L’amanita phalloides è sicuramente uno dei funghi più letali che esitano, infatti nell’80% dei casi nei quali viene ingerito porta alla morte da avvelenamento. Come riconoscerla e come riconoscerne i sintomi?
Questo fungo è uno dei più velenosi che esistano al mondo e la sua pericolosità è data, oltre che dal suo potente veleno, dal fatto che: non è immediatamente riconoscibile, l’avvelenamento cui conduce non dipende dalla dose (è comunque fatale) e i sintomi a seguito della sua ingestione sopraggiungono solamente quando di solito è troppo tardi. Anche dosi minime di questo fungo quindi conducono nella maggior parte dei casi alla morte.
Come anticipato inoltre, l’amanita phalloides non è sempre uguale e di conseguenza la sua individuazione non è immediata e ovvia. Questo fungo ha la subdola capacità di mimetizzarsi, assumendo colorazioni e particolarità differenti, a seconda delle condizioni ambientali nelle quali si sviluppa e cresce. Grazie a questa sua caratteristica, essa riesce ad essere somigliante ad altre specie di funghi, anche se questi appartengono a generi diversi. A causa di questo, l’amanita phalloides viene in diversi casi confusa con altri funghi commestibili e del tutto innocui. Questo fatto la rende ancora più pericolosa.
Raccogliere i funghi da sé ed utilizzarli in cucina è un tipo di attività tradizionale, spesso familiare, tramandata di generazione in generazione. Data la pericolosità dei funghi tuttavia, è opportuno riflettere bene prima di raccogliere, toccare e preparare funghi raccolti nel bosco. Nel dubbio che un fungo sia quello innocuo e commestibile che prendiamo di solito, è bene piuttosto rinunciarvi: prendete e raccogliete solamente funghi facilmente riconoscibili, in modo tale da avere la certezza sul fatto che si possano mangiare. Oltre a questo sarebbe opportuno ricordare anche di non toccare i funghi velenosi, poiché si rischierebbe di ingerirne parte del veleno: mettendo le mani in bocca, o toccando poi altri funghi che andremo a mangiare.
L’amanita phalloides, altrimenti chiamata non a caso “angelo della morte”, “ovolo bastardo”, “tignosa verdognola” o “agarico falloide”, “tignosa morteada”, è un fungo appartenente alla famiglia delle Falloidi, il cui nome deriva dal greco phallos eidos (ovvero forma a pene), data la somiglianza di forma con l’organo genitale maschile.
Come anticipato, l’amanita phalloides può avere caratteristiche diverse a seconda dell’ambiente nel quale cresce, tuttavia alcuni tratti sono ben definiti e ricorrenti. Grazie a questi elementi, che ora elencheremo, è possibile capire che siamo davanti ad un fungo di questa specie.
Ecco quali:
I composti chimici rilevanti in questo fungo, responsabili della sua alta percentuale di tossicità, sono le falloidine e le amantine. Queste due sostanze possono essere letali anche in una dose di solo 0,1 mg per chilo di colui che le ingerisce, cotte o crude, poiché sono termoresistenti. Le amantine sono peptidi di natura ciclica che vanno a bloccare l’enzima RNApolimerasi, mentre le falloidine sono delle tossine con struttura simile che provocano danni irreparabili al sistema gastrointestinale ed epatico, poiché inibiscono i processi di trascrizione del DNA nelle cellule epatiche.
I danni provocati dall’ingestione di questo fungo sembrano essere letali nell’80% dei casi, poiché crea in poco tempo dei danni pressoché irreparabili. La comparsa dei sintomi da avvelenamento da amanita phalloides avviene nel 70% dei casi dopo 6-12 ore dall’ingestione dei suoi veleni, raramente oltre questo range di tempo. Le fasi dell’avvelenamento:
Se il paziente sopravvive alle prime fasi e i medici riescono ad intervenire in tempo con una lavanda gastrica, probabilmente si va incontro comunque ad un trapianto di fegato.