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Parto eutocico: le quattro fasi da conoscere!

Pubblicato da
Francesca Rotondo

Quando si parla del parto, di solito si allude a quello naturale, cesareo oppure indotto. Esistono tuttavia ulteriori suddivisioni. Ad esempio c’è appunto il parto eutocico, in pratica è il parto naturale spontaneo.

Si parla di parto eutocico quando il bambino viene alla luce in modo spontaneo, la sua espulsione dal canale vaginale avviene senza bisogno di strumenti (come forcipe o ventosa) oppure senza dover indurre il travaglio. Di solito per indurlo, i medici somministrano la ossitocina.

Il parto che viene agevolato dall’uso delle strumentazioni, si chiama parto distocico oppure parto operativo.

 

Le quattro fasi del parto eutocico

Durante la prima fase, conosciuta come preparatoria, la donna inizia ad avere delle contrazioni irregolari e non molto dolorose. E’ il momento in cui i tessuti interni si preparano all’uscita del bambino. E’ ancora gestibile e qui non è necessario di solito recarsi all’ospedale, almeno che non sia stato il medico a dirvi di andare subito.

La seconda fase è conosciuta come fase dilatante, inizia il travaglio. Le contrazioni sono forti e regolari. Sono molto più frequenti e inizia anche a dilatarsi il collo dell’utero. E’ il momento di andare all’ospedale. Gli esperti dicono che il momento è quello in cui le contrazioni si presentano puntualmente ogni 5 minuti e durano almeno trenta secondi.

La terza fase è quella espulsiva. Il bambino viene messo alla luce. Come abbiamo detto il parto eutocico ha la peculiarità di essere completamente naturale. Il piccolo viene al mondo senza bisogno di aiuti esterni. I medici supportano la madre e il bambino in questa delicata fase di passaggio ma il loro intervento è minimo. E’ sicuramente il parto più bello per la donna! Ricollega al proprio istinto primordiale, la mette in comunione con tutte le donne del mondo che fino ad oggi hanno dato alla luce i propri bambini, permettendo a tutti noi di essere qui.

L’ultima fase, quella conosciuta come secondamento, è la fase espulsiva in cui viene buttata fuori dal colpo la placenta.

 

Le differenze tra i vari tipi di parto

Il parto eutocico, quello di cui parliamo in questo articolo, abbiamo visto che è il parto spontaneo. Avviene senza che sia indotto il travaglio e non vengono usati strumenti di alcun tipo. C’è poi il parto distocico, conosciuto anche come parto operativo. I medici devono intervenire, effettuando delle manovre specifiche (come la manovra Kristeller) oppure adoperando degli strumenti che favoriscono l’uscita del bambino. Si tratta del forcipe e della ventosa.

C’è poi il parto indotto. In pratica qui deve essere provocato il travaglio quando ciò non avviene spontaneamente nei tempi previsti dai medici. Per riuscirci sono somministrati farmaci come l’ossitocina, il gel o la fettuccia. Altre volte viene fatta una manovra che induce lo scollamento delle membrane.

 

C’è infine il parto cesareo. Come ben sapete è l’intervento chirurgico effettuato per estrarre dalla madre il bambino. Viene fatta l‘incisione sull’addome. Questa scelta diventa obbligata quando ad esempio il bambino è in posizione podalica nel ventre materno.

Quando si parla del parto,c’è un ulteriore differenziazione, quella tra nullipare e le pluripare. Le nullipare sono le donne che affrontano la prima gravidanza, mentre le pluripare quelle che non sono al primo parto.

La differenza pratica è che di solito le nullipare impiegano molto più tempo a partorire, fino a sei ore di tempo possono essere necessarie per superare le quattro fasi del parto eutocico. Le pluripare invece, è possibile che tutte le quattro fasi si svolgano nel giro di sole sei ore e mezza.

Nel parto eutocico la rottura delle acque può avvenire sia prima che durante il travaglio, così come al termine. Come sempre ricordatevi che il liquido perso deve essere limpido. Quando è torbido o comunque scuro, vuol dire che il feto ha sofferto e i medici dovranno intervenire subito.

Francesca Rotondo