa, utilizza una particolare tecnologia che è in grado di creare una fusione tra il fattore VIII e la porzione Fc delle immunoglobuline IgG1, ovvero proteine che esistono in natura nel nostro apparato. In pratica, quello che viene utilizzato, è un input fisiologico che serve ad aumentare la permanenza nel circolo sanguigno del fattore VIII, mentre per quel che riguarda il fattore IX, i risultati ottenuti, sembrano essere ancora più soddisfacenti, perché grazie alla ricerca continua, si stanno sviluppando sempre nuove teorie, che come abbiamo visto, mostreranno risultati soddisfacenti.