La flussimetria viene chiamata anche doppler. Quindi potreste sentir parlare dell’una o dell’altra, ma i medici si riferiscono sempre allo stesso metodo d’indagine. Proprio come l’ecografia sfrutta gli ultrasuoni per misurare la velocità con cui il sangue circola nel feto. Non solo, perette anche di capire se la placenta sta funzionando in modo corretto.
La sua funzionalità è simile a quella dell’ecografia. Pensate infatti che viene usata anche la stessa apparecchiatura. All’inizio infatti viene fatta una semplice ecografia, così da individuare il vaso su cui concentrarsi. Può essere l’arteria ombelicale, quella uterina, la cerebrale media oppure il dotto venoso.
A questo punto il macchinario invia il segnale ad ultrasuoni Doppler. Quello che permette al medico di capire come fluisce il sangue nel vaso, è il ritorno dell’ultrasuono. Sulla base dei parametri fisici torna indietro in modo diverso e perciò il medico capisce quando funziona bene e quando no.
Molte donne non si sottopongono a questo esame perché non è sempre richiesto. Può esservi però prescritto quando ad esempio il medico nota che il feto ha una restrizione della crescita. Appare ciò un po’ più piccolo rispetto all’età gestazionale. Serve per capire in anticipo se ci sono eventuali problemi della crescita. Viene effettuata in questo caso la flussimetria delle arterie uterine e quelle ombelicale, per capire qual è la causa. Quando uno o entrambi rimandano risultati anomali, vuol dire che ci sono problemi a livello placentale, non sta funzionando bene. Può capitare però che il feto sia un po’ più piccolo che la placenta funzioni bene, in questo caso il medico continuerà con l’indagine.
La flussimetria torna ad essere utile anche per la fase successiva, quella che permette di capire quando è il momento migliore per il parto. Quando vi è una restrizione della crescita a causa di una placenta che non funziona bene, non è possibile invertire la situazione, cioè portare la placenta a funzionare meglio. La cosa da fare è quella di anticipare il parto così da non “costringere” il bambino a restare nell’utero, dove ormai non gli arrivano più le sostanze nutritive e l’ossigeno di cui ha bisogno. Il parto prematuro però, può comportare dei rischi anche molto gravi al piccolo e questo deve sempre essere tenuto in considerazione.
La flussimetria viene effettuata principalmente quando il feto non sta crescendo bene ma, ci sono anche altre situazioni in cui viene richiesta dal medico. Ad esempio l’arteria cerebrale media viene sottoposta all’esame quando vi è un’anemia fetale, vera o presunta. Oppure la flussimetria del dotto venoso viene fatta per le malformazioni cardiache.
Infine viene fatto quando la donna manifesta i sintomi della preeclampsia, cioè la gestosi. La quale può essere molto grave sia per il bambino che per la mamma. Alcune volte viene usata anche nelle donne che sono a rischio di sviluppare la gestosi, come ad esempio chi l’ha già avuta in una precedente gravidanza. In questi casi viene eseguita verso la ventesima settimana e poi in tutte le ecografie che vengono dopo.
Anche se per adesso l’obbiettivo è ben lontano, l’idea è quella di usare la flussimetria già alla fine del primo trimestre di gravidanza per prevenire la gestosi.
Dessi questo, la flussimetria viene usata solo in alcune circostanze, come le gravidanze a rischio e quelle patologiche. Non viene consigliata quindi a tutte le donne e non rientra tra gli esami di routine.