Infatti, svolge dei compiti davvero molto importanti, prima di tutto sostenendo il corpo a rimanere in piedi e a muoversi in maniera del tutto equilibrata e con una certa coordinazione. Per svolgere queste fondamentali funzioni il piede si caratterizza per essere costituito da ben 28 ossa, ma anche da innumerevoli legamenti e da articolazioni che le mantengono uniti, in maniera tale da consentire il movimento coordinato.
Si tratta di un organo che svolge un ruolo primario nell’organismo, ma che è altrettanto delicato, visto che sono davvero tantissime le malattie che possono danneggiarlo, comportando un pericolo anche per la normale attività fisica della persona. Una delle varie patologie che possono colpire i piedi di una persona è rappresentata dal piede equino.
Il piede equino si può considerare una vera e propria malformazione che va a colpire in modo specifico la pianta del piede. La zona più esterna della pianta del piede ha la tendenza ad andare verso la parte mediana del corpo, provocando una torsione verso l’interno del piede. Si tratta sostanzialmente di una specie di valgismo del piede, che può insorgere comportando danni che possono essere più o meno gravi.
Al tempo stesso, è necessario mettere in evidenza come, nonostante un gran numero di ricerche scientifiche sull’argomento, non siano state ancora individuate con esattezza le cause che causano tale problematica. Si pensa, però, che tutto derivi da dei disturbi a livello genetico.
Dal punto di vista prettamente fisico, una persona che soffre di tale malattia presenta i muscoli esterni degli arti inferiori estremamente deboli in confronto a quelli interni. Addirittura nel 20% dei casi, si tratta di un problema che si deve ricollegare ad altre patologie. Spesso, infatti, il piede equino si può associare alla spina bifida, ovvero un difetto genetico per cui la colonna vertebrale non si sviluppa come al solito, oppure alla paralisi cerebrale, in cui il paziente soffre di disturbi di coordinazione e di movimento. Tra le altre patologie che sono associate troviamo l’artrogriposi, ovvero la crescita anormale dei muscoli e delle alterazioni.
Il piede equino è una patologia che viene anche chiamata piede torto. Non è particolarmente complicato riconoscerla, dal momento che insorge fin dal concepimento. Prima di tutto, sarà compito del pediatra (così come il genitore può riconoscerlo senza problemi) capire come il piede sia piegato verso il basso o, nel peggiore dei casi, le piante riescano a toccarsi per intero. Tra i principali sintomi anatomici connessi, troviamo sicuramente un tendine di Achille particolarmente stretto, anche se di solito i tendini interni sono piuttosto corti. Quindi, il piede è meno lungo e più largo in confronto alla normalità.
Nel caso in cui non si riuscisse a risolvere tale disturbo, il bambino non avrà la possibilità di rimanere in piedi, dal momento che il suo corpo potrà appoggiarsi esclusivamente sulla porzione esterna, ovvero quella meno grande. Tra gli altri sintomi legati a tale patologia troviamo certamente una mancanza di equilibrio e di mobilità, senza dimenticare i numerosi dolori che colpiscono le ossa, nello specifico quelle della schiena. Il piede equino si può considerare come una delle deformità che possono insorgere più di frequente nei bambini che soffrono di paralisi cerebrale infantile, ma anche una di quelle maggiormente complicate.
In relazione alla differente gravità che caratterizza il piede, di solito del bambino, ci sono varie procedure chirurgiche che possono essere adottate. Si tratta, ad esempio, della tecnica di Baumann, in cui è previsto un allungamento dell’aponeurosi che funge da copertura dei muscoli gemelli (e nel caso in cui sia necessario anche del soleo), all’interno della zona prossimale della gamba. Le fibre muscolari, in questo caso, non vengono assolutamente toccate. Anche la tecnica di Strayer si esegue con un allungamento, ma del tendine distale dei gastrocnemi, in modo prossimale in confronto alla zona esatta in cui questo tendine si congiunge con l’aponeurosi del soleo.
Le tecniche chirurgiche di Baker e di Vulpius, invece, prevedono l’esecuzione di un allungamento del tendine collegato gastrocnemi-soleo, senza però andare a toccare le fibre muscolari più profonde del soleo. Si tratta di tre differenti approcci chirurgici che vengono di solito compresi nella denominazione di recessioni muscolari oppure allungamenti mio-tendinei. Ci sono anche altre tecniche chirurgiche, che prevedono l’allungamento del tendine di Achille. Si tratta di operazioni che vengono effettuate soprattutto nel caso in cui l’entità della deformità in equinismo è notevole e il processo di accorciamento ha colpito sia il soleo che i gastrocnemi. Quest’ultimo intervento chirurgico può essere effettuato sia a cielo aperto, ovvero con un’incisione sulla cute, trovando il tendine e poi allungandolo in base alle necessità, oppure con sistema percutaneo, ovvero eseguendo tanti taglietti di pochi millimetri su diversi lati del tendine, fino a renderlo più debole, fare in modo che ceda e successivamente allungarlo.