Se molte sono le donne che vogliono avere figli, diverse altre invece non lo sono o che vogliono farlo quando sono pronte a prendersi cura al meglio del nascituro e non prima. Per questo milioni di donne ogni anno affrontano gravidanze non pianificate o decidono per l’aborto volontario.
Scegliere un aborto volontario
Quando c’è il sospetto di una gravidanza, in primo luogo si fa un test prima casalingo fai da te e poi dal medico per avere conferma. Quando non si vuole proseguire la gravidanza la motivazione oltre che una scelta personale può essere un aborto terapeutico:
- se c’è a rischio la vita della donna incinta,
- per prevenire eventuali danni alla sua salute fisica oppure psichica,
- per interrompere una gravidanza nella quale è forte la probabilità che il bambino abbia un alto rischio di morbilità o di mortalità;
- per ridurre selettivamente il numero di feti per ridurre i rischi alla salute associati a una gravidanza multipla.
Un aborto volontario è invece tale quando non vi sono alla base motivi terapeutici, ma la sola volontà della donna. Ella potrà decidere se parlarne con altri, con un medico, un terapeuta, un’amica o con il compagno, oppure di tenere questo segreto per sé. È chiaro che sarebbe meglio scegliere di parlarne con qualcuno per ricevere il sostegno necessario perché i postumi non sono affatto da sottovalutare dal punto di vista psicologico.
È meglio prendersi il proprio tempo per riflettere bene sulla propria decisione perché è definitiva, pur senza attendere troppo lungamente, perché prima viene effettuata l’operazione per l’aborto, meno rischi ci sono. In attesa di prendere una decisione definitiva è opportuno prendersi cura di sé, quindi seguire le regole che accompagnano una normale gravidanza:
- Non bere alcol.
- Non fumare.
- Non prendere droghe.
- Alimentarsi in modo sano.
- Non assumere medicinali senza consulto medico.
- Riposare.
- Fare un po’ di attività fisica.
Se la decisione finale è quella di intraprendere un aborto volontario, è bene sapere che in Italia è possibile partorire in modo anonimo, in modo da dare alla luce il bambino ed evitare ogni tipo di responsabilità. La madre non dovrà prendersi cura del bambino dopo la nascita e nessuno saprà del parto.
Metodi per l’aborto volontario
L’aborto è un intervento medico chirurgico che può cambiare la vita di una donna: dal punto di vista fisico, psicologico, spirituale, quindi non va preso alla leggera. Un’altissima percentuale di donne risentono delle conseguenze dell’aborto e dichiarano che avrebbero voluto essere maggiormente informate su tutto quello che comporta, sugli aspetti nel dettaglio, sui rischi ad esso connessi prima di farlo. I dettagli sulle metodologie e sulle modalità, talvolta considerate “crudeli”, non vengono divulgati molto.
Metodi chirurgici per abortire
Aspirazione manuale
Questo metodo di aborto volontario è fatto all’inizio della gravidanza fino alla settima settimana dopo le ultime mestruazioni. In questa pratica un tubo sottile e lungo viene inserito nell’utero, in cima a questo si trova una larga siringa mediante la quale l’embrione viene aspirato ed eliminato.
Aspirazione e raschiamento
Il metodo sicuramente più diffuso, infatti interessa il 97% dei casi di aborto. Dal momento che viene effettuato fra la 6° e la 14° settimana dopo le ultime mestruazioni e il feto è più grande, il dottore prima di aspirare l’embrione, deve aprire il collo dell’utero. Questo avviene con ferri metallici e di solito viene fatta in anestesia locale perché questo processo può essere doloroso. Quando l’utero è allargato, il dottore inserisce un tubo collegato ad un apparecchio aspiratore e risucchia il corpo del feto, talvolta rompendolo per favorirne l’aspirazione. Dopo la 12° settimana poiché il feto è più grosso è necessario che il medico si occupi di frantumare manualmente il corpo con degli strumenti appositi, affinché passi nel tubo si aspirazione. In molti casi è necessario, mediante uno strumento simile ad un cucchiaio, raschiare il feto dall’utero.
Dilatazione e evacuazione
Se l’aborto volontario è fatto durante il secondo trimestre di gravidanza, tra la 13° e la 24° settimana dopo l’ultimo ciclo, il feto è troppo grande per essere estratto con l’aspirazione perché non passerebbe dal tubo, di conseguenza è necessario un altro metodo chirurgico. Il collo dell’utero viene quindi dilatato opportunamente (più rispetto a quello di cui abbiamo precedentemente parlato), anche grazie a un’induzione farmacologica, e il medico estrae il feto e tutto quello che gli è connesso attraverso il forcipe. Parti ingombranti come il cranio vengono schiacciate per favorire l’estrazione e successivamente si interviene con il raschiamento per eliminare tutto quello che resta nell’utero.
Metodologia farmacologica di aborto
Pillola abortiva: il Mifepristone o RU486 può essere usato tra la 4° e la 7° settimana dopo l’ultimo ciclo. Questo metodo prevede tre appuntamenti in ambulatorio: nel primo viene somministrato un farmaco per far morire l’embrione; nel secondo (2 giorni dopo) se l’aborto non è avvenuto, viene dato un secondo farmaco, per dare crampi tali da espellere l’embrione; il terzo appuntamento è per verificare se tutto è andato a buon fine. La pillola non funziona se il feto si instaura nella zona extra-uterina: se questo accade, l’embrione si impianta al di fuori del feto, nella tuba ovarica. Se non viene immediatamente individuata, essa può provocare l’esplosione della tuba e provocare un emorragia interna, che può portare anche alla morte della donna.
Rischi dell’aborto
Complicazioni serie accadono in 1 caso su 100 negli aborti nei primi mesi e 1 caso su 50 negli aborti tardivi.
- Disturbi addominali: crampi, nausea, vomito, diarrea
- Forti emorragie, sia con intervento chirurgico che farmacologico
- Infezioni e danni ad altri organi, data dagli attrezzi chirurgici o da pezzetti di feto rimasti nell’utero (aborto incompleto)
- Lesioni all’utero
- Problemi in successive gravidanze desiderate