Se non diagnosticata tempestivamente, il paziente può morire nell’arco di pochissimi giorni a causa delle emorragie, ma attualmente la leucemia fulminante è uno dei tumori che presenta il più alto tasso di guarigione ovvero nove pazienti su dieci. A permettere tutto questo, è la possibilità di diagnosticare in maniera corretta ed in pochissime ore la malattia da parte dell’equipe di oncologia.
La prima volta che venne scoperta tale patologia, risultava una vera e propria condanna, perché la malattia progrediva in un lasso di tempo breve ed inoltre i farmaci citostatici non erano così efficienti come oggi, infatti i sopravvissuti erano circa il 40%.
A oggi, la leucemia fulminante è presente nel nostro paese con poco meno di 200 casi all’anno, e può essere curata nella totalità dei casi, grazie alla ricerca farmacologica che ha fatto grandi passi avanti ed agli ematologi italiani, che hanno condotto uno studio nel 2013 pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ha sminuito il ruolo da parte dei chemioterapici per evidenziare l’efficacia della combinazione dell’acido retinoico che deriva dalla vitamina A con il triossido di arsenico. L’effetto di queste due sostanze è complementare: il triossido di arsenico induce l’apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata delle cellule tumorali che sarebbero insufficienti senza un giusto apporto di acido retinoico, che è coinvolto a completare il percorso di differenziazione cellulare dei promielociti che sono i precursori dei neutrofili maturi ovvero dei globuli bianchi.
Grazie a questo nuovo approccio, è tutelata anche la fertilità, un aspetto da non sottovalutare se consideriamo che la malattia insorge tra i 30 ed i 45 anni di età. Il nuovo trattamento dopo un anno dalla diffusione dei dati, è in gradi di intervenire anche sul meccanismo delle molecole che generano la patologia ed è stato definito come gold standard, ovvero la strada principale da seguire in tutti i reparti di ematologia, quando si ha di fronte un soggetto affetto da leucemia fulminante acuta.
Nei pazienti con basso o medio rischio, tale cura ha sostituito la chemioterapia, ancora in uso solo nei casi molto gravi e delicati, e l’effetto legato alle due sostanze sopra citate, è legato sempre alla tempistica con la quale si interviene, infatti più l’approccio alla malattia è precoce, maggiori sono gli esiti positivi.
La comparsa di emorragie cutanee possono essere i primi sintomi della leucemia, anche se fortunatamente molto spesso sono il segnale di malattie del sangue di origine benigna coma la Porpora. Possono avvenire anche sanguinamenti improvvisi dal naso con la comparsa di emorragia da entrambe le narici, ed anche questo è un sintomo che rientra a far parte dei campanelli di allarme per la leucemia fulminante, come anche sanguinamento gengivale o dall’apparato digerente o genito-urinario.
La stanchezza e la sensazione di malessere generale, sono dei segnali sempre presenti in pazienti affetti da leucemia fulminante, ed in questo caso, vi consigliamo di rivolgervi in una struttura con reparto di ematologia, dove potranno effettuare una diagnosi corretta grazie agli strumenti in grado di amplificare il DNA senza dover attendere i risultati del Pcr in meno di trenta minuti, e con margine di errore molto basso.
L’analisi molecolare è un test definitivo per la diagnosi della leucemia fulminante, perché i pazienti affetti da tale malattia sono portatori di una traslocazione acquisita che non è presente alla nascita, che interessa i cromosomi 15 e 17. Il meccanismo che scaturisce tale alterazione non è ancora oggi chiaro, ma quello che conta veramente è la possibilità di salvare i pazienti, che scoprono di essere affetti dalla leucemia fulminante per caso, anche semplicemente dopo essere andati in palestra oppure dopo una partita a calcetto. Una cosa importante è intervenire nell’arco di poche ore e salvare la vita di questi sfortunati esseri umani. Dopo una seria minima che comprende 4 cicli di trattamento a base di arsenico e acido retinoico, la leucemia fulminante resta solo un brutto ricordo.